Gli applausi la sommergono per oltre un minuto. Hillary Clinton fatica a iniziare il suo discorso, ma quando parte è un fiume in piena: stavolta è il cuore a spingere, non la testa.
«Non è il risultato per il quale abbiamo lavorato tanto duramente. Mi dispiace, ma sono orgogliosa per quello che abbiamo fatto».
Il completo grigio-viola, intonato alla cravatta del marito, l’ex presidente Bill dietro di lei. L’immagine di loro due insieme rievoca le prove del passato, il dolore è un filo invisibile che continua.
«Questa sconfitta fa male, e farà male per molto tempo», confessa la candidata democratica con la voce strozzata. «Ma non ci siamo battuti per una persona o per una singola elezione. Ci siamo battuti per costruire il paese che vogliamo: un paese pieno di speranza, dal cuore grande, capace di accogliere».
Come ha sempre fatto nella sua vita, Hillary riparte. Non è una zampata che graffia, è ancora troppo presto, ma un lancio accorato verso il futuro.
«Nella mia vita ho avuto successi e battute d’arresto, alcune molto dolorose» racconta. «Molti di voi sono al principio della loro carriera pubblica, politica o professionale: anche voi passerete attraverso vittorie e sconfitte. Non smettete mai di pensare che valga la pena lottare per ciò che è giusto».
Hillary caccia indietro le lacrime e all’improvviso la politica fredda e calcolatrice scompare. Sembra una madre che insegna alle figlie la resilienza, quella capacità di cadere e rialzarsi che sembra inscritta nel codice genetico femminile.
«Voglio dire una cosa alle ragazze più giovani: non dubitate mai del vostro valore, di ciò che potete fare e del vostro diritto a realizzare i vostri sogni».
Ha vinto Donald Trump, il tycoon che dice di rispettare le donne e poi le insulta. Ma il mondo ci appartiene e lei lo sa. È solo una questione di tempo.
«A voi che avete creduto in me e nella mia candidatura, dico che niente mi ha mai reso più orgogliosa che essere la vostra campionessa. Non abbiamo ancora rotto il soffitto di cristallo, ma un giorno qualcuno lo farà. E magari succederà prima di quanto ci aspettiamo».