L’appartamento romano di Davide Mazzarella, 46 anni, informatore scientifico, e Mirco Pierro, 39 anni, area manager in una multinazionale, odora di latte, pannolini e borotalco come ogni casa in cui gattonano bambini di pochi mesi. Davide e Mirco si definiscono «una coppia solida e fedele»: stanno insieme da 16 anni e per almeno 2 hanno affrontato un percorso di terapia, individuale e di coppia, «per accogliere il desiderio di avere figli e a diventare genitori consapevoli».
Oggi per loro è un giorno speciale. Da San Diego, California, è arrivata Rachelle Mayer Nelson, 26 anni, la donna che ha portato in grembo i 2 gemelli Emanuele e Matteo e li ha partoriti per la coppia gay: una cosiddetta “madre surrogata”. Ma Davide e Mirco preferiscono chiamarla «donatrice di maternità», come suggerisce il celebre oncologo Umberto Veronesi, perché l’espressione «rende pienamente la relazione di riconoscenza e affetto che abbiamo con lei» dicono. Per farmi capire quanto è forte questo legame mostrano l’anulare con le fedi: «Ci siamo sposati in America 1 anno e mezzo fa. Il matrimonio lo ha organizzato Rachelle, che era la testimone insieme a suo marito Erik. I bambini erano già nella sua pancia: c’eravamo tutti. Dopo la nascita dei gemelli, siamo rimasti a casa di Rachelle per 5 settimane, durante le quali lei ha allattato i bambini e ci ha insegnato a prendercene cura. Noi ci sentiamo come una grande famiglia allargata».
A mezzogiorno scatta l’ora della pappa. Davide prepara i piatti, Mirco apre i seggioloni, insieme intonano una canzoncina, con gesti rapidi e sicuri imboccano i figli. In 10 minuti il pranzo sarà fatto fuori; ne approfitto per chiacchierare con la madre surrogata. Rachelle ha un figlio suo di 6 anni, Landen. E di mestiere fa la doula: la professionista che dopo il parto aiuta le mamme a prendere confidenza con il bebè e i suoi bisogni. A fare da tramite tra lei e la coppia italiana è stata un’agenzia in California. Le chiedo come le è venuto in mente di portare avanti una gravidanza per altri: «Lo faceva la mia migliore amica» spiega. «Dalla sua esperienza ho capito quanta gioia dà contribuire a creare una famiglia. Davide e Mirco avevano un sogno: tramite me è diventato realtà».
Sente un legame verso questi bambini? «Certo, una connessione incredibile». E mi fa vedere la foto del cellulare con suo figlio al centro, a sinistra Emanuele e Matteo, e a destra altri 2 gemelli che ha partorito per una coppia gay di Pisa: «Ora ne farò un terzo per loro» svela. Dopo si fermerà? «No, continuerò finché
la salute me lo permetterà». Suo marito è d’accordo? «Ovvio, mi supporta». Gelosie da parte di suo figlio? «No, quando sono incinta lui dice a tutti che quei bambini sono per altri genitori. Adora Davide e Mirco come fossero zii».
Rachelle ha ricevuto un rimborso spese per la gravidanza. Sull’argomento si irrigidisce: «Non è una paga per qualcosa che viene messo in vendita, ma una compensazione perché in quei 9 mesi e subito dopo non lavoro e corro dei rischi per la salute, specialmente con i gemelli. Non divento certo ricca». Davide e Mirco precisano: «I soldi che restano a lei sono solo una piccola quota: la maggior parte copre i costi per i ricoveri, gli esami e i controlli della gravidanza. Oltretutto Rachelle non ne ha bisogno: suo marito guadagna benissimo».
Quanto costa fare un figlio in questo modo? «Preferiamo tenere riservata la cifra» rispondono. «Mettiamola così: scegliamo di vivere in 60 metri quadrati e riempirli con la gioia di avere 2 figli invece di abitare in un appartamento con terrazza».
La coppia ha voluto che anche la donatrice degli ovuli fosse rintracciabile. «Si chiama Ashley. Siamo in contatto con lei, l’abbiamo conosciuta in America e i gemelli, se lo desiderano, manterranno il rapporto in futuro. Non vogliamo ombre intorno alla loro nascita. Siamo cresciuti dentro la cultura della famiglia tradizionale, diamo importanza alle relazioni e alla genetica. Con il tempo, stiamo iniziando a superare le nostre paure. I bambini sentono già ora che siamo noi i loro veri genitori, noi che li amiamo e li accudiamo, che ci alziamo di notte se piangono e li curiamo se hanno la febbre». Se fosse stato possibile adottare, Davide e Mirco non avrebbero comunque rinunciato alla surrogata. Ma non è detta l’ultima parola: «Magari l’adozione per le coppie gay diventerà legale e forse un giorno lo faremo».
I gemelli vanno al nido da quando avevano 6 mesi. Davide, il papà legale, usufruisce del permesso per allattamento, dunque lavora 4 ore. La vita qui corre frenetica come in ogni casa dove i genitori lavorano e hanno figli piccoli: «Fuori dalla porta, nel nostro quartiere popolare, siamo già una famiglia, i vicini ci fermano per strada, chiedono come stanno i bambini, regalano loro la pizza. La società è pronta, ma in tv e soprattutto in Parlamento non c’è ancora traccia di tutta questa disponibilità».
● COS’È LA MATERNITÀ SURROGATA? La pratica per cui una donna ospita nel proprio utero e partorisce un bimbo per conto di terze persone, single o coppie, omosessuali o eterosessuali, che diventeranno genitori legali. A volte nell’utero della surrogata viene impiantato l’ovulo della futura madre, fecondato con lo spermatozoo del futuro padre o di un donatore. Più spesso l’ovulo è di una donatrice e lo spermatozoo del futuro padre o di un donatore.
● FARLA IN ITALIA È LEGALE? La legge 40 del 2004 sulla procreazione assistita punisce la maternità surrogata con la reclusione fino 2 anni e una multa fino a 1 milione di euro se è “commercializzata”. In teoria, però, «una coppia etero potrebbe farla nel nostro Paese senza passaggio di denaro, solo dopo l’autorizzazione dettagliata della magistratura su ogni rimborso spese sostenuto» spiega Filomena Gallo, avvocato dell’associazione Luca Coscioni. «In alcuni tribunali sono già state avanzate richieste di questo tipo: aspettiamo le sentenze». Per saperne di più sulla maternità surrogata e scoprire in quali Paesi del mondo è legale, vai su www.donnamoderna.com/attualita/utero-in-affitto-dove-e-legale.