Si chiama “affido esclusivo rafforzato”, noto anche come super affido esclusivo ed è una misura estrema nelle cause per la gestione dei figli, dopo separazioni o divorzi. Di recente la Cassazione è intervenuta con una sentenza (N. 29999) nel caso di una contesa tra madre e padre, ma con i figli che avevano chiesto di stare proprio con quest’ultimo, senza che il genitore li avesse influenzati. Secondo i giudici, infatti, la donna aveva rinunciato alla propria funzione educativa, arrivando ad “autodistruggere” la sua figura e portando i figli ad allontanarsi da lei. Una situazione che spesso capita anche a parti inverse. Ecco quando può accadere che il giudice decida di estromettere pressoché totalmente uno dei due genitori dalla vita dei figli.
Il caso
Nel caso specifico, secondo quanto scritto dai supremi giudici, la madre avrebbe di fatto abdicato al proprio ruolo spingendo i figli a “preferire” di stare col padre, senza che l’uomo avesse fatto nulla per influenzarli. La Cassazione, quindi, ha riconosciuto l’esigenza di un affidamento super esclusivo al padre, che così può decidere della vita dei figli senza consultare l’ex moglie o anche contro la sua volontà. La donna, quindi, è estromessa da qualunque scelta che riguarda i minori. Ma non solo: la madre può vedere i figli solo se questi lo desiderano o sono d’accordo.
Quando scatta l’affidamento super esclusivo
Si tratta dunque di un provvedimento “estremo”, che spesso si rende necessario quando, come nel caso specifico, nel nucleo familiare i rapporti tra i coniugi generano sentimenti negativi come «rabbia, criticismo, sfiducia, paura». Ma non è l’unico caso: «Questo tipo di provvedimento c’è sempre stato e rappresenta la terza possibilità. La prima è l’affidamento congiunto, che è la regola; il secondo è l’affido esclusivo, che rappresenta una deroga. Il super esclusivo, invece, si ha nei casi nei quali c’è un totale disinteresse da parte di uno dei due genitori rispetto al figlio: capita quando il genitore lo dice apertamente e se ne va, oppure se si allontana logisticamente e non dà più notizie di sé o recapiti» spiega l’avvocato Lorenzo Puglisi, fondatore dell’associazione Family Legal. «Per esperienza, succede spesso con le coppie miste, quando uno dei due genitori straniero decide di disinteressarsi dei figli. In questi casi è oggettiva l’impossibilità di gestire un bambino di comune accordo».
Non si perde la potestà genitoriale
Il provvedimento, comunque, non priva l’altro genitore della potestà genitoriale. «Questa può venire meno solo se, eventualmente, si facesse rischista specifica al Tribunale dei minori, ma si tratta di un caso differente» spiega Puglisi. Qui a cambiare è la modalità con la quale si esercita la potestà, che in pratica è ridotta: «Rimane una responsabilità genitoriale parziale, per cui il genitore che la detiene non ha poteri di intervento sulla vita quotidiana del figlio. Per fare un esempio concreto, se una mamma vuole trasferirsi in un’altra città col bambino per motivi di lavoro, in caso di affido congiunto o esclusivo non può farlo senza chiedere l’assenso all’altro genitore, anche solo per potergli permettere di vedere il figlio. Vanno sempre garantite alcune attenzioni nei confronti dell’altro genitore, come le autorizzazioni per interventi chirurgici o altre circostanze di straordinaria amministrazione. Con l’affidamento esclusivo rafforzato, invece, si può decidere autonomamente. Al genitore non affidatario resta comunque la possibilità di rivolgersi al giudice contro la scelta, se ritiene che questa sia in conflitto con i diritti del minore. Quindi, la potestà genitoriale non può essere esercitata in maniera attiva, semplicemente opponendosi, ma in maniera passiva, cioè rivolgendosi al Tribunale» chiarisce l’esperto.
Come cambiano visite e assegno di mantenimento
A cambiare, dunque, sono anche le visite. Nel caso recente su cui è intervenuta la Cassazione, la madre non solo non può “imporle” ai figli, ma deve accettare che avvengano solo se i minori sono a loro volta d’accordo. La madre si è vista respingere anche il ricorso presentato da lei contro l’obbligo di versare l’assegno di mantenimento (di 800 euro) per le esigenze dei figli. «Questo resta un dovere anche nell’affido super esclusivo perché è un onere legato alla filiazione biologica: nel momento in cui metto al mondo un figlio ho il dovere di mantenerlo, anche per evitare iniquità nei confronti dell’altro genitore: non sarebbe giusto che i costi spettassero solo a lui» precisa Puglisi.
Succede di più alle madri o ai padri?
La domanda non ha una risposta così ovvia, dal momento che negli anni la società è cambiata e il diritto di famiglia si è “adeguato”. Il ricorso all’affido esclusivo non è più così diffuso. Ci sono Tribunali, come ad esempio Milano capofila da questo punto di vista, dove nella maggior parte dei casi di separazioni o divorzi si ricorre all’affido condiviso: non è neppure previsto il mantenimento dei figli tramite un assegno all’ex coniuge o compagno, ma un mantenimento diretto: ciascun genitore provvede ai bisogni di figli per il periodo in cui gli sono affidati o per i giorni nei quali vivono insieme. Anche a Genova l’orientamento è identico». Ma allora quando si ricorre all’affidamento esclusivo o, persino, super esclusivo? E soprattutto sono più i padri o le madri a ottenerlo? «Per mia esperienza sono in crescita le mamme che “subiscono” l’affido esclusivo rafforzato in favore dei padri, ma le percentuali dicono che nella maggior parte dei casi i provvedimenti sono adottati ancora a favore delle donne» risponde Puglisi.
Affido e collocamento
Quanto alla tendenza nei normali casi di separazione e affido dei figli, l’esperto chiarisce: «Attenzione a non confondere affido e collocamento. Nel primo caso si regolano i poteri esercitabili dai genitori per le scelte di vita comuni, come la scuola, la salute e in generale la crescita. Il collocamento, invece, riguarda solo la residenza anagrafica, quindi il luogo fisico dove il minore trascorre la maggior parte del tempo, che spesso varia di poco tra madre e padre – premette Puglisi – Quanto agli affidi, è un tema delicatissimo, che esula dagli aspetti esclusivamente giuridici. Di fatto molte attività che fino a 10 anni fa erano di appannaggio materno, oggi sono delegate ai padri: accompagnare a scuola i figli, portarli a sport o catechismo, o seguirli nei compiti. La gestione dei minori oggi è cambiata, ma si vedono sempre più spesso madri che vivono questa situazione con forti sensi di colpa. Da un lato sono attratte dal cambiamento, ma dall’altro pesano ancora retaggi sociali e culturali del passato» conclude l’esperto di diritto di famiglia.