«È un primo passo importante, ma non basta». Dopo il via libera alla legge sulle unioni civili, la senatrice Monica Cirinnà ha annunciato l’intenzione del governo di rivedere le norme sulle adozioni. Non solo per permettere la stepchild adoption (la possibilità di riconoscere il figlio del partner), ma per migliorare un percorso che, oggi, è talmente pieno di ostacoli da far perdere la speranza a migliaia di aspiranti genitori: secondo i dati del Dipartimento per la giustiziona minorile, solo 1 coppia su 4 “ce la fa” e il numero delle famiglie disponibili ad accogliere un bambino è in sensibile calo. Vediamo perché.
QUANTI SONO I BAMBINI ADOTTATI E PERCHÉ SONO DIMINUITE LE RICHIESTE?
«Gli stranieri adottati nel nostro Paese nel 2014 sono stati 1.969, provenienti principalmente da Russia, Etiopia, Polonia, Brasile, Colombia, Cina» dice Paola Crestani, presidente del Ciai, il Centro italiano aiuti all’infanzia. «Gli italiani che hanno trovato una casa sono stati 1.072». Numeri “piccoli” in confronto alle richieste: nel 2014 circa 10.000 coppie hanno fatto domanda di adozione. «Ma erano il doppio 10 anni fa» dice l’esperta. «Andare all’estero costa e la crisi da noi si è fatta sentire. Di contro, la situazione economica in molti Paesi è migliorata, col risultato che spesso i minori sono ragazzi grandi o problematici che non tutti sono disponibili ad accogliere». Non solo. «In Italia ci sono 5.430.000 coppie coniugate senza figli: 70.000 si rivolgono alla fecondazione assistita e appena 9.000 portano a termine la gravidanza» dice Marco Griffini, presidente di Ai.Bi. Amici dei Bambini. «Possibile che le altre non vogliano diventare genitori? Più probabile che rinuncino ad affrontare il percorso adottivo, visto come una lunga e costosa via crucis».
QUALI SONO I TEMPI PER L’ADOZIONE E COME SI POTREBBE ACCORCIARLI?
«Le coppie sposate da 3 anni o che tra matrimonio e convivenza abbiano raggiunto questo periodo possono fare domanda di adozione al tribunale per i minorenni» spiega Paola Crestani, presidente del Ciai. «Quella nazionale è rinnovabile dopo 3 anni ma non sempre va in porto. Per l’internazionale si fa una richiesta di idoneità al tribunale, quindi ci si rivolge a uno dei circa 60 enti autorizzati per avviare le pratiche all’estero». Ricevuto l’ok del tribunale, l’attesa può durare anche 4 anni. «Non dipende da noi ma dal Paese scelto» dice Paola Crestani. «Per dimezzare i tempi bisognerebbe rendere perentori i termini per ricevere la dichiarazione di idoneità: oggi serve più di 1 anno, ma la legge parla di 6 mesi e mezzo».
QUANTO COSTA ADOTTARE E CHI AIUTA ECONOMICAMENTE LE FAMIGLIE?
«Per la nazionale le procedure sono a carico dello Stato» risponde Paola Crestani. «Per l’internazionale il costo è sulle spalle della coppia e arriva anche a 30.000 euro. La famiglia può detrarre il 50% delle spese ma non basta: fino al 2011 erano previsti altri rimborsi per viaggi e pratiche, sarebbe utile rinnovarli». Marco Griffini di Ai.Bi. suggerisce di snellire le procedure ed eliminare il passaggio in tribunale: «Siamo l’unico Paese europeo a farlo, è inutile e costoso. La famiglia non va selezionata da un giudice ma accompagnata al percorso adottivo dai servizi sociali e dagli enti autorizzati».
COME MAI NON FUNZIONA LA BANCA DATI NAZIONALE DEI MINORI ADOTTABILI?
«Solo 8 tribunali su 29 sono informatizzati» dice il presidente di Ai.Bi. «L’inadempienza dura da 15 anni con il risultato che se a Palermo c’è una bambina 12enne dichiarata adottabile e nessuna famiglia disponibile, la coppia di Milano che avrebbe accolto quella piccola non sa che esiste. Se la banca dati fosse operativa, si potrebbero incrociare aspiranti genitori e minori di città diverse».
TUTTI I BAMBINI ITALIANI ADOTTABILI TROVANO UNA CASA?
«No, circa 350 su 1.400 non vengono adottati» dice Marco Griffini di Ai.Bi. «Ci sono poi i 19.245 minori tolti alla famiglia che vivono in comunità. Il sistema li fa restare per anni in assistenza piuttosto che affrontare un processo che tolga la patria potestà ai genitori. Per questo sarebbe utile introdurrre la figura dell’avvocato del minore, che curi il suo destino dal momento dell’allontanamento dalla famiglia». Aggiunge Paola Crestani del Ciai: «La legge prevede l’ascolto del bambino soltanto quando ha più di 12 anni. Secondo noi deve essere sentito sempre. E va rivisto anche l’affido, che coinvolge 15.000 piccoli e spesso è sine die. Dovrebbe essere una forma temporanea di protezione, durare 2 anni con un solo rinnovo, e poi si deve passare all’adozione».
COSA CAMBIERÀ CON LA RIFORMA DELLA LEGGE?
«Il governo è al lavoro, ma è presto per sapere le modifiche» dice Marco Griffini. «Aprire ai single e ai genitori con età superiore ai limiti stabiliti dalla legge agevolerebbe l’adozione dei minori con bisogni speciali». Oggi la differenza minima tra figlio e genitore deve essere di 18 anni, la massima di 45 anni per uno dei coniugi, di 55 per l’altro. «La nuova legge dovrebbe migliorare i controlli degli enti autorizzati» dice Paola Crestani «e garantire il funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali, che fa capo alla presidenza del Consiglio e non si riunisce dal giugno del 2014». Per Marco Griffini si potrebbe «affidare questa commissione al ministero degli Affari esteri, così da favorire i rapporti bilaterali con gli altri Paesi e aumentare le possibilità di accoglienza».