«Dopo i 50 anni sono rinata, l’esperienza dolorosa all’Isola dei Famosi 2016 mi ha spinto a migliorare me stessa». Parola di Simona Ventura, che è appena tornata in tivù con Selfie, le cose cambiano, un reality che vuole regalare a chi è insoddisfatto della propria vita la possibilità di rinascere e ricominciare.
Ma nella realtà si può modificare se stessi anche in età matura? O ha ragione chi sostiene che a una certa età il carattere resta quello qualunque sforzo si faccia? «Il cambiamento è connaturato all’uomo, è il motore dell’evoluzione della specie; se i nostri antenati non avessero saputo adeguare i propri comportamenti, noi non saremmo qui» risponde Antonino Ferro, membro dell’International psychoanalytic association e autore di Pensieri di uno psicanalista irriverente, guida per analisti e pazienti curiosi, appena uscito per Raffaello Cortina editore. «Cambiare non solo è possibile ma è necessario, soprattutto nella società fluida di oggi, in cui tutto evolve in fretta, e dove la crisi del lavoro e dei matrimoni portano a cominciare una nuova vita anche a 40 o 50 anni».
Concentrati sul futuro
«Da ragazzi modificare il carattere è naturale quanto cambiare la taglia degli abiti. Poi però molti pensano che da adulti il lavoro sia finito e che la personalità scorra su binari fissi. Non è così: a volte si sentono le ruote stridere sui binari… e allora va rivisto l’assetto, prima che il treno deragli» dice l’esperto. Inutile negare però che più strada si ha alle spalle più diventa complesso modificare comportamenti e atteggiamenti che ci hanno accompagnato nella vita. «Per ottenere cambiamenti duraturi si deve scavare in profondità: potare il ramo secco non basta, va curata tutta la pianta, arrivando alla radice. Leggere dentro la propria psiche è difficile quanto operarsi da soli e chi può farlo dovrebbe affidarsi alla mano ferma di un terapista. Il primo step comunque è focalizzarsi sui vantaggi che deriveranno dal cambiamento. Lavorare sul proprio carattere è faticoso ma se in ballo c’è il nostro futuro, saremo più motivati». Una sfida difficile ma possibile. Come mostrano queste tre storie.
SABINA, 48 ANNI, terapista cinofila
«“Tu sì che sei forte!”. Me lo ripetevano tutti: fin da piccola ero quella che non molla e non piange mai. Anche se il rapporto con i miei mi segnava dentro, andavo avanti col sorriso. Finché, compiuti i 40 anni, ci ha pensato il corpo a fermarmi: sono iniziati dolori agli arti, insopportabili. Mesi di esami, visite, nessuna diagnosi. Ho capito che il problema era dentro di me. Dovevo cambiare qualcosa, e per farlo mi serviva aiuto. Ho incontrato Sara, osteopata, operatrice olistica e terapista, che con un lungo percorso di analisi, mi ha fatto scavare in fondo alla mia anima, per scoprire chi sono e perché. Fin da bambina, sentendomi poco amata e rispettata, non ho imparato ad amarmi; ho inseguito la lode degli altri a ogni costo, sforzandomi di fare ciò che si aspettavano e di apparire forte, per non deluderli. Lei mi ha insegnato che non sono obbligata a farlo; chi mi ama deve accettare le mie debolezze. E io per prima devo farlo, rispettando i miei tempi e bisogni. I dolori sono spariti. Le difficoltà invece restano, ma il modo in cui le affronto, l’approccio alla vita e alle emozioni è molto diverso. Alle soglie dei 50 anni, ho imparato a piangere».
LAURA, 43 ANNI, giornalista
«Tra traslochi, lutti, cambiamenti lavorativi per me gli ultimi anni sono stati difficili e hanno esasperato la mia paura di non essere all’altezza, la smania di tenere tutto sotto controllo. Ho cercato aiuto da psicoterapeuti e analisti e grazie ad anni di colloqui ho imparato a riconoscere le cause di certi atteggiamenti. Ho accettato di essere un vaso di coccio tra vasi di ferro, cioè una persona più fragile e sensibile, che “sente” troppo ciò che le sta attorno. Lo ero da bambina e purtroppo lo sono ancora. Non sono “guarita”. Ma adesso sono cambiata: non mi chiudo più in me stessa, non pretendo di farcela da sola. Per tenere a freno la paura punto su altre risorse: l’uomo che amo, che con uno sguardo sa capire e contenere le mie paure, e mia figlia, che con i suoi sorrisi scioglie ogni senso di colpa. Poi c’è il lavoro, che con gli anni mi riesce sempre meglio. Infine, il Tai Chi, un’ora di esercizi mi rilassano più di tante sedute dall’analista».
CHIARA, 44 ANNI, dirigente
«Bionda, snella, dall’alto dei miei 188 cm, fin da ragazza non sono mai passata inosservata: sono bella e mi fa piacere che gli altri lo notino. Poi, a 41 anni, la maternità, assistita, ha stoppato la corsa. Vedere il mio corpo gonfiato dagli ormoni è stato uno choc: in estate non ho messo piede in spiaggia e al rientro, uscita dall’ufficio, mi sfinivo in palestra. Finché non ho capito: invece di cambiare aspetto, dovevo cambiare atteggiamento, non ero obbligata a essere la più bella o la prima. Non è stato facile, la mia autostima era drogata dall’adrenalina… Ma ho avuto degli alleati. Prima di tutto, mia figlia: stando con lei ho scoperto di avere doti impensate e ho rallentato i ritmi. Così ho potuto guardarmi dentro, capire che la smania di primeggiare celava insicurezze legate all’infanzia, e che a differenza di quanto mi hanno insegnato, il valore di una donna si misura su tanti terreni diversi. Poi è arrivata la pole dance che, oltre a rassodare il corpo, mi ha insegnato a guardarlo nel modo giusto: ora apprezzo ciò che riesco a fare sul palo, senza confrontarmi con le compagne di corso, più giovani e magre. Mi metto in shorts senza timori e non mi importa se non sono la più brava o la più bella della sala!».