Famiglie tranquille, andamento scolastico nella norma e con gli amici tutto ok. Perché allora Roberto, Anto, Ivan e Lorenzo decidono di scappare di casa, senza dire nulla neanche ai compagni di classe? E perché l’unico che torna si chiude in un mutismo inattaccabile? I protagonisti del nuovo libro di Giorgio Scianna, La regola dei pesci (Einaudi), pongono interrogativi che varcano i confini del romanzo e approdano nelle nostre vite, quando guardiamo i figli adolescenti e arrabbiati e ci chiediamo cosa stia passando loro per la testa.
I ragazzi italiani scappano di casa ogni giorno, come il 12enne andato via a febbraio dalla sua casa a San Vito di Leguzzano (Vi) e ritrovato infreddolito al mattino dopo una notte all’addiaccio. E come Nella, 15 anni, di Cicciano (Na), fuggita nel capoluogo campano e rintracciata in 24 ore. Casi come questi rappresentano il 35% di tutte le segnalazioni di minori scomparsi raccolte da Telefono azzurro.
L’illusione del controllo
«Rispetto ai bambini rapiti o ai malati di Alzheimer che non ricordano più il loro nome, quelli degli adolescenti in fuga sono in genere casi che si risolvono in pochi giorni» spiega Federica Sciarelli, conduttrice di Chi l’ha visto?, lo storico programma di Rai 3. «Di solito, finiti i soldi, tornano da soli. Ma anche poche ore di vuoto per i genitori diventano un incubo, acuito dal fatto che oggi, con i cellulari, siamo abituati a un controllo costante sui nostri figli». Le ragioni di chi scappa sono spesso associate a un problema con mamma e papà: i brutti voti a scuola, un amore ostacolato o il permesso negato di andare a un concerto.
«I genitori si chiedono disperati dove hanno sbagliato, ma colpevolizzarsi non serve: nei casi che trattiamo non c’è differenza di ceto sociale né di impegno e cura nei confronti dei figli. Spesso è solo la follia del momento, un passaggio della vita, un assaggio di libertà». Può capitare, però, che dietro un gesto tanto forte si nasconda un malessere così intimo da non essere comunicato neppure agli amici.
Intercettarlo non è facile, perché i possibili segnali, come il mutismo o gli scontri familiari, sono tratti tipici di ogni adolescenza.
La distanza tra adulti e giovani
«I genitori davvero “connessi” con i loro figli captano i prodromi di una fuga. Ma essere in sintonia non è facile» spiega Stefano Rossi, psicoterapeuta di Area G, un centro specializzato nel disagio adolescenziale che lavora nelle scuole. «Incontro ogni giorno ragazzi che mi parlano di genitori solo apparentemente presenti. E i problemi che oggi si trovano ad affrontare le famiglie, come l’instabilità lavorativa ed economica, acuiscono la distanza. Così la fuga diventa un modo per richiamare l’attenzione».
Ci sono casi poi in cui scappare è una reazione vitale, un modo per dimostrare a se stessi e agli altri di sapersela cavare.
«Succede perché spesso, anche senza accorgersene, i genitori di oggi, che sono figli del benessere e della fiducia nel futuro, inviano ai loro figli messaggi negativi: “Qui con noi sei al sicuro, fuori il mondo è diventato brutto, ci sono il terrorismo, l’inquinamento, la disoccupazione giovanile”. Un messaggio che va contro la necessità fisiologica degli adolescenti di imparare a diventare autonomi, protagonisti della loro vita».
Il doppio ruolo dei social media
Oggi il mondo è Internet, il mega spazio dove conoscere persone di tutto il mondo. «I social forniscono occasioni relazionali che abbattono le barriere di spazio e tempo, che vanno oltre l’entourage di casa, scuola e palestra» spiega Rosalba Ceravolo, coordinatrice e supervisore di 116000, il Numero unico europeo minori scomparsi, un servizio che in Italia è affidato a Telefono azzurro. «Sono tanti i casi di giovani che scappano per andare a trovare amici conosciuti online.
Oltre che un rischio, in questo caso i social rappresentano un aiuto per la ricerca: i like a situazioni e luoghi o una frase allusiva pubblicata qualche giorno prima forniscono indizi, così come i profili di amici stranieri.
Noi allertiamo i nostri omologhi negli altri Paesi che si mettono subito alla ricerca coinvolgendo le forze dell’ordine e risolvendo il caso in genere in 48, massimo 72 ore. Nel frattempo forniamo supporto psicologico alla famiglia in modo che possa gestire il dramma e darci indicazioni utili su quello che il ragazzo ha fatto o detto nei giorni precedenti». Sui social, però, possono circolare pericoli maggiori di una cotta virtuale per l’amichetto lontano. Dopo la conversione all’Islam del 14enne napoletano che adesso si fa chiamare Karim Abdul, i servizi segreti italiani hanno individuato nel nostro Paese cellule che sul web adescano reclute per l’Is. Il loro terreno di caccia sono i social network e le prede ragazzini con l’animo in fermento e le certezze labili.
«La sfiducia nel futuro e la mancanza di prospettive che continuiamo a trasmettere provocano negli adolescenti un grande vuoto che rischia di essere riempito da qualsiasi cosa. Per esempio da ideologie forti che criticano l’Occidente e il capitalismo, dai black bloc all’Is» dice Giorgio Scianna, che per il suo romanzo si è ispirato proprio a questo tema. «Gli “uomini in nero” esercitano fascino perché, paradossalmente, forniscono agli adepti un ruolo, una sicurezza, l’orgoglio di impegnarsi per qualcosa, un significato e un senso di appartenenza che oggi, nella società dell’incertezza, i ragazzi spesso non trovano».
Il fenomeno in numeri
30% Gli adolescenti che hanno vissuto l’esperienza della fuga da casa. 7,8% I casi in cui la fuga dura solo una notte. 23,9% I casi in cui dura più di un giorno. 26,7% I ragazzi in fuga perché non vanno d’accordo con i genitori. 9,1% Gli adolescenti che scappano perché non si sentono liberi. 67,2% I ragazzi che decidono di tornare a casa spontaneamente.
Fonte: Eurispes