Sylvia Earle, oceanografa di fama mondiale, è stata ospite al “National Geographic Festival delle Scienze” di Roma (fino al 22 aprile all’Auditorium Parco della Musica, www.auditorium.com). Ha tenuto una conferenza sulla salvaguardia degli oceani. Durante il festival si celebra anche la Giornata della Terra del 22 aprile.
Quello che sogno veramente è che tutti un giorno possano andare sott’acqua, a esplorare gli oceani, con le mute da sub e i sottomarini. Lì c’è un mondo straordinario, ancora sconosciuto e tutto da scoprire. Non bisogna averne paura». Sylvia Earle è una celebrità: oceanografa di fama mondiale, ingegnere, scienziata, fondatrice di diverse associazioni per la salvaguardia degli oceani (Mission Blue, SEAlliance and Deep Ocean Exploration and Research), nonché esploratrice per la National Geographic Society. Il New York Times l’ha nominata “Leggenda vivente” e per la rivista Time è un “Eroe del Pianeta”. Negli anni ’50 è stata una delle prime donne a immergersi con le bombole. Oggi di anni ne ha 82: al telefono qualche giorno fa, mentre mi parlava da chissà dove, mi ha raccontato che la settimana prima aveva fatto un’immersione in Indonesia.
«Sott’acqua mi sento a casa»
«Gli oceani oggi sono in pericolo e dobbiamo fare qualcosa in fretta » mi racconta. «Ci sono già delle “zone morte” dove manca l’ossigeno, non crescono le piante e i pesci muoiono». Lei, che ha collezionato oltre 100 spedizioni e passato più di 7.000 ore sott’acqua, può testimoniarlo. Le prime immersioni con la maschera e le pinne risalgono a quando aveva 13 anni, nel Golfo del Messico, dopo che la famiglia si era trasferita dal New Jersey alla Florida. Da allora è stato amore assoluto. Complici anche i film del guru Jacques Costeau. Si è poi laureata in Biologia marina e ha iniziato il dottorato di ricerca in Botanica per catalogare le alghe. «Sott’acqua mi sento a casa» confessa. E una casa a 15 metri di profondità per 15 giorni l’ha avuta davvero: «Era il progetto Tektite, nel 1970. Insieme ad altre 4 donne (perché stare così a stretto contatto con scienziati uomini a quei tempi sarebbe stato compromettente, ndr) abbiamo vissuto in una struttura subacquea ed eseguito ricerche ed esperimenti sulla flora marina. Una specie di paradiso, nell’arcipelago delle Isole Vergini».
«Il mio obiettivo è creare sempre più parchi marini protetti».
Oggi per proteggere quel paradiso e tutto il mondo sottomarino, la Earle gira di continente in continente tenendo conferenze e partecipando attivamente a campagne e iniziative. Nel 2009 ha vinto un Ted Prize con la sua lezione su come gli oceani influenzino la nostra vita: «Il Pianeta è fatto per il 71% di acqua, che alimenta l’atmosfera terrestre. Se questo ecosistema subisce variazioni, e l’oceano non è più in grado di assorbire anidride carbonica e produrre ossigeno, ci andiamo di mezzo tutti». Colpa del petrolio che viene scaricato in mare, dei fertilizzanti per l’agricoltura che attraverso i fiumi arrivano fino alle coste, della pesca intensiva che distrugge la fauna e il ciclo vitale. «L’oceano è troppo grande, vasto. Si pensa che tutto possa contenere e niente possa nuocergli. Non è così». Lo dimostrano la plastica e la spazzatura che vengono ingerite dai pesci, contaminandoli. «Perciò non li mangio» dice. «E anche perché sono contraria alla pesca intensiva». L’impegno di Sylvia ora è concentrato sugli “Hope Spot”, luoghi della speranza: parchi nazionali sottomarini dove la fauna e la flora devono essere protetti (chiunque può segnalarli sul sito missionblue. org). «Oggi ce ne sono circa 100 censiti dalla Iucn, International union of conservation of nature, un’associazione di scienziati e volontari che condivide dati e informazioni sulla natura. Il nostro obiettivo è crearne sempre di più e sensibilizzare i governi a ridurre le emissioni nocive».
«Con i colleghi maschi ho sempre usato il senso dell’umorismo»
“Her Deepness” (Sua Profondità, come viene chiamata) nel 1964, durante il primo viaggio nell’oceano indiano, era l’unica donna in un equipaggio di 70 uomini. «Pensi ai commenti! (ride, ndr). Oggi è tutto molto più facile di quando ho iniziato io: ci sono donne comandanti, tante scienziate, signore a capo di industrie. Prima, potevi ottenere qualche vantaggio in quanto donna, ma per lo più avevi dei doveri da compiere». Come se l’è cavata con i colleghi maschi? «Sfruttando il senso dell’umorismo e mettendo sempre al primo posto la mia professione. Per raggiungere certi livelli e portare avanti le tue passioni devi fare le cose nel miglior modo possibile, senza chiedere favori o aspettare che qualcuno raccolga qualcosa per te o ti aiuti a portare un peso. Non devi farti trattare come una bambina. Non aspettarti di avere favoritismi, ma dimostra che sei tremendamente seria in quello che fai» dice Sylvia, 2 mariti e 3 figli. «Li ho portati con me ogni volta che mi è stato possibile durante i viaggi lunghi, e li ho coinvolti nelle mie ricerche». E così facendo ha trasmesso loro la passione per il mare. La più grande oggi è amministratore delegato e presidente di una società che costruisce sottomarini e robot subacquei, il secondo lavora al California Fish and Wildlife Department e l’ultima è una musicista che si ispira per le sue composizioni all’oceano.