Dopo più di quattro anni di dibattiti e contrasti, sparite o non inserite la parti che riguardavano l’uso ricreativo e la liceità dell’autoproduzione, la Camera ha approvato la legge che sistematizza e uniforma le procedure per la prescrizione di farmaci a base di cannabis, già possibili con una serie di limitazioni, con differenze da regione a regione e con difformità di trattamento per i pazienti. Il testo ora dovrà andare al Senato. Ma non è detto che Palazzo Madama riuscirà a votarlo prima della fine della legislatura.
Le novità
1. Stesse possibilità in tutte le regioni
Spiega l’onorevole del Pd Anna Margherita Miotto, relatrice del provvedimento per la commissione Affari sociali: “Con questa legge si vogliono raggiungere tre obbiettivi. Primo: consentire ai malati di tutta Italia di accedere ai farmaci a base di cannabis in modo equo e uniforme, senza disparità e senza difficoltà. Ora invece , in assenza di linee guida comuni, ogni regione si regola come crede. In alcune questi medicinali sono a carico dei pazienti, in altre no”.
2. Semplificare l’assunzione ed estenderla ad altre malattie
“Secondo scopo: promuovere la ricerche sulla semplificazione delle modalità di assunzione dei preparati a base di cannabis (al momento si possono somministrare solo per infusione o per vaporizzazione e inalazione) e gli studi sui possibili impieghi per altri gruppi di malattie e disturbi. Quelli ammessi dal ministero della Salute sono 6, e cioè: trattamenti contro il dolore cronico non alleviabile diversamente; cura del dolore resistente alle terapie convenzionali, in persone affette da sclerosi multipla e lesioni del midollo spinale; contrasto a nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie contro l’Hiv; stimolazione dell’appetito nei casi di perdita patologica di peso e nei pazienti oncologici, malati di Aids e anoressici; cura dei glaucomi; riduzione dei movimenti involontari del corpo e del viso nella sindrome di Gilles de la Tourette. Un esempio di possibili sviluppi? Il trattamento della fibromialgia. In base alla legge Di Bella – dice sempre la relatrice del ddl – i farmaci a base di cannabis possono già essere prescritti anche per questi dolori, però non sono rimborsabili del servizio sanitario nazionale. Potrebbero diventarlo”.
3. Ricorrere a nuovi fornitori autorizzati
Continua l’onorevole Miotto: “La terza finalità della legge è arrivare a garantire la copertura del fabbisogno nazionale di cannabis per uso terapeutico, anche ricorrendo a nuovi fornitori autorizzati. Lo stabilimento militare di Firenze, al momento l’unico produttore italiano riconosciuto, non è in grado di coltivare i quantitativi necessari. E l’Olanda, da cui siamo costretti a importare, ha messo un limite alle esportazioni nel nostro Paese. I farmacisti sono in difficoltà. In alcune parti d’Italia, le ultimissime segnalazioni arrivano da Torino, i preparati a base di cannabis non sono sufficienti nemmeno adesso”.
I punti principali della nuova legge
Cannabis per uso terapeutico
I medici, come già succede, potranno prescrivere farmaci di origine vegetale a base di cannabis per la terapia del dolore e per altri impieghi. Le ricette dovranno indicare – oltre a dose, posologia e modalità di assunzione – la durata del trattamento, che non potrà superare i tre mesi.
Medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale
I preparati a base di cannabis prescritti dal medico per la terapia del dolore, e per gli altri impieghi autorizzati dal ministero della Salute, saranno a carico del Servizio sanitario nazionale, in tutta Italia. Se i preparati saranno prescritti per patologie e disturbi non inclusi nell’elenco ministeriale, ad esempio la fibromialgia, resteranno fuori del regime di rimborsabilità, salvo che i risultati di studi clinici e non portino a prendere in considerazione la somministrazione terapeutica gratuita, in futuro. L’iva, in compenso, scenderà al 5 per cento.
Produzione e coltivazione della cannabis
La coltivazione, la preparazione e la distribuzione della cannabis alle farmacie restano affidate allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Se necessario, e secondo l’onorevole Miotto già lo è, verrà autorizzata la coltivazione presso uno o più enti e imprese. Nessuna concessione alle coltivazioni domestiche, anche se destinate a usi terapeutici. Nessuno spazio all’autoproduzione per fini ricreativi. Tutta questa parte è rimasta fuori dalla legge.
Le risorse necessarie
Le risorse messe a disposizione, per rendere concreta la legge e coprire i costi preventivati, ammontano a 1 milione e 700mila euro.
Monitoraggio e prescrizioni
Alle regioni spetteranno il compito di monitorare le prescrizioni (fornendo annualmente all’Istituto superiore di sanità i dati aggregati per patologia, età e sesso dei pazienti sotto terapia di cannabis) e l’onere di comunicare all’Organismo statale per la cannabis la quantità necessaria per l’anno successivo.
Informazione e promozione della ricerca
La legge prevede campagne di informazione, aggiornamento periodico dei medici e del personale sanitario impegnato nella terapia del dolore e promozione della ricerca sull’uso appropriato dei medicinali a base di cannabis. In alcune regioni, come la Toscana, i corsi per i camici bianchi vengono già pianificati.
Esclusione dell’autoproduzione
Il passaggio che avrebbe consentito la libera coltivazione di cannabis per uso terapeutico è stato tolto. Gli emendamenti antiproibizionisti non sono passati. Resta dunque in vigore la normativa, punitiva, che persegue la produzione, la detenzione, l’importazione e il consumo di stupefacenti pesanti e meno pesanti, cannabis compresa.
Insoddisfazione e critiche dal fronte pro liberalizzazioni
Il deputato Daniele Farina di Sinistra italiana, dimessosi per protesta dall’incarico di co-relatore della legge, parla di “occasione persa”, pur avendo votato a favore. “Ci sono voluti anni e anni per arrivare a un testo – rileva – ma tutti gli sforzi per approdare a soluzioni avanzate sono stati inutili o quasi. Il risultato è al di sotto delle attese e lontano anni luce dal dibattito che c’è nel Paese, molto più avanti del Parlamento: il ddl appena approvato rende possibile ciò che già lo era. Si sistema l’ovvio e l’esistente. Di nuovo c’è poco, ma non si butta via niente, perché stiamo parlando dei diritti di persone malate. Una delle rare cose positive è che anche le regioni restie ai cambiamenti, Lombardia in testa, si dovranno adeguare. Adesso – ricorda – i pazienti lombardi pagano i medicinali a base di cannabis e manca una legislazione regionale specifica”.