Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) nel 2020 la depressione sarà la più diffusa tra le malattie mentali e in generale la seconda dopo le patologie cardiovascolari. Negli Usa è già oggi la prima causa di morte, tramite il suicidio, per i giovani tra i 10 e i 14 anni.
Dati allarmanti, che spingono a interrogarsi sul perché i casi siano in aumento, soprattutto tra gli adolescenti. “L’Oms indica un abbassamento dell’età di coloro che soffrono di depressione: se fino a qualche anno fa se ne registrava il maggior numero negli over 45 anni, ora si concentra nell’età compresa tra i 15 e i 44 anni” spiega a Donna Moderna Maria Sneider, psichiatra, psicoterapeuta e autrice, insieme a Cecilia Di Agostino e Marzia Fabi, del libro Depressione. Quando non è solo tristezza (L’Asino d’oro edizioni).
“L’adolescenza è un momento molto delicato, di trasformazioni fisiche alle quali a volte non corrisponde maturazione psichica. Capita che i ragazzi vedano il proprio corpo come un nemico: per questo possono insorgere anoressia, bulimia o, nelle situazioni più gravi, autolesionismo, perché il corpo diventa un bersaglio da colpire. La crisi adolescenziale può essere fisiologica e risolversi in modo spontaneo, oppure può unirsi a un rapporto difficile con l’adulto, magari segnato da esperienze di sofferenza o delusioni, che possono portare a diffidenza, paura e depressione vera e propria” spiega l’esperta.
È importante distinguere tra malumore, tristezza e depressione, per poter prevenire comportamenti e problematiche più serie.
Cos’è la depressione
La depressione è stata a lungo definita un “disturbo dell’umore”, rifacendosi alla teorica di Ippocrate secondo cui c’era una motivazione fisiologica alla base di questa malattia. “In realtà noi ribadiamo che è una reazione a eventi che rendono fragile la nostra parte interna, cioè la sfera di emozioni e sentimenti – spiega Maria Sneider – I problemi solitamente insorgono in presenza di una serie di traumi, di delusioni ripetute, in particolare nei primi anni di vita, che poi si manifestano con l’adolescenza. A differenza della tristezza, con cui ha in comune il ‘malumore’, la depressione è sempre accompagnata da un forte senso di insicurezza, inadeguatezza, colpa e disistima, associati all’assenza di speranza per il futuro: il presente è visto come ‘nero’ e mancano prospettive future“.
Adolescenza e depressione
“Recenti studi fanno coincidere l’inizio dell’adolescenza con la pubertà, intorno ai 10 anni, per completarsi a 24 anni circa. Si tratta di un periodo di vita che per il giovane rappresenta un vero e proprio tsunami” spiegano le autrici nel libro. “I dati confermano una crescita nei casi di depressione, che insorgono in età sempre più precoce rispetto al passato. Negli Stati Uniti nel 2005 gli episodi depressivi (cioè di durata di almeno 15 giorni) erano pari all’8,7 per cento, mentre nel 2014 si è arrivati all’11,2 pr cento, con un incremento maggiore tra il 2012 e il 2014: è segno che sta diventando un problema grave – spiega la psichiatra – In Italia i dati del Ministero della Salute dicono che 1 giovane su 6 soffre di depressione“. Esistono alcuni fattori di rischio, ma anche sintomi che possono aiutare a riconoscere la malattia.
I segnali della depressione
“Nell’adolescenza ci si separa dai genitori per raggiungere una propria autonomia, ma spesso questo percorso non è facile, possono sorgere conflitti. Per i genitori è bene prestare attenzione a non confondere la tristezza con la depressione” avverte la psicoterapeuta.
Un figlio può essere abbattuto o di malumore, ma il suo comportamento non va sottovalutato se cambia in maniera profonda: quando i ragazzi vivono delusioni d’amore possono avere un calo nel rendimento scolastico, se litigano con un amico possono essere di cattivo umore, oppure a volte appaiono annoiati o irritabili, faticano a concentrarsi o somatizzano, oppure ancora tendono a isolarsi, ma queste reazioni non vanno sottovalutate, soprattutto se diventano eccessive. Infatti, a differenza degli adulti, che tendono a essere più ‘silenziosi’, gli adolescenti depressi o a rischio depressione “esprimono il loro disagio attraverso la rabbia e l’irrequietezza, che possono spingerli ad azioni pericolose, come la guida pericolosa, il ricorso a droghe o alcol” aggiunge Sneider.
Occorre, dunque, prestare attenzione a comportamento eccessivi, alla rabbia che può portare, ad esempio, a rompere oggetti, ma non solo: “Oltre alla variazione del tono dell’umore, nel senso che si è di malumore, ci sono alterazioni degli affetti, della sensibilità, del pensiero o anche del comportamento e dello stato generale di salute fisica. Nel depresso ci sono ‘rabbia e odio’, spesso indirizzati verso se stesso tanto che, nelle forme più gravi, può arrivare a pensare che per lui non c’è nessun futuro, non c’è speranza e quindi è molto meglio togliersi la vita – spiegano le psicoterapeute nel libro – Possiamo anche dire con certezza che il senso di colpa è legato a questi sentimenti ‘neri’ e al sentirsi non adeguato affettivamente”.
Cosa fare
Se un genitore di accorge che il figlio ha cambiato atteggiamento, reagisce in modo sproporzionato o sta male, è bene richiedere la consulenza di uno psicoterapeuta, che può valutare se sia necessario un intervento o se possa esserci una remissione spontanea. “Quello che è bene evitare è il ricorso alla terapia farmacologica: è necessaria solo in casi estremamente gravi, quelli della cosiddetta depressione maggiore, quando ci sono tentativi di suicidio o pensiero di morte, e anche in questi casi va integrata con la psicoterapia – dice Sneider – Come spiegato nel nostro lavoro, nella depressione e nella malattia mentale non c’è una causa organica: si tratta di una reazione a eventi che rendono fragile la nostra realtà interna”.
Perché aumentano i giovani depressi?
“Al di là delle valutazioni sociologiche su vasta scala, oggi si tende a dare poca importanza agli affetti a vantaggio invece dell’esteriorità; si cerca di essere brillanti, apprezzati, mentre il problema grosso è rappresentato dall’anaffettività, la mancanza di affetti e sentimenti, che svuota la persona portandola a una disumanizzazione. Da questo punto di vista la psichiatria e la psicologia devono prestare più attenzione a questa problematica che sta emergendo, facendo prevenzione prima che il problema diventi cronico” aggiunge l’esperta.
L’importanza della prevenzione
“È fondamentale saper riconoscere possibili segnali per prevenire, perché non solo esiste una cura per la depressione, ma c’è la possibilità di una guarigione completa. Quello che si ammala non è infatti il comportamento ma l’immagine interna, la parte emozionale e affettiva non cosciente – rassicura Sneider – Come sosteneva lo psichiatra Massimo Fagioli nella sua teoria della nascita, la depressione non ha una causa genetica ma ambientale, non ci sono anomalie nel DNA di una persona depressa, ma sono piuttosto episodi della vita che lo portano alla malattia. I neonati nascono sani, ma i bambini possono reagire in modo negativo al comportamento, ad esempio, di una madre depressa o di un padre assente”.
Fattori di rischio nei giovani
I principali fattori di rischio sono la presenza nei genitori di malattia mentale, della depressione post partum della madre, di un lutto importante per il bambino o l’adolescente, o la separazione dei genitori unita a rapporti violenti tra di loro. A questi elementi si aggiungono atti ripetuti di bullismo, molestie, abusi e malattie fisiche. Anche ripetuti cambi di casa, scuola e quartiere, o malattie importanti possono avere delle influenze. “Quello che è importante ricordare è che la depressione è una reazione a queste situazioni, ma può essere curata e guarita con un buon lavoro terapeutico, insieme a relazioni affettive positive, nelle quali l’adolescente si senta gratificato e non, come spesso accade, rifiutato o sminuito nelle sue realizzazioni. Per questo è importante non etichettare gli adolescenti, perché la diagnosi nel loro caso è molto dinamica. E i ragazzi rispondono molto di più degli adulti alle terapie, facendo miglioramenti straordinari”.