È arrivata in sordina, ma sta monopolizzando il dibattito. Parliamo di Adolescence, la miniserie ideata da Jack Thorne e Stephen Graham e diretta da Philip Barantini, ora prima in classifica tra i più visti di Netflix. Non è stata necessaria una grande opera di promozione perché i quattro episodi sono densi di tematiche che dallo schermo ci rimbalzano addosso con tragica violenza. Tra gli argomenti che Adolescence ha il merito di aver sollevato, c’è sicuramente quello della cultura incel, crasi di involuntary celibate, ovvero celibe involontario: una categoria di uomini che si identificano con la loro difficoltà ad avere relazioni sessuali e romantiche. E proprio su internet trovano il luogo ideale in cui sfogare rabbia, frustrazione, biasimo per la società e per le donne, colpevoli di preferire partner belli e ricchi. Pertanto, gli uomini incel di fatto si sentono tagliati fuori dall’esperienza dell’amore.
Con Adolescence finalmente parliamo di cultura incel
Il tredicenne Jamie Miller (Owen Cooper), protagonista di Adolescence si macchia di un efferato omicidio accoltellando Katie, sua compagna di classe. È la vittima stessa ad accusarlo di essere un incel. Nonostante l’età precoce, infatti, il ragazzino è convinto di far parte di quella percentuale di uomini da cui una donna non sarà mai attratta. È un riferimento alla teoria dell’80%-20%, secondo la quale l’80% delle donne sarebbe attratta solo dal 20% degli uomini. E secondo Marco Crepaldi – psicologo, divulgatore scientifico, presidente e fondatore dell’Associazione Hikikomori Italia, che si occupa di ritiro sociale volontario cronico – con Adolescence, probabilmente, è la prima volta che nel nostro paese parliamo davvero di incel: un tema che tendiamo a sottovalutare e di cui dovremmo occuparci di più.
Incel: che cos’è la red pill?
Nella miniserie Netflix si fa riferimento a un’emoji, una pillola rossa. Che significato ha la red pill nella cultura incel?
«Il riferimento è al film Matrix e alla scelta che Morpheus offre a Neo. Nel caso degli incel, assumere la red pill significa guardare la realtà dei rapporti tra uomo e donna. Secondo i “redpillati” – così si chiamano quelli che aderiscono all’ideologia red pill – le relazioni, per come sono state raccontate dalla società, sono fallaci. Perché si racconta che tutti gli uomini, se si impegnano, hanno chance con le donne.
Secondo loro, invece, ci sono quelli più fortunati: i più belli, con più soldi e status. Senza queste caratteristiche, tutto ciò che si dice funzionale alla seduzione, come gentilezza e dolcezza, non solo non funziona, ma è anche deleterio. Chi crede in queste falsità è un “blupillato”: una persona che crede all’inganno. Tuttavia, la red pill in alcuni casi ha un fondo di verità perché si basa su studi scientifici, soprattutto antropologici-evoluzionistici, ma si trasforma in ideologia quando viene utilizzata per esternalizzare la colpa e generare atteggiamenti misogini. Le donne, infatti, sarebbero colpevoli di preferire uomini violenti e aggressivi ai nice guy, i bravi ragazzi.
Quindi, la red pill è una versione più cinica, ma anche più realistica delle dinamiche di selezione uomo-donna. Spesso, però, si trasforma in ideologia estremizzante che porta a violenza verbale e anche fisica in alcuni casi».
La manosfera: il territorio degli incel online
In Adolescence si parla di incel ma anche di manosfera, di che si tratta?
«Designa tutto l’universo di gruppi chiusi, chat Telegram e zone di Internet, dominate principalmente da uomini che nel migliore dei casi hanno atteggiamenti ostili nei confronti delle donne, nel peggiore sono misogini. Quindi si tratta di spazi prettamente maschili, in cui le donne non entrano e, se entrano, vengono spesso bullizzate, ostracizzate e giudicate. Qui si predica l’ideologia red pill, ma anche quella della black pill che è addirittura più fatalista. Infatti, se la red pill prevede che tu possa uscire dalla condizione di celibato involontario, la black pill sostiene che l’incel rimarrà per sempre tale. E lo afferma anche Adam, il figlio dell’ispettore Bascombe, in una scena di Adolescence. È come se ci fosse una predisposizione genetica a questa condizione. Inoltre, non dobbiamo pensare, che gli incel siano una percentuale microscopica.
Si tende a far passare il messaggio che lo siano soltanto quelli dei forum o della manosfera: lì troviamo la fetta più estrema, ma il fenomeno riguarda centinaia di migliaia, se non milioni di uomini, solo in Italia. Soltanto che non trovano nel web il luogo in cui sfogarsi».
Alle origini del fenomeno incel, prima di Adolescence
Il fenomeno incel che vediamo in Adolescence non è nuovo, dove si possono rintracciare le origini?
«Si può dire che derivi da un cambiamento del ruolo di genere femminile. Le donne, infatti, hanno maggior potere socio-economico di una volta e di conseguenza sono anche più selettive in fatto di uomini. Al contrario, nella società patriarcale dovevano accoppiarsi con uomini, che magari non avevano determinate caratteristiche selezionabili sessualmente, ma avevano maggior status socio economico. Anche se ancora non hanno tutte le possibilità degli uomini, sono sicuramente più emancipate e autonome. Pertanto, sono tre i fattori principali sulla base dei quali una donna è portata a scegliere un partner. Il primo è lo status, più che socio-economico, legato all’ambizione e al successo lavorativo. Quest’ultimo è solo parzialmente legato al denaro.
Il secondo è l’aspetto fisico: in passato valeva molto meno come variabile di selezione, oggi invece è molto più preponderante, e questo spiega anche perché gli uomini hanno molta più ansia sul corpo. Il terzo è il più importante, e manca a molti incel: sono le cosiddette competenze socio-emotive, che potremmo riassumere in una sola parola, il carisma. Si tratta della capacità di creare un contatto emotivo, di flirtare o sedurre. Quindi, le origini della cultura incel si rintracciano in questo cambio delle dinamiche di potere socio-culturale e nell’incapacità dell’uomo di sviluppare le competenze che oggi sono più selezionate dal genere femminile».
Incel, dietro l’ideologia c’è un disagio maschile
È un caso che se ne torni a parlare proprio in un momento storico in cui al centro del dibattito c’è sempre di più la libertà femminile?
«Non credo se ne torni a parlare, credo sia un tema di cui non abbiamo mai davvero parlato. Il fenomeno degli incel è uno dei più sottovalutati. Senza dubbio verrà sempre più discusso nei prossimi anni. Prima come subcultura del web, ma inevitabilmente dovremmo approcciarlo per quello che è: un fenomeno psico-sociale. E dovremmo occuparcene di più per offrire supporto, ed evitare che questi giovani uomini siano vittime di dinamiche distruttive e antisociali, come nel caso della serie».
Gli incel tendono a nascondersi, le loro discussioni hanno luogo soprattutto su forum e blog clandestini. Quanto peso hanno la solitudine e l’incapacità di comunicare maschili?
«Tanto. Questi uomini scrivono nei forum perché, per esempio, non riescono a parlare della verginità maschile che è ancora un tabù. Non riuscendo a confrontarsi con amici, genitori o insegnanti vanno a farlo online e i toni diventano estremi. Se tutti noi parlassimo di più dello stigma fortissimo che c’è su chi è vergine, potremmo aiutare gli uomini incel non tanto a fare sesso, ma ad affrontare la loro sofferenza psicologica che, se non adeguatamente supportata, può sfociare in una psicopatologia.
È chiaro che la colpa non è delle donne: il problema è capire perché questi uomini non riescono a farsi selezionare e aiutarli. Certamente è difficile empatizzare con gli incel dei forum o i “redpillati”, persone così tanto misogine. Ma il problema non si risolve dicendo che sono dei pazzi, dobbiamo capire come arrivano a quel punto o quanto meno supportare chi ancora non si è estremizzato. Ogni volta che arrivano in un blog è perché non sono riusciti a parlarne altrove, quindi credo sia un fallimento per la società».
Essere incel è anche una questione di età
In Adolescence il protagonista ha solo 13 anni, ma la cultura incel riguarda solo i più giovani o è trasversale?
«Della serie mi ha colpito che il protagonista sia così giovane: è raro che un ragazzino di 13 anni sia incel, ovvero soffra la propria scarsa possibilità percepita con le donne. Infatti, a quell’età i maschi sono ancora all’inizio della propria fase evolutiva sessuale. Di solito le vere ansie insorgono dopo anni in cui si fa fatica a sbloccarsi, a ricevere attenzioni, mentre si vede che gli altri hanno molta meno difficoltà. Per una condizione di reale sofferenza bisogna aspettare i 18-20 anni. La maggior parte degli incel che incontro hanno tra i 25 e i 30 anni. Non dico che questa condizione non possa esserci a 15 anni, ma in Adolescence, il protagonista è davvero giovane, sarebbe davvero precoce».
C’è un farmaco contro la pillola rossa?
«Parlare di sessualità in modo sincero e vero, senza inventarsi dinamiche romantiche inesistenti, una su tutte quella dell’anima gemella. Inoltre, l’idea che basti aspettare e la persona giusta arriverà è deleteria: molti incel si cronicizzano perché non riescono a sbloccarsi, ma si ripetono che prima o poi troveranno la ragazza che fa per loro. A volte è una questione di tempo, altre di blocchi su cui bisogna lavorare. Quindi il farmaco è l’educazione».