Pistacchi turchi e mandorle americane? “No grazie”. Petti e cosce di pollo importati da Polonia e Ungheria? “Meglio lasciarli fuori menu”. Cozze spagnole? “Stare alle larga”. Anche quest’anno – come ormai consuetudine – Coldiretti ha apparecchiato la tavola con i cibi più pericolosi circolati in Italia nei primi nove mesi dell’anno. L’occasione è stato il recente Forum internazionale sull’agroalimentare che si è tenuto a Cernobbio.
Un allarme alimentare al giorno
La scelta è caduta sugli alimenti e sui prodotti più segnalati dal Sistema europeo di allerta rapido Rasff, lo strumento che consente di segnalare in tempi stretti i rischi diretti o indiretti connessi al consumo di alimenti pericolosi per la salute pubblica (e anche di mangimi e materiali a contatto con prodotti alimentari) e di adottare misure di prevenzione e di sicurezza. Un allarme al giorno, in sintesi. “Sul totale di 281 notifiche – ecco i dati spiccioli – 124 provenivano da altri Paesi dell’Unione Europea (44 per cento) e 108 da Paesi extracomunitari (39 per cento). In altre parole – precisa la Coldiretti – oltre 4 su 5 prodotti pericolosi per la salute sono risultati in arrivo da oltre confine (83 per cento)”.
Cibi: da dove arrivano le insidie
I potenziali pericoli maggiori per l’Italia – racconta l’analisi dei dati – sono stati correlati al pesce spagnolo (in particolare tonno e pesce spada, con alto contenuto di mercurio) e al pesce francese (sgombro in primis, per l’infestazione del parassita Anisakis).
Ma sul podio del rischio sono finiti anche materiali entrati in contatto con gli alimenti (i moca), per i quali si è riscontrata la cessione di sostanze pericolose per la salute del consumatore (cromo, nichel, manganese, formaldeide ecc.). Il bollino nero in questo caso va alla Cina e non è una novità.
Nella black list alimentare figurano poi i pistacchi dalla Turchia e le arachidi dall’Egitto per l’elevato contenuto di aflatossine cancerogene, presenti anche nei pistacchi dagli Stati Uniti. E compaiono pure le carni avicole polacche e ungheresi, contaminate dalla Salmonella enterica.
La black list dei cibi più pericolosi
Pesce dalla Spagna (37 allerte), principalmente per mercurio (31)
Pesce dalla Francia (19 segnalazioni), principalmente per Anisakis (17)
Materiali a contatto con alimenti dalla Cina, soprattutto per cessione di metalli (18)
Pistacchi dalla Turchia, per aflatossine (11)
Arachidi dall’Egitto per aflatossine (9)
Cozze dalla Spagna (7), principalmente per Escherichia coli (4)
Carni avicole dalla Polonia, per Salmonella (6)
Pistacchi dagli Usa, per aflatossine (6)
Carni avicole dall’Ungheria, per Salmonella (6)
Mandorle dagli Usa per aflatossine (4 notigiche)
Come riconoscere la provenienza dei cibi
Ma come riconoscere la provenienza di un cibo? Rispondono gli esperti della stessa Coldiretti. Per alcuni prodotti c’è l’obbligo dell’etichetta parlante (su scala europea oppure “solo” in Italia), per altri cibi ancora no. Il consiglio è di leggere bene le informazioni scritte su involucri e confezioni. E bisogna scegliere supermercati e negozi che danno garanzie, affidabili. Nei negli empori etnici, inoltre, occorre prestare particolare attenzione alle merci in vendita, in particolare ai cibi sfusi e al pesce surgelato. L’origine del prodotto va indicata, in tutta Europa, per carne bovina e carni avicole, pesce, uova, latte, olio extravergine, miele, frutta e verdura.
In Italia vige l’obbligo di scrivere la provenienza anche di pasta e riso, derivati del pomodoro (salse, pezzettoni, pelati…) e formaggi. Se non c’è, su scatole e barattoli, significa in genere che il prodotto arriva dall’estero. Con la frutta secca – presente più volte nella black list – le cose sono un po’ più complicate. Per i pezzi con il guscio, spiegano gli addetti ai lavori, la provenienza deve essere segnalata al consumatore. Per i prodotti sgusciati – noci, mandorle, noccioline – la Ue dice che c’è lo stesso adempimento. Ma spesso e volentieri in commercio circolano prodotti “anonimi”, senza connotazione geografica.
Attenzione ai prodotti d’importazione
Sul podio in negativo, quello degli Stati da cui abbiamo importato il maggiore numero di prodotti di pessima qualità, svetta la Spagna con 54 segnalazioni (riguardanti principalmente la presenza di mercurio nel pesce). Seguono la Cina (con 28 allerte, soprattutto per migrazione di metalli nei materiali a contatto con alimenti) e la Turchia (con 22 avvisi, principalmente per aflatossine nella frutta in guscio).
“E questo accade – sottolinea la Coldiretti – anche se Cina e la Turchia rappresentano rispettivamente appena il 2 per cento e l’1 per cento del valore delle importazioni agroalimentari in Italia, mentre la Spagna è intorno al 10 per cento”.
La top dei ten dei Paesi da tenere d’occhio
Spagna (54 notifiche di prodotti contaminati)
Cina (28)
Turchia (22)
Francia (21)
Usa (13)
Polonia (11)
Egitto (9)
Argentina (7)
Brasile (6)
Ungheria (6)
“Il Made in Italy è una garanzia”
Dalle statistiche, mette in rilievo la Coldiretti, “sono evidenti le maggiori garanzie di sicurezza dei prodotti nazionali, mentre i pericoli vengono soprattutto dalle importazioni. Sugli alimenti importati, stando all’ultimo report del ministero della Salute, è stata individuata una presenza irregolare di residui chimici più che doppia rispetto a quelli Made in Italy. I pericoli si moltiplicano per gli ortaggi stranieri, quasi cinque volte più insidiosi di quelli nazionali. Su circa 11.500 i campioni di alimenti analizzati per verificare la presenza di residui di prodotti fitosanitari (ortofrutta, cereali, olio, vino, baby food e altri prodotti) appena lo 0,9 per cento di quelli nazionali è risultato irregolare.
Se si evidenzia il primato del Made in Italy nella sicurezza alimentare a livello internazionale ed europeo, dove la media delle irregolarità è del 2,5 per cento, a far riflettere è invece la presenza sul territorio nazionale di alimenti di importazione con elevati livelli di residui. In caso di allarme alimentare, in questo contesto, le maggiori preoccupazioni sono proprio determinate dalla difficoltà di rintracciare rapidamente i prodotti a rischio per toglierli dal commercio. Si genere un calo di fiducia, che provoca un taglio generalizzato dei consumi e che spesso ha messo in difficoltà ingiustamente interi comparti economici, con la perdita di posti di lavoro”.
Le battaglie politiche di Coldiretti
La potente associazione di coltivatori diretti, forte dei dati diffusi al Forum, torna alla carica e fa pressing sul nuovo governo. “L’esperienza di questi anni – sottolinea il presidente, Ettore Prandini – dimostra l’importanza di una informazione corretta. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine nazionale dei prodotti va a esteso a tutti gli alimenti. E va tolto il segreto sui flussi commerciali, con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero, per consentire interventi mirati in situazioni di emergenza. Una preoccupazione viene anche per l’elevato numero di allarmi alimentari che riguardano Paesi come l’Argentina ed il Brasile, facenti parte del gruppo dei Mercosur (il mercato comune dell’America Latina), con i quali l’Unione Europea ha siglato accordi di libero scambio per agevolare proprio le importazioni di riso, agrumi e carne. L’Italia – conclude il numero uno di Coldiretti – non deve ratificare queste intese”.
Le ultimissime segnalazioni
Il sito ilfattoalimentare.it tiene monitorato il portale del Sistema di allerta (rintracciabile online usando un comune motore di ricerca o passando dal sito nel ministero della Salute, salute.gov.it). Le ultime segnalazioni rilanciate, quelle oggetto del massimo livello di attenzione e di intervento, sono 5: alto numero di Escherichia coli in vongole vive (Venus gallina) dall’Italia; presenza di acido okadaico e tossine (Dsp – Diarrhetic shellfish poisoning) in due lotti di cozze vive (Mytilus galloprovincialis) dall’Italia; piombo in purea di frutti della passione, congelata, dalla Francia; cadmio in astice americano (Homarus americanus), vivo, dagli Stati Uniti.
Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia, alimenti che non richiedono misure urgenti, compaiono: istamina in sgombro (Scomber Scombrus) refrigerato, dalla Francia; residui di medicine veterinarie (sulfadiazina) superiori ai limiti in pesce tilapia (Oreochromis niloticus) congelato importato dalla Cina; mercurio in orata (Pagrus pagrus) refrigerata, dal Marocco; lesioni istologiche dovute al congelamento, in filetti di pesce persico del Nilo (Lates niloticus) refrigerati, dalla Tanzania; Listeria monocytogenes in cozze (Mytilus galloprovincialis) precotte e congelate, dalla Spagna; scarsi dati di tracciabilità per ali di pollo e cosce halal congelate, dal Belgio con materie prime provenienti dai Paesi Bassi.
Tra i lotti respinti alle frontiere, segnalati ai partner europei, l’Italia evidenzia: migrazione di nichel da due partite di griglie e vaschette per forno, dalla Turchia; sostanza non autorizzata (fenthion) in arance dall’Uruguay; migrazione di cromo da forchette da dolce in acciaio, dalla Cina; additivo (E 251 – nitrato di sodio) non autorizzato in salsicce aromatizzate, provenienti dalla Spagna.