Si parla tanto e sempre più spesso dei cosiddetti “cervelli in fuga”, i giovani italiani, specie laureati, che lasciano il Paese in cerca di lavoro o di una prospettiva professionale migliore. Eppure esiste anche un numero crescente di madri (e talvolta giovani nonne) che decidono di fare la valigia per raggiungere proprio quei figli all’estero oppure per rifarsi una vita dopo divorzi, separazioni o violenze in famiglia: “Sono molte coloro che partono da sole, spinte da motivazioni forti: la mancanza di lavoro o il bisogno di abbandonare l’Italia per motivi personali, spesso sono madri che hanno lasciato tutto a oltre 50 anni, con figli da mantenere e un marito latitante” spiega Katia Terreni, ideatrice di una pagina Facebook e un sito (www.donnecheemigranoallestero.com) che è diventato anche libro. Raccoglie alcune delle storie di donne che, come lei, hanno fatto la valigia da adulte.
Donne che emigrano all’estero
Secondo il rapporto Migrantes del 2018 i giovani in partenza sono cresciuti del 37,4%, i giovani adulti del 25%, ma il nuovo trend ha riguardato proprio gli over 50 (+20%), mentre continuano ad essere numerosi anche i pensionati in fuga, in cerca di luoghi nei quali le tasse siano inferiori e il loro assegno di vecchiaia valga più che in Italia. I dati Istat indicano in 66.087 le donne che complessivamente hanno lasciato il nostro Paese per l’estero (dati 2017), sia nate che residenti in Italia. Un numero che potrebbe nel tempo raggiungere quello degli uomini, oggi 74.119. Tra i Paesi più gettonati nei quali si sono trasferite c’è la Francia, dove la quota femminile è già superiore a quella maschile (365 rispetto ai 357 uomini). Lo stesso vale per la Germania (519 contro 456) e la Spagna (312 rispetti 216 uomini) e per molti paesi dell’est europeo.
Nella fascia d’età tra i 40 e i 64 anni, le donne italiane che sono partite per altri stati in Europa sono 6.774, mentre in 9.755 si sono dirette fuori dal Continente. Di queste ultime la maggior parte (2.256) ha scelto l’America, con 1.044 che hanno raggiunto il Brasile e 612 gli USA. “Le destinazioni non sono più quelle classiche: in molte non vanno nelle Filippine, in India, in Thailandia o in Sud America, alla ricerca di nuove possibilità” racconta Terreni.
Perché si parte?
Il bello delle donne è che hanno paura, ma alla fine trovano il coraggio di fare tutto. Così recita il motto del sito Donne che emigrano all’estero. “A 50 anni non è facile lasciare tutto, occorre rivoluzionare la propria vita, spesso non si conosce neppure la lingua del Paese nel quale ci si trasferisce. Una signora, che ha raccontato la sua storia nel nostro blog e nel libro, è partita per la Germania da sola con i figli, senza parlare il tedesco. Se l’è cavata e ha trovato casa e lavoro. Per compiere scelte del genere, così come per decidere di cercare semplicemente di far carriera all’estero, a volte è necessario spingere la mente lontano e tirar fuori quelle risorse che altrimenti non si saprebbe neppure di avere” dice Katia Terreni.
“Quando non si è più ragazze ci vuole un coraggio enorme e spesso la spinta è la disperazione. Molte donne che mi hanno raccontato la loro storia sotto anonimato avevano alle spalle storie di violenza e ricorso a codici rosa dei pronto soccorso. Hanno scelto l’emigrazione per mettere una grossa distanza tra sé e chi era responsabile della loro condizione. In questo caso, dopo aver preso coscienza di una situazione insostenibile, hanno agito pensando che andarsene potesse essere una soluzione. Molte poi si sono integrate nella nuova realtà e si sono realizzate, sia professionalmente che privatamente. In questi casi quando ci si guarda indietro si capisce che quella scelta dolorosa è stata una guadagno, non solo economico” spiega l’ideatrice di Donne che emigrano all’estero.
Le storie di chi parte
Sono moltissime le storie di chi parte, spesso da sola. A frenare, spesso, ci sono i timori di non riuscire a cavarsela all’estero, specie se non si è più giovanissime. A fornire supporto, con indicazioni utili, annunci di lavoro, consigli preziosi su lingua, ecc, ci sono forum, blog e siti internet come Expat.com, una piattaforma di scambio dedicata a chi vive all’estero o sta per trasferirsi. Sul sito, disponibile in 5 lingue tra cui l’italiano, espatriati e futuri espatriati in tutto il mondo condividono le proprie esperienze. Tra loro ci sono anche tre donne, dai destini differenti, ma con in comune la scelta di aver fatto i bagagli e di non voler tornare indietro.
Gabriella – Ha 52 anni, milanese, con una laurea in Economia e commercio e un master in Comunicazione, vive nella Repubblica Dominicana. Il lavoro l’aveva già portata nel paese caraibico, ma solo a novembre del 2012 ha deciso di fare il grande “salto”, di provare a viverci. In Italia mi occupavo di marketing, comunicazione, PR e ufficio stampa in diversi settori. “Nei primi 6 mesi ho ricoperto il ruolo di Direttore Marketing in un resort di Lusso a Cap Cana, poi mi sono trasferita dall’altra parte dell’Isola, in un paese che si chiama Las Terrenas, nella penisola di Samanà, dove ho iniziato facendo alcune consulenze di comunicazione, un po’ di PR, ma ultimamente mi occupo del settore immobiliare che qui registra una crescita del 10% annuo e consente di vivere decorosamente” racconta. “Se oggi rifarei questa scelta? Decisamente sì. Vivo in una casa vicino al mare con i miei tre cani e inizio la mia giornata all’alba con una passeggiata sulla spiaggia. La qualità di vita non è paragonabile a quella che avevo in Italia, anche se non sono tutte rose e fiori”. Rossella è partita dopo aver perso la sua cagnolina di 14 anni e mezzo: “Quando ho dovuto sopprimerla non avevo niente che mi legasse a Milano. Mia mamma è quella che ha più sofferto per la mia decisione di vivere in un posto cosí lontano. I fratelli mi sostengono e gli amici… beh c’é qualcuno un po’ invidioso, qualcuno che dice che questo è un posto pericoloso, qualcuno che non capisce come si possa vivere in un piccolo paesino, ma la maggior parte oltre a pensare che ho fatto una scelta coraggiosa farebbe carte false per venire a vivere qui!”.
Rossana – 65 anni, si è trasferita in Portogallo non appena in pensione, due anni fa col marito, mentre due dei tre figli vivono già all’estero da tempo. “Il primo vive e lavora a Mosca da ormai 10 anni, il secondo, affetto da sindrome di Down, vive con noi e l’ultima frequenta l’Accademia di Belle Arti in Italia, ma che una volta laureata, ha già deciso di proseguire con un master in Irlanda e di stabilirsi successivamente là” racconta. “Sono partita per una serie di ragioni: la prima è che ci siamo innamorati di questo Paese già da quando lo avevamo visitato per la prima volta circa dieci anni fa; una volta in pensione, poi, avremmo voluto andarcene dall’Italia per vivere in una zona più temperata e più tranquilla; non ultimo, siamo venuti qui per gli ormai noti benefici fiscali di cui gode però solo mio marito, in quanto io ero dipendente parastatale” spiega Rossana, che non ha dubbi: “È una decisione di cui non ci siamo affatto pentiti e che riprenderemmo subito. E poi il mondo ormai è diventato “piccolo” e tramite internet è possibile vedere e parlare quotidianamente con i nostri figli lontani e salendo su un aereo incontrarci senza alcun problema”. Unica difficoltà: la lingua. “E’ un po’ ostica, non tanto nello scritto il cui senso è abbastanza comprensibile, quanto nel parlato, a causa del forte accento ‘strascicato’. I portoghesi, però, sono estremamente disponibili, parlano lentamente, cercano di farsi capire e si sforzano di comprenderci. E poi c’è l’inglese, che i giovani parlano quasi tutti in modo discreto” dice la pensionata emigrata.
Daniela – quasi 57 anni, ha lasciato Lecco, dove viveva, per il desiderio di cambiare vita. Nel 2011 aveva un compagno, ma la prima a partire è stata lei, da sola e con il suo cane Martin, lasciando i genitori a Ferrara. L’idea iniziale era quella di avviare un’attività imprenditoriale in Slovenia, dove “le tasse sono umane” e dove poter proseguire il lavoro che svolgeva al pomeriggio con il compagno. “Stanca ed esaurita dal lavoro che svolgevo al mattino come operatore socio sanitario, ho deciso di licenziarmi. Sono rimasta una settimana a girare in lungo e in largo la costa, fino a che non ho trovato un monolocale che faceva al caso mio, dove poter vivere e iniziare a collaborare con la società del mio compagno in Italia. Mi bastavano un pc e internet”. Dopo un paio di impieghi part-time per mantenersi, Daniela ha deciso di provare ad avviare una sua attività nel settore turistico: “Sono partita a 52 anni affittando due appartamenti, che il mio padrone di casa mi aveva subaffittato. Ero incerta, avevo sempre i soldi contati e mi chiedevo ‘E se poi facessi un buco nell’acqua?’. Il mio compagno, però, mi ha convinta e ho iniziato. Che meraviglia, il mio sogno si realizzava! Ora mi aiuta nache il mio compagno, che è diventato mio marito e adesso vive qui tutto l’anno: insieme abbiamo 4 appartamenti per i turisti. Il lavoro procede molto bene, sia in estate che in inverno. Lo rifarei assolutamente! La mia vita è cambiata in meglio, molto meglio!” conclude.
Si può tornare indietro?
Spesso la paura di partire è accompagnata dal timore di non poter più tornare indietro, se le cose non dovessero andare bene. Qualcuna, in effetti, dopo anni da espatriata è diventata anche “migrante di ritorno”, come Francesca Beninato, 41enne, espatriata quando ne aveva 20 e rientrata in Italia per motivi personali. È lei a gestire come Italian Community Manager il sito Expat.com ed al momento sta lavorando al progetto di rifarsi una nuova vita alle Mauritius, dove vive e lavora il marito mauriziano. La stessa Katia Terreni, di Donne che emigrano all’estero, racconta: “Io ho 52 anni e sono tornata da poco, dopo 10 anni all’estero, soprattutto alle Seychelles. Ero partita non più giovanissima, perché non ero soddisfatta del mio lavoro e non riuscivo ad abbattere le barriere che mi impedivano di fare carriera. Nel mio caso ha funzionato, anche se poi sono tornata” racconta. Oggi gestisce in negozio in Toscana, la sua terra d’origine, e a spingerla a rifare la valigia sono stati gli affetti familiari: “Mia madre invecchiava. Nella maggior parte dei casi, quando si torna è per la famiglia, non certo per gli amici, con i quali si può restare in contatto grazie alla tecnologia. Diverso è il caso delle espatriate con i figli già all’estero da tempo, che ormai si sentono parte di una nuova realtà in un altro paese” dice Terreni. Sono le 34 storie del libro che ha curato, definito “Il libro coach sull’espatrio al femminile, i cui proventi vanno in beneficienza all’associazione D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza. Tra i racconti ci sono anche quelli di chi insegna in Qatar o di chi è rimasta vedova e ha deciso di partire, rifacendosi una nuova vita all’estero, così come di chi ha lasciato una carriera avviata in India per trasferirsi in India.