C’è un alone di diffidenza intorno alla fibromialgia, una malattia reumatica. Questo fa sì che possano trascorrere anche dieci anni prima di arrivare alla diagnosi. Non solo. I pazienti hanno nella maggior parte dei casi un aspetto sano, non hanno tracce della malattia sul corpo, come accade per altre forme reumatiche (per esempio l’artrite reumatoide), e non ci sono esami che attestino l’esistenza della sindrome. Per questo spesso accade che vengano etichettati come depressi. Eppure la fibromialgia esiste e a soffrirne sono in molti, soprattutto donne.
Come le ammalate che ci scrivono in redazione chiedendoci di accendere i riflettori sulla fibromialgia: ci raccontano storie di vite all’apparenza normali, perché senza sintomi “visibili” agli altri. Mentre chi ne soffre ha dolori lancinanti in tutto il corpo, che rendono difficile fare le cose normali di ogni giorno (una sofferenza che, però, con le accortezze giuste si può ridurre).
Per questo stiamo raccogliendo le testimonianze di persone colpite da questo male che vogliano condividere le loro difficoltà quotidiane, in modo da permettere a tutti di capire cosa stiano vivendo (mandateci le vostre storie all’indirizzo mail: [email protected] oppure contattateci sulla nostra pagina Facebook).
Per chi ne soffre, ma anche per chi vuole saperne di più, abbiamo approfondito intervistando uno dei massimi esperti italiani: Marcello Govoni, Direttore dell’Unità operativa complessa di reumatologia, Azienda ospedaliera universitaria Sant’Anna (Cena di Ferrara). Ecco le sue risposte.
Quante persone soffrono di fibromialgia?
Secondo i dati ufficiali, ma sicuramente sottostimati, i pazienti con una diagnosi certa sono il 2 per cento della popolazione, soprattutto donne (prorpio come nel caso dell’artrite reumatoide) con un rapporto di otto contro un uomo.
Quali sono i sintomi della fibromialgia?
Il sintomo predominante è il dolore che è presente sempre e che nel caso della fibromialgia può raggiungere livelli insostenibili. È sufficiente ad esempio una banale “botta”, che normalmente si risolve con un impacco di ghiaccio, a scatenare sintomi dolorosi amplificati.
Nel 90% dei casi inoltre è presente uno stato di astenia, cioè di affaticamento, che rende pessima la qualità della vita di giorno e quella del sonno di notte.
Come si arriva alla diagnosi?
La fibromialgia rappresenta il classico esempio di malattia dov’è di vitale importanza un buon rapporto medico-paziente. A partire dalla diagnosi. E’ vero che si va per esclusione attraverso esami ed analisi, ma non si arriva a una conclusione in breve tempo se non si ascolta il paziente. Altrettanto vale per le visite di controllo. Per dare un’idea, possono essere necessari anche 40 minuti, quasi interamente dedicati all’ascolto delle problematiche, contro i 15-20 necessari di fronte a un paziente con artrite reumatoide.
Gioca un ruolo importante l’individuazione dei tender point, cioè delle zone del corpo che risultano dolenti alla pressione. I punti sono 18, come definito dalla mappa messa a punto dall’American college of rheumatology. Ed è quasi sicuramente fibromialgia se durante la visita lo specialista ne individua almeno 11 che causano dolore.
Come si cura la fibromialgia?
Sfortunatamente non ci sono farmaci ad hoc per la fibromialgia, ma medicinali “presi in prestito” da altre patologie, come analgesici, oppiacei minori, antidepressivi. Spesso però si verifica una specie di “luna di miele” con l’inizio della cura, che si esaurisce in circa tre mesi. E questo costringe a cercare un nuovo principio attivo efficace e via così, in una spirale senza fine.
Per fortuna però qualcosa sta cambiando. Sono state pubblicate sulla rivista scientifica Annals of the rheumatic disease le linee guida aggiornate sulla fibromialgia. Forniscono raccomandazioni che in medicina vengono definite evidence-based, cioè sviluppate sulla base di prove scientifiche di alta qualità. Il gruppo di lavoro internazionale formato da 18 componenti di 12 Nazioni europee, ha esaminato 107 pubblicazioni scientifiche, arrivando a conclusioni sorprendenti. E’ stato ridimensionato l’approccio farmacologico a favore della terapia fisica che diventa il trattamento di prima linea. E solo in mancanza di efficacia, si può integrare con i farmaci.
Qual è la terapia migliore per la fibromialgia?
Gli esperti internazionali hanno definito “strong”, ovvero forte, l’azione dell’attività fisica, con una riduzione del dolore e un miglioramento delle capacità di movimento. E questo aldilà del tipo di sport: l’importante, viene sottolineato nelle linee guida, è che siano esercizi aerobici e di potenziamento. Per intenderci, sono aerobici i movimenti che vengono mantenuti alla stessa intensità, come il ciclismo in pianura, lo sci di fondo, il running. Così, muscoli, tendini e legamenti imparano a “lavorare” in sinergia e a coordinare con minore fatica i movimenti. E fra l’altro non è necessario trasformarsi in campioni olimpionici. Per iniziare sono sufficienti anche quattro minuti al giorno di camminata, a passo sostenuto e senza modificare il ritmo.
Gli esercizi di potenziamento sono invece quelli che permettono di rinforzare i muscoli. Sono particolarmente adatti nel caso della fibromialgia perché migliorano la stabilità del corpo e di conseguenza la capacità di movimento che a causa del dolore molte volte è limitata. Un esempio di esercizio? Lo squat.
Chi soffre di fibromialgia ha diritto alle esenzioni?
L’attività fisica, sottolineano gli esperti, ha dalla sua anche il vantaggio di essere economica. Un aspetto da non sottovalutare nel caso della fibromialgia. E’ codificata tra le malattie reumatiche», interviene il professor Govoni. «Ma al momento è in una situazione di limbo. Non viene infatti riconosciuta come malattia rara benché ci sarebbero i requisiti visto che ne soffrono 900 mila persone. Quindi non ha il diritto a esenzioni. E non rientra neppure nei Lea, i livelli di assistenza, cosa che permetterebbe ai pazienti di avere un alleggerimento dei ticket. Per questo le Regioni si stanno muovendo da sé e alcune hanno già attivato percorsi per il riconoscimento della malattia e le esenzioni.
A quali centri deve rivolgersi chi soffre di fibromialgia?
Difficile però dare un elenco dei Centri ad hoc: per questo è meglio verificare direttamente sul sito della propria regione, oppure presso l’associazione che riunisce i pazienti con fibromialgia (www.anfisc.it).
La Regione Emilia Romagna ha istituito un Gruppo tecnico con l’obiettivo di rendere uniforme in tutti i Centri di reumatologia presenti sul territorio i criteri di diagnosi, le modalità di cura e l’assistenza per chi soffre di fibromialgia», conclude il professor Govoni. «Attorno al tavolo sono state riunite tutte le figure che hanno un ruolo, cioè reumatologi, rappresentanti delle associazioni pazienti, responsabili dei Servizi di assistenza territoriale. E a breve dovrebbe essere pronto un documento a tal proposito. E’ ormai chiaro a tutti che lo specialista non può gestire da solo il paziente. I sintomi sono tali da richiedere un approccio multidisciplinare, che comprenda per esempio anche il terapista esperto in programmi fisici e lo psicologo con una formazione comportamentale.
Associazioni, siti e pagine Facebook
Esiste poi l’Associazione italiana sindrome fibromialgica (Aisf Onlus), che conduce una vera battaglia per promuovere il riconoscimento della fibromialgia come patologia cronica sia a livello nazionale sia nelle singole regioni, offrendo allo stesso tempo informazioni e supporto ai pazienti.
Segnaliamo anche l’associazione di volontariato Comitato Fibromialgici Uniti Italia, in prima fila nella lotta per il riconoscimento della malattia. Ha una vivacissima e seguitissima pagina Facebook, dove attigere informazioni di prima mano. In questo momento sta svolgendo una campagna nazionale di raccolta firme: le firme sono già circa 15.000. Chiunque può partecipare. Il modulo per la raccolta firme si scarica qui.
L’associazione ha un’altra pagina Facebook che offre consigli e sostegno psicologico ai pazienti con pensieri, poesie, immagini e suggestioni. È un gruppo di ascolto, condivisione ed informazione. Ha in corso un’indagine – con il supporto di diversi medici – sulle terapie non farmacologiche e sulle diete alimentari provate o suggerite per la fibromialgia.
Molto attivo in tutta Italia il Comitato per il riconoscimento della fibromialgia, che promuove ed organizza convegni e manifestazioni, sollecitando le istituzioni ad attivarsi per il riconoscimento dei diritti dei malati.
Interessante anche la pagina Facebook Buongiorno fibromialgia, dedicata in particolare ai pazienti pugliesi.
Chi cerca notizie scientifiche di prima mano, ma anche la segnalazione di eventi vicino alla propria città, può cliccare su fibromialgiamagazine.it. È la pagina web dell’associazione culturale senza scopo di lucro La compagnia dei fibromialgici, un gruppo di pazienti che ha deciso di creare la prima rivista italiana dedicata interamente alla fibromialgia. Associndosi, con 30 euro all’anno si scarica la versione pdf. L’associazione ha anche una pagina Facebook chiusa, dove ci si scambiano esperienze e ci si confronta sulle cure.