Mentre Stato e Regioni bisticciavano per i colori, i virologi sciorinavano profezie e gli americani contavano voti, nel frattempo, all’ombra del clamore mediatico, nell’indifferenza delle maratone televisive, succedevano cose di cui vale la pena parlare. Per alzare lo sguardo e puntare avanti. Ché non è tempo di sprecare nessuna buona notizia. La prima. Il 4 novembre la Commissione Lavoro della Camera ha approvato il testo di una nuova legge che riguarda la parità salariale nelle grandi aziende e offrirà nuovi strumenti ai dipendenti che vorranno combattere contro questa forma di discriminazione. Il viaggio della legge in Parlamento si avvia in un giorno speciale, a partire dal quale, ogni anno, le donne europee iniziano a lavorare gratis. Guadagnando in media il 16% in meno di un uomo, è come se tutte noi, per gli ultimi 2 mesi dell’anno, donassimo il nostro stipendio alle aziende, una sorta di obolo alla causa di averci tirato fuori dalle nostre case. Secondo la Banca d’Italia basterebbe questo, la parità dei salari, a far aumentare il Pil nazionale di oltre mezzo punto l’anno. E invece l’attuale disparità è il principale motivo per cui la maggior parte dei lavori persi durante la pandemia appartengono alle donne: valgono meno degli altri.
In quello stesso giorno, ed eccoci alla seconda buona notizia, ha avuto l’ok della Camera la legge Zan, quella contro l’omotransfobia. Se confermata al Senato, chiunque offenda una persona per la sua identità di genere o per la sua disabilità rischierà pene molto più severe. E così come l’educazione civica, anche l’educazione a non discriminare sarà obbligatoria in ogni scuola. Che apparteniate o no a una di queste categorie, è una vittoria della gentilezza sull’odio, del rispetto sulla violenza, dell’umanità sulla brutalità. E non potete esimervi dall’alzare i calici.
E poi c’è la terza buona notizia, che non ha un giorno ma un simbolo. Il fulmine rosso dipinto sulle mascherine dell’onda umana che da settimane invade le piazze polacche. Hanno iniziato le donne contro una legge che vieta l’aborto anche in caso di malformazioni del feto, ma poi si sono aggiunti gli studenti, gli agricoltori, i conducenti dei mezzi pubblici. Ciascuno protesta per sé, ma unisce la propria voce a quella degli altri. E quando le battaglie si intrecciano, si contaminano, allora si diventa invincibili. Tutto si aspettavano i governatori polacchi, fuorché che una legge contro l’aborto unisse un intero popolo. Quella legge, mentre scrivo, non è ancora stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale. Ed è già una vittoria.