In Senato è stato approvato il disegno di legge sulla tutela della sicurezza di medici e infermieri. Un provvedimento invocato da tempo, che però affronta solo un’emergenza nell’emergenza più complessiva della nostra sanità.
Aggressioni contro operatori sanitari: la cronaca
La cronaca, da anni, racconta quasi quotidianamente storie di minacce, intimidazioni e violenze su dottori e infermieri aggrediti nei luoghi di lavoro per le ragioni più disparate e spesso per motivi da niente, esposti a rischi, troppe volte senza alcuna difesa. Paola Labriola aveva anni 53, un marito, due figli. Era una psichiatra di Bari. La mattina del 4 settembre 2013 venne uccisa da un paziente, con decine di coltellate, all’interno del Centro di salute mentale del quartiere Libertà. Serafina S, una combattiva dottoressa siciliana di 52 anni, il 19 settembre 2017 fu assalita mentre era in servizio alla guardia medica di Trecastagni (Catania), tenuta in ostaggio per ore e violentata da un giovane assistito. L’ultimo caso finora registrato è avvenuto a Napoli la notte di Capodanno: un petardo è stato lanciato contro un’ambulanza mentre l’équipe del 118 apriva il portellone.
Statistiche precise pare non esistano. Ma la richiesta di interventi e di sostegno è forte e chiara, e viene rilanciata dopo ogni episodio negativo.
Pene più severe nel disegno di legge ora al Senato
Lo Stato finalmente risponde, con i tempi lungi della macchina legislativa. In Parlamento c’è in trattazione un disegno di legge di iniziativa governativa, un provvedimento invocato dagli stessi operatori del settore per alzare il livello di sicurezza e punire più severamente chi commette reati specifici. Mercoledì 25 settembre 2019 il Senato lo ha approvato all’unanimità. La palla passerà a breve alla Camera, per l’esame e per la votazione finale.
Il disegno di legge ripristina e disciplina l’Osservatorio permanente per la garanzia della sicurezza e per la prevenzione degli episodi di violenza ai danni di tutti gli operatori sanitari, istituito dall’ex ministro Beatrice Lorenzin il 13 marzo 2018. Inoltre modifica il codice penale. Inasprisce le pene – alzando il tetto massimo a 16 anni – per le “lesioni personali gravi o gravissime cagionate a personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria o a incaricati di pubblico servizio”. E introduce una nuova aggravante, da applicare quando un reato viene “commesso con violenza o minaccia in danno degli esercenti le professioni sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”.
L’anti-scienza alla base della rabbia
Perché le aggressioni in ospedali e ambulatori si susseguono? Che cosa c’è dietro gli scoppi incontrollati di ira e rabbia? Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurgi e degli odontoiatri, prova a rispondere nella lettera-appello inviata al ministro della Salute, Roberto Speranza. “Le aggressioni al personale sanitario – scrive nella missiva e ribadisce, al telefono – sono un fenomeno che affonda le radici in molteplici fattori, frutto di una sottocultura che ha rimosso i concetti di fallibilità, di malattia e di morte e che non riconosce più i ruoli e le competenze. Dai medici ci si aspettano o addirittura si pretendono risultati miracolistici, quelli che umanamente e scientificamente non sono raggiungibili. E quando succede l’imponderabile – sostiene – le persone con meno autocontrollo e meno freni scattano e hanno reazioni pesanti e inaccettabili”.
Lacune e disservizi scatenano la violenza
Ma questo è solo un aspetto del problema. I malati e i loro parenti finiscono per scontare le lacune e le criticità di un sistema al collasso. «Quale persona sofferente non sarebbe esasperata, e caricata a molla, dopo dodici ore di coda al pronto soccorso? Come si deve sentire uno straniero che sta male, parla poco o nulla l’italiano e non trova nessuno che lo capisca? E con chi se la deve prendere una madre che perde un figlio al secondo o al terzo viaggio a vuoto in ospedale?” ribadisce il rappresentante dei medici. “La riduzione delle risorse, la carenza di medici, il blocco del turn over, gli eccessivi tempi di attesa, le strutture inadeguate e il sovraffollamento – elenca – sono tutti elementi che possono innescare reazioni di rabbia, a volte incontrollate e violente. Frustrazione e scoraggiamento si trasformano facilmente in una ricerca del capro espiatorio. E ad andarci di mezzo è in genere il collega in prima linea, la persona che ci si trova di fronte”. Naturalmente tra pazienti e accompagnatori si trovano pure soggetti aggressivi e arroganti, senza alcuna giustificazione, oppure alterati da alcol e droghe o disturbi mentali.
La violenza compromette le cure
Un altro aspetto va considerato. Chi deve lavorare in condizioni di minaccia e di stress non può garantire uno standard elevato alle cure. “La violenza è indice della vulnerabilità del sistema e deteriora non solo le condizioni di lavoro dei medici e degli altri operatori, ma anche la qualità delle prestazioni e delle cure” prosegue il dottor Anelli. “Sul sistema sanitario ricade l’obbligo di tutelare sia gli assistiti presi in carico, sia il personale. Però ci sono anche responsabilità e doveri a monte, in capo a chi ci governa e amministra. L’approvazione del ddl al Senato, giunta dopo quasi un anno, è un buon inizio e un primo passo. Bisogna andare avanti e su più fronti, affrontando le problematiche nella loro complessità e non in superficie. Un ospedale non è un’entità astratta, avulsa dal contesto sociale. È immerso e risente della realtà locale in cui si trova. In questo contesto – prosegue – il tema della sicurezza dovrebbe rivestire una particolare importanza per tutti. Il nostro impegno c’è ed è forte. Stiamo investendo molto nei percorsi formativi, con il contributo di esperti e professionisti di altri settori. L’obbiettivo comune dovrebbe essere quello di dare gli attori del sistema gli strumenti necessari per prevenire le situazioni di rischio ed essere in grado di affrontarle, se si va oltre”.
Ambulatori e guardia medica devono essere più sicuri
Gli operatori sanitari, attraverso Anelli, chiedono al neoministro Speranza di essere ricevuti e ascoltati. E sollecitano una serie di interventi immediati, in attesa dell’approvazione e dell’entrata in vigore del dd sulla sicurezza. “Bisognerebbe riattivare subito l’Osservatorio permanente per la garanzia della sicurezza e per la prevenzione degli episodi di violenza ai danni di tutti gli operatori sanitari previsto anche dalla nuova legge”. E, ancora: “Più che utile sarebbe individuare i requisiti di sicurezza che le strutture ospedaliere, gli ambulatori e le sedi di guardia medica dovrebbero avere, attraverso un confronto con le associazioni sindacali di categoria e con la Sisac, la Struttura interregionale sanitari convenzionati”.
Più investimenti, più sicurezza per tutti
Il provvedimento antiviolenza tanto atteso affronta un’emergenza nell’emergenza più complessiva della nostra sanità. “Restano in piedi una serie di priorità, in attesa del varo definitivo della legge” dicono i sindacalisti della Cgil Funzione pubblica. “Occorre prevedere più occupazione in sanità, attraverso l’adozione di un piano straordinario per il reclutamento del personale, così come è urgente dedicare più risorse al servizio sanitario nazionale, la sola via per garantire migliori prestazioni ai cittadini”.