Mai sentito parlare degli accaparratori digitali? Se ti sta chiedendo di che cosa si tratta, guardati un po’ intorno. Capita anche a te di scaricare nuove app sullo smartphone e non cancellare mai quelle vecchie? Di accumulare foto su foto, fino a occupare tutta la memoria del cellulare? Di conservare file vecchissimi sul computer, per paura che un giorno potrebbero servirti? L’accaparramento digitale sta diventando un problema crescente in tutto il mondo. In alcuni casi si configura come una vera e propria patologia, legata al disturbo da accumulo, che è caratterizzato da un bisogno compulsivo di acquisire una notevole quantità di beni o oggetti, anche se inutili, pericolosi o addirittura insalubri.
L’accaparramento digitale è una malattia?
Il disturbo da accumulo è una patologia psichiatrica. Diversi studiosi si chiedono se non sia il caso di considerare tale anche l’accaparramento digitale. Secondo uno studio condotto negli Usa, un americano medio ha almeno 40 app installate sul proprio telefono, ma ne utilizza meno del 50 per cento. Milioni di americani hanno caselle di posta con più di mille e-mail non lette. Circa il 60 per cento delle persone non cancella mai foto o video da nessuno dei propri dispositivi digitali. Nel resto del mondo, la situazione non cambia: siamo tutti sempre più accaparratori digitali.
Accaparratori digitali: è allarme in tutto il mondo
La dottoressa Darshana Sedera, vice preside e direttrice del Digital Enterprise Lab presso la Southern Cross University, in Australia, ha lanciato un allarme: l’accaparramento digitale è in aumento in tutto il mondo e le conseguenze potrebbero rivelarsi gravi. Secondo Sedera, la raccolta e l’archiviazione di contenuti digitali tende a crescere con l’aumentare delle nostre competenze tecnologiche. Non solo: sembra esserci una correlazione tra il numero di piattaforme di social media che un utente utilizza e la quantità di contenuti che memorizza. Inoltre, ci sarebbe una forte relazione tra il numero di piattaforme di archiviazione – Google Drive, iCloud, eccetera – utilizzate e l’aumento dell’accaparramento digitale.
Accaparratori digitali: i Millennial sono più a rischio
Non tutte le generazioni sono interessate dal problema allo stesso modo. La dottoressa Sedera e i suoi colleghi hanno confrontato i comportamenti di accaparramento digitale della Gen X, cioè i nati tra il 1965 e il 1980, e dei Millennial, nati dopo il 1980. «Abbiamo scoperto che entrambi i gruppi mostrano sintomi di accaparramento digitale», ha spiegato Sedera al New York Post. Tuttavia, i Millennial hanno una maggiore propensione a diventare accaparratori digitali. Peccato che questo comportamento possa avere serie conseguenze sulla salute mentale.
Accumulare dati può provocare ansia e depressione
La dottoressa Bárbara Perdigão Stumpf, una psichiatra brasiliana, ha studiato i pericoli dell’accaparramento digitale. Ha dichiarato al Post che questo fenomeno può provocare disturbi depressivi, ansia e persino il disturbo da deficit di attenzione e iperattività.
Accaparratori digitali: perché accumuliamo i dati
Secondo lo psicologo britannico Nick Neave, esistono diversi tipi di accaparratori digitali. Ciascuno agisce per motivazioni diverse. C’è chi lo fa guidato dall’ansia. Si tratta, in particolare, di persone che hanno paura di sbarazzarsi di qualsiasi informazione di cui potrebbero avere bisogno in futuro, sia come prova che come promemoria. Chi conserva i file digitali per conformarsi alle politiche e alle procedure dell’azienda per la quale lavora. Questi utenti tendono a eliminare i file senza pensarci due volte, una volta che non sono più necessari.
C’è chi lo fa per lavoro e chi per vendetta
Tra gli accaparratori digitali, ci sono anche persone completamente sopraffatte dall’enorme quantità di e-mail o file che hanno accumulato. Tuttavia, scelgono di non eliminarli per timore di sbarazzarsi accidentalmente di qualcosa di importante. Infine, c’è chi mantiene i propri dati bene in ordine, ma molto raramente li elimina, nemmeno quelli contenuti nella posta indesiderata. Queste persone tendono a utilizzare dispositivi esterni per eseguire il backup dei propri file e vedono questo ruolo come parte della loro identità, in particolare sul posto di lavoro. Infine, ci sono persone che accumulano i dati per vendetta, magari con l’intenzione di utilizzarli come armi in futuro. Il revenge porn, un tipo di abuso digitale che consiste nel condividere immagini sessualmente esplicite senza il consenso delle persone raffigurate, è uno degli esempi più nefandi di questo comportamento.