«Operare nel sociale significa scontrarsi ogni giorno con vicende che hanno un impatto emotivo molto forte». E di emozioni forti Agnese Ciulla, operatrice sociale, facilitatrice territoriale, formatrice e consulente, madre di 2 figli di 19 e 13 anni, ne ha provate moltissime. Soprattutto tra il 2012 e il 2017, quando è stata assessora («con la “a”») alla Cittadinanza sociale del Comune di Palermo nella giunta di Leoluca Orlando. Quegli anni sono al centro di un libro appena uscito, La grande madre (Sperling & Kupfer), e di un film su Rai1, il 10 marzo 2020, “Tutto il giorno davanti”.
Il libro inizia il 2 maggio 2014, il giorno dello sbarco a Palermo di 358 migranti. Agnese si deve occupare dei minori non accompagnati, ragazzi che hanno perso mamma e papà o che gli stessi genitori hanno affidato alle mani del destino. Da quel momento la sua vita è stata un susseguirsi di soddisfazioni, dolori, battaglie appassionanti. Fino a diventare tutrice legale di 900 bambini e ragazzi migranti («in realtà sono stati 1.200 perché c’erano anche le tutele di quelli palermitani») e a meritarsi il soprannome di “grande madre”. Un lavoro enorme, grazie al quale nell’aprile 2017 è stata approvata la legge 47, che sancisce il rispetto dei diritti dei minori stranieri non accompagnati al pari di quelli dei minori di cittadinanza italiana e dell’Unione Europea.
Una vita di impegno
«Il desiderio di impegnarmi è nato quando ero alle superiori, nel 1990, gli anni delle rivolte studentesche». Poi c’è stata l’esperienza con Arci Ragazzi «in cui quella “forza” è stata canalizzata. Da allora mi batto per i diritti dei bambini e delle bambine». Negli anni ʼ90, nel quartiere Brancaccio, Agnese insegnava loro a giocare, «convinta che attraverso il gioco si potesse anche trasmettere altro» per allontanarli dal crimine e dalla mafia. «Il lavoro nero e i percorsi di illegalità erano fortemente presenti nella vita di quei piccoli. E combattevo anche certi pregiudizi per fare in modo che le femmine potessero continuare a studiare dopo la terza media». La chiamata di Orlando è stata la svolta. Un impegno faticoso, a volte difficile, ma importante. Che però, tiene a dirlo, non ha affrontato da sola: «Da soli non si va da nessuna parte, e qui non ci sono eroi». Nel libro Agnese ricorda il primo sbarco che «non si scorda mai, e io non potrò mai dimenticare Djibrill e il suo sorriso contagioso, Chisom e la sua pazienza silenziosa, Afua con le sue treccine» scrive. Poi ci sono i ragazzi di cui si è presa cura: come Bandiougou Diawara, 17 anni, che dal Mali è arrivato su un barcone, ha vinto una borsa di studio per un collegio importante e ora ha davanti un futuro da cittadino del mondo; oppure Said, arrivato in pessime condizioni di salute e operato con successo. Ma non mancano i ragazzi “perduti” come Joy vittima della tratta degli schiavi. E poi ci sono stati i momenti di difficoltà personale: «Nel 2015 mi hanno dato la scorta. Mi è stata assegnata dal comitato per l’ordine e la sicurezza presso la Prefettura dopo che si erano verificati continue occupazioni, tentate aggressioni da parte dei cittadini per motivi legati a emergenza abitativa, mancanza di lavoro e situazioni di disagio».
Sempre dalla parte dei ragazzi
«Chi vuole può volare e andare in tutto il mondo». Questo è il motto di Agnese, oggi. Perché, spiega, «il progetto di vita dovrebbe essere una libera scelta di tutti. Abbiamo cercato di integrare il flusso migratorio nella vita dei palermitani, non come un’emergenza da tamponare, ma come un’opportunità di sviluppo». Perciò è stato istituito un albo per i tutori legali: «Un tutore che ha 1.200 tutele non è un buon tutore. Io non lo ero: a me arrivavano i casi più complessi che riguardavano i piccoli migranti, ma anche quelli di tantissimi bambini palermitani con situazioni difficili alle spalle». Oggi i tutori a Palermo sono circa 50, tutti volontari. «Creano un gancio fra i ragazzi e la comunità. Legami che restano, e che sono utili anche per dare una visione diversa di ciò che è la migrazione». Dei tanti ragazzi che ha salvato qualcuno lo incontra ancora in giro per la città: studiano e lavorano, hanno trovato la loro strada. Lei, finito il mandato come assessora, oggi si occupa di assistenza alle persone senza dimora in tutta Italia. «Da Biella a Ragusa ho incontrato e continuo a incontrare un’Italia a cui non siamo abituati: persone che credono nell’integrazione e desiderano scrollarsi di dosso vecchi pregiudizi». Per tutti, comunque, Agnese Ciulla rimane la “grande madre”. Un soprannome che sta per l’archetipo femminile che dà la vita, protegge e nutre. «Ma per me» dice «la grande madre è Palermo: una città che vive la complessità, accoglie ed è attenta. C’è una stradina, nella parte bassa di via Maqueda, vicino alla stazione centrale, dove, se ti siedi su una panchina, in 10 minuti ti passa davanti il mondo: dai norvegesi ai bengalesi, dagli africani agli americani, dai tedeschi ai cinesi. È un mondo che si muove. Ecco: basta vedere questo per capire che i flussi migratori sono un arricchimento».
Scritto a 4 a mani da Agnese Ciulla e Alessandra Turrisi, La grande madre (Sperling & Kupfer) racconta l’esperienza
di Agnese come assessora alla Cittadinanza sociale di Palermo, durante il periodo degli sbarchi a partire da maggio 2014. Narra gli incontri con Joy, Bandiougou, le ragazze vittime della tratta degli schiavi e tutti i minori non accompagnati di cui è diventata tutrice legale.