«Possiamo mettere questa intervista su Wikipedia?». Per Iolanda Pensa, 45 anni, la condivisione dei contenuti è un chiodo fisso. Al punto che mi risponde subito così quando le chiedo di parlare di sé e della sua esperienza di presidente di Wikimedia Italia, l’associazione che promuove nel nostro Paese i progetti di Wikipedia, l’enciclopedia online nata il 15 gennaio di 20 anni fa. «Wikipedia è un’enciclopedia e un’utopia» sintetizza lei, che svolge il proprio ruolo a titolo gratuito. «È la speranza di creare un sapere collaborativo, universale, con un punto di vista neutrale. In questo senso è qualcosa di eccezionale, di raro. Che forse è il filo rosso che lega tutte le cose di cui mi sono occupata finora».
Lei ha una laurea in Lettere con indirizzo in Storia dell’arte e 2 dottorati: uno in Antropologia sociale a Parigi e l’altro in Urbanistica a Milano. Cos’hanno di eccezionale, per lei, i suoi studi?
«Ho avuto la fortuna di fare ricerca su realtà portentose in tutto il mondo. Sono stata in Siberia, Iran, Senegal, Bielorussia per vedere come funzionavano le iniziative culturali, come si affermavano gli intellettuali più dinamici. Nel 2005 ho fondato in Olanda “I strike”, un’interfaccia europea che raccoglieva fondi per finanziare in Camerun produzioni di artisti internazionali. Non credo che l’arte appartenga a un luogo specifico: al contrario ha un impatto collettivo, globale perché “ti risveglia”, ti fa vedere il mondo in un modo nuovo».
Com’è arrivata a Wikipedia?
«Correggendo nel 2006 una voce sull’arte africana che non mi pareva corretta. È ciò che fanno anche oggi le migliaia di collaboratori italiani: ognuno interviene secondo le sue competenze. La collaborazione e la condivisione delle conoscenze sono il cuore di Wikipedia: non è un ente no profit, né un social media, ma uno spazio comune di sperimentazione e ispirazione che difende il concetto di pubblico dominio».
Cosa intende?
«Viviamo in un mondo in cui le cose definite “pubbliche” non lo sono poi così tanto. I dati prodotti dalla ricerca e dalla cultura, fatti salvi i limiti della privacy, dovrebbero essere di ciascuno di noi, ma non avviene. Faccio un esempio: molti usano Google Maps. Avete mai letto i termini di utilizzo? Noi possiamo vedere le mappe e aggiungere annotazioni, ma gli usi autorizzati sono limitatissimi. Invece sulla nostra OpenStreetMap il materiale è liberamente e legalmente sfruttabile in tutti i modi, a patto di citare la fonte e usare la stessa licenza, come fanno il CAI o la Protezione Civile. Anche i contenuti di Wikipedia possono essere riutilizzati da chiunque senza un permesso e per qualsiasi scopo: le varie voci possono essere stampate su un libro o usate per un’app a pagamento. L’apertura è la peculiarità dei progetti liberi. Tutti possono partecipare a Wikipedia, intervenendo direttamente nel testo, senza un accordo preventivo: basta cliccare su “modifica”. Così come, andando su “cronologia”, chiunque può vedere come sono fatte le singole voci e da chi. Basandoci sul contributo dei volontari e sulle donazioni, siamo diventati un colosso del web, ma diverso dagli altri. Siamo una comunità di scopo e stiamo tracciando da 20 anni anni una direzione: il valore del sapere democratico e condiviso».
Con risultati fenomenali, come il progetto Wiki Loves Monuments
«Sì, nel 2012 è entrato nel Guinness dei primati come concorso fotografico più grande al mondo. Si tratta di un invito aperto a documentare il patrimonio del proprio Paese tramite foto, rilasciate con una licenza libera (www.wikilovesmonuments.org, ndr). Anche l’Italia partecipa, ma da noi non esiste la cosiddetta “libertà di panorama”, che nei Paesi anglosassoni autorizza a usare foto di tutto ciò che è in pubblica vista, come una piazza o un monumento. Sono anni che chiediamo autorizzazioni per ogni singolo scatto. Perfino con il favore di tanti Comuni, parroci e del Ministero della cultura per il nostro lavoro capillare di geolocalizzazione e catalogazione, l’iniziativa richiede un impegno mostruoso».
«Ho iniziato a collaborare nel 2006, correggendo una voce sull’arte africana. Oggi in Italia abbiamo 328 “autori” volontari»
Nel 2016 lei ha organizzato a Esino Lario (Lecco), il paese natale di suo padre, il raduno mondiale di Wikipedia
«È una delle cose più belle che abbia mai fatto. Sono arrivate 1.368 persone da tutto il mondo in un paese di 700 abitanti, abbiamo dovuto perfino aumentare il carico elettrico! Vede, per le comunità online è essenziale incontrarsi: la comunicazione mediata tramite la scrittura non stabilisce connessioni emotive, né fa capire contesti e situazioni. L’incontro risolve in un attimo i problemi di relazione. Senza contare che vedere migliaia di persone, tra abitanti e ospiti quali il fondatore di Wikipedia Jimmy Wales, ballare al ritmo di musiche country mi ha convinto che anche quando le diversità tra gli esseri umani sembrano enormi, in realtà non è così».
Tra il suo lavoro di ricercatrice in arte contemporanea alla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana, la docenza all’università di Bergamo in Studi sul patrimonio, la carica in Wikimedia e 2 figli preadolescenti, cosa fa nel tempo libero, ammesso che ne abbia?
«Non stiro! (ride, ndr). E poi ho la fortuna di fare ciò che amo. Negli anni scorsi ho anche preso il brevetto da paracadutista. Ora mi piacciono molto i manuali di economia domestica e i ricettari. Si vede che, a dispetto della mia tendenza all’indipendenza e a scardinare il sistema, ogni tanto ho bisogno di indicazioni da seguire».
I suoi figli usano Wikipedia?
«Hanno partecipato a un wikicamp da piccoli per imparare il funzionamento di Wikipedia e Vikidia (un’enciclopedia simile a Wikipedia per ragazzi) e disegnare strade su OpenStreetMap. Sperimentare fin da piccoli questi strumenti fa benissimo: ti fa crescere sentendo che puoi essere un autore su Internet, non solo un consumatore».
Visto che ci tiene, come facciamo a mettere questa intervista su Wikipedia?
«Aggiungendo la sigla CC By-Sa 4.0 che autorizza chiunque a distribuire, modificare, implementare questo lavoro. Non esiste una formula che dia maggiore libertà».