La data prevista è il 2020. Tra pochi mesi in Italia il modo della comunicazione potrebbe subire una vera rivoluzione, senza precedenti, con l’avvento del 5G in Italia. La quinta generazione della rete mobile non si limiterà, infatti, a rendere più veloci le comunicazioni, con un maggiore scambio di dati in tempi rapidi, ma aprirà la strada al cosiddetto Internet of Things, l’Internet delle cose, ossia quella tecnologia che già oggi consente di connettere oggetti a internet. Se al momento disponiamo di smartwatch in grado di rilevare la nostra posizione e le nostre prestazioni fisiche e di inviare i dati tramite internet, gli elettrodomestici diventeranno sempre più “intelligenti”, in grado di attivarsi da soli o da remoto. Da tempo, poi, si parla di auto a guida autonoma o della possibilità di effettuare interventi chirurgici a distanza.
Le potenzialità del 5G, dunque, sono enormi, ma non prive di rischi, sia nella loro gestione che a livello ambientale e di salute umana. I più apocalittici ipotizzano che entro il 2045 i robot non solo sostituiranno buona parte delle attività dell’uomo, ma saranno in grado loro stessi di costruire robot autonomi, prendendo in qualche modo il sopravvento sull’uomo.
“Io inviterei alla cautela. Certo la tecnologia sta andando avanti molto velocemente. Ciò che sta accadendo è un’accelerazione senza precedenti nella storia, che non ha paragoni neppure con la rivoluzione industriale, dunque richiede anche molta attenzione nella gestione della sicurezza della cosiddetta accountability, ossia la gestione del funzionamento stesso di questa tecnologia, per evitare che gli algoritmi che la governano prendano il sopravvento sull’uomo” spiega a Donna Moderna Antonio Sassano, ordinario di Ottimizzazione combinatoria, un settore dell’Intelligenza artificiale, presso la Facoltà di Ingegneria informatica, automatica e gestionale alla Sapienza a Roma.
Cosa cambierà con il 5G
“Con l’avvento del 5G assisteremo a un cambiamento profondo, anche se all’inizio si tradurrà soltanto in un miglior funzionamento delle comunicazioni, ad esempio tramite smartphone, che saranno più veloci ed efficienti. In realtà per la prima volta si realizzerà il sogno di disporre di una rete di reti che comunicano tra loro. Ad esempio, la rete delle autonomibili a guida autonoma, alle quali si lavora da tempo, con veicoli che parleranno tra loro tramite trasmettitori lungo le strade. Un settore importante sarà anche quello della tecnologia weareble, indossabile: avremo magliette, ad esempio, che rilevano i nostri parametri cardiaci o la pressione e li trasmettono a un medico in ospedale, che sarà in grado di leggerli in tempo reale. Per le aziende significherà inaugurare l’industria 4.0, migliorando la robotica e l’automazione, con la possibilità di intervenire magari su un robot a distanza di 200 km. Anche in campo medico si potranno effettuare interventi chirurgici a migliaia di chilometri di distanza. Per fare ciò è necessaria una tecnologia più efficace e veloce, che riduca la cosiddetta latenza, ossia il ritardo, ad esempio, tra il movimento millimetrico di un chirurgo e quello corrispondente del bisturi 300 chilometri più lontano” spiega Sassano.
I rischi per la sicurezza
La nuova tecnologia, però, non è priva di rischi, innanzitutto da un punto di vista della sicurezza: “I pericoli ci sono sempre quando c’è un’evoluzione tecnologica, a maggior ragione se è di questa portata. Al momento si discute dei rischi connessi a un fornitore (come il caso Huawei e il presunto spionaggio da parte del produttore cinese), in realtà il problema è più ampio. Quando ci sono milioni di oggetti collegati tra loro e in grado di controllare sistemi delicati, il rischio di hackeraggio è elevato. Basti pensare alla nota serie tv Homeland, nella quale il vicepresidente statunitense viene ucciso da un pirata informatico che agisce sul suo pacemaker. Se avremo oggetti indossabili e auto guidabili da sole, così come centrali nucleari gestite da algoritmi, sarà fondamentale curare l’aspetto della loro sicurezza. In secondo luogo non va trascurato il fatto che gli stessi algoritmi dovranno essere efficienti. Si tratta della cosiddetta accountability, che potrebbe incidere, ad esempio, proprio sulla salute nel caso di oggetti tecnologici indossabili che rilevano le condizioni fisiche di un soggetto. Insomma, gli aspetti critici non mancano” spiega l’esperto, che è anche presidente della Fondazione Ugo Bordoni, che si occupa di ricerca nel campo della comunicazione, informazione e sviluppo tecnologico.
I rischi per la salute
Non mancano poi le perplessità che riguardano l’impatto ambientale di una tecnologia che richiederà l’installazione di migliaia di nuove antenne per la trasmissione dei segnali. Già nelle scorse settimane il Tar ha dato sei mesi di tempo (entro giugno) ai ministeri di Salute, Ambiente e Istruzione per realizzare campagne di informazioni sui potenziali danni causati da smartphone (e cordless). L’obiettivo dell’Italia è arrivare entro il 2022 a una copertura internet nelle case di almeno l’80 per cento (99,4 entro giugno 2023) grazie al 5G, che richiede un maggior numero di antenne, seppure di dimensioni più contenute.
Che effetti avrà tutto ciò sull’uomo? “Purtroppo non esiste letteratura scientifica sufficiente sul 5G. Del resto sarebbe stato impossibile valutare gli effetti dei ripetitori su una popolazione in vivo, prima che questi fossero istallati. Sarebbero stati utili studi epidemiologici sugli animali, mai fatti, ecco perché il 5G rappresenta un’incognita assoluta” spiega Ernesto Burgio, esperto di epigenetica, membro del Consiglio Scientifico di ECERI, European Cancer and Environment Research Institute. Finora, comunque, l’Italia ha rifiutato di adottare gli standard dell’ICNIRP (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protect) o dell’IEEE (Institute of Electrical and Electronics Engineers), lasciando i limiti a 6 volt/metro nelle 24 ore, contro i 60 già autorizzati in buon parte d’Europa. Vuol dire che, potenzialmente, per adesso, i rischi di questa tecnologia da noi sono ridotti di 10 volte.
Più pericoloso parlare al cellulare oggi che il 5G domani
“Forse il vero problema è rappresentato dai telefonini che già usiamo e teniamo troppo vicini al corpo più che dalla tecnologia del 5G. Io non sono un ottimista a tutti i costi, ma va tenuto presente un aspetto. Oggi con il 4G parliamo spesso al cellulare che invia un segnale a un’antenna su un palazzo, magari a 500 metri o 1 km. Per farlo deve avere una potenza elevata. Con il 5G avremo invece centinaia di trasmettitori, con antenne più vicine, magari a 100, 50 o 20 metri, ma con potenze inferiori. È un po’ quello che accade con il bluetooth: i ricevitori e trasmettitori hanno potenze più basse rispetto a quelli delle antenne principali. Paradossalmente la situazione potrebbe migliorare, ciononostante ci sono aspetti che vanno tenuti sotto controllo” spiega Sassano.
Nei prossimi mesi e anni, dunque, occorrerà concentrarsi su questi aspetti, perché se dal 2020 si inizierà a produrre oggetti che usano il 5G, come i cellulari, entro una decina d’anni la tecnologia raggiungerà il massimo sviluppo e presumibilmente si apriranno le porte anche al 6G.