Contro la sclerosi multipla oggi arriva un percorso che potrebbe portare allo sviluppo di una terapia a base di cellule staminali e che si presenta come rivoluzionaria.

La terapia sperimentale per la sclerosi multipla

Si tratta, infatti, di una terapia sperimentale a base di cellule staminali del cervello, le cosiddette neurali, messa a punto da un team di ricercatori del Centro Sclerosi Multipla dell’IRCCS dell’Ospedale San Raffaele di Milano. I primi dati della sperimentazione sono incoraggianti: hanno mostrato non solo la sicurezza della terapia, ma anche potenziali benefici nel frenare l’evoluzione della malattia e nel rigenerare i tessuti del sistema nervoso, lesionati a causa della patologia stessa. Si tratta di un risultato che fa ben sperare i circa 122mila malati in Italia, che salgono a 2,5-3 milioni nel mondo.

La sperimentazione, infatti, potrebbe rappresentare la prima cura per quelle «persone che hanno una forma progressiva di sclerosi multipla, per i quali ad oggi sono disponibili pochissime strategie terapeutiche, non soddisfacenti in termini di efficacia», spiega Angela Genchi, neurologa del Centro Sclerosi Multipla dell’IRCCS San Raffaele di Milano e prima autrice dello studio.

La prima terapia con cellule staminali del cervello

Per la prima volta al mondo, nel maggio 2017, un paziente affetto da sclerosi multipla progressiva in stadio avanzato ha ricevuto una terapia a base di cellule staminali neurali (del cervello), nell’ambito dello studio STEMS, coordinato dal professor Gianvito Martino, direttore scientifico dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e prorettore alla ricerca e alla terza missione dell’Università Vita-Salute San Raffaele, pioniere della ricerca in questo campo.

Come funziona la terapia, prima al mondo al San Raffaele

Ora uno studio, condotto proprio dall’Unità di ricerca di Neuroimmunologia e del Centro Sclerosi Multipla del San Raffaele e pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Medicine, ha dimostrato la sicurezza e la tollerabilità del trattamento. «La terapia sperimentale su cui si basa lo studio STEMS consiste in un’infusione di cellule staminali neurali attraverso una puntura lombare che le immette direttamente nel liquido cerebrospinale, attraverso il quale possono raggiungere il cervello e il midollo spinale che sono le sedi colpite dalla sclerosi multipla e in cui le cellule potrebbero svolgere la propria azione», spiegano i ricercatori del San Raffaele. Nei modelli animali è stato dimostrato che queste cellule, una volta trapiantate, sono in grado di raggiungere le lesioni cerebrali e midollari proprio perché attirate dal danno. Successivamente, pur non specializzandosi in cellule mature del cervello, favoriscono meccanismi di riparazione: «Le staminali neurali rilasciano alcune molecole in grado di promuovere meccanismi di neuroprotezione e riparazione, supportando quindi la rigenerazione del tessuto nervoso e della mielina, la sostanza che riveste le fibre nervose e che viene lesionata dalla malattia. Nel nostro studio abbiamo osservato una riduzione della perdita di tessuto cerebrale nei pazienti trattati con il maggior numero di cellule staminali neurali», spiega la dottoressa Genchi.

La nuova terapia: per quali pazienti

Lo studio ha coinvolto 12 persone con sclerosi multipla progressiva ed elevata disabilità che avessero già sperimentato le terapie ad oggi disponibili con scarso o nessun successo. I pazienti sono stati suddivisi in 4 gruppi, di 3 pazienti l’uno, che hanno ricevuto, con un’unica puntura lombare, un numero di cellule crescente, da circa 50 milioni di cellule per il primo gruppo fino ad arrivare a 500 milioni per l’ultimo.

La nuova terapia potrà risultare particolarmente importante per alcuni pazienti affetti da sclerosi multipla, in particolare per quelli con forme progressive: «Al contrario delle forme recidivanti remittenti per cui sono disponibili moltissime terapie che consentono un ottimo controllo dell’attività di malattia, per le forme progressive al momento non esiste una terapia in grado di bloccare la progressione di disabilità. Questa prima fase della sperimentazione ha consentito di dimostrare la sicurezza di questo trattamento con staminali neurali e ha mostrato risultati di estremo interesse, che ora dovranno essere confermati su un gruppo più ampio di pazienti» spiega la ricercatrice del San Raffaele.

La differenza rispetto alle altre staminali

«Le neurali, a differenza delle staminali ematopoietiche (utilizzate nelle forme recidivanti remittenti di malattia ma inefficaci nelle forme progressive) e delle cellule staminali mesenchimali (che non hanno mostrato benefici in pazienti con sclerosi multipla progressiva), hanno mostrato negli studi preclinici condotti in laboratorio di poter avere un elevato potenziale pro-rigenerativo, una volta trapiantate – spiegano i ricercatori – È stato grazie al sostegno in primis dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM) e della sua Fondazione (FISM) se questa terapia, frutto di 20 anni di ricerca, è arrivata alla sperimentazione clinica».

I prossimi obiettivi

«Stiamo già lavorando allo sviluppo della fase 2. L’obiettivo – conclude la ricercatrice – è dimostrare l’efficacia delle cellule staminali neurali su un gruppo più ampio di pazienti». «Il fine ultimo, che è la grande sfida che abbiamo deciso di affrontare 20 anni fa, è quello di sviluppare una terapia innovativa ed efficace per le persone con forme progressive di sclerosi multipla che hanno, ad oggi, opzioni terapeutiche limitate», conclude il professor Gianvito Martino, direttore scientifico del San Raffaele.