L’allergia alla nocciola è tra le più diffuse, insieme ad altre scatenate – in generale – dalla frutta secca e interessa molti bambini e giovani. Ma da oggi c’è una novità che potrebbe semplificare le diagnosi. Secondo uno studio, condotto dal servizio di Allergologia pediatrica dell’ospedale infantile Regina Margherita di Torino, la causa principale delle reazioni allergiche risiede in una proteina, l’oleosina, appena isolata dagli esperti piemontesi. Si tratta di una scoperta importante, dal momento che le nocciole sono contenute in molti alimenti sotto forma di creme spalmabili, biscotti e altri dolciumi.

Cosa scatena l’allergia alla nocciola?

Come spiega lo studio, pubblicato su Pediatric Allergy and Immunology, giornale ufficiale dell’Accademia Europea di Allergia e Immunologia Clinica, l’oleosina è l’unico responsabile dei sintomi allergici. La proteina è stata isolata grazie all’analisi del genoma del nocciolo, condotta dai genetisti e dai biotecnologi vegetali del Dipartimento di Scienze Agrarie Forestali e Alimentari dell’Università di Torino e dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del Cnr.

Perché è importante isolare un allergene?

Perché permette di fare diagnosi più raffinate. Spiega Gianluigi Marseglia, presidente della Società Italiana di Allergologia e Immunologia pediatrica (SIAIP): «La tecnica che usiamo è la diagnostica molecolare che utilizza metodologie innovative. In pratica ci permette di “entrare nel cuore” degli alimenti e analizzarne la struttura molecolare per identificare, tra le numerosissime sostanze che vi si trovano dentro, quella che è realmente causa della reazione allergica».

Si potrà creare un vaccino?

«Da oggi abbiamo un’arma in più: di fronte a un bambino che ha reazioni allergiche, grazie a questa tecnologia possiamo individuare più rapidamente a cosa è più allergico, nello specifico» prosegue l’esperto. Ma l’utilità non si ferma qui: «La possibilità di identificare in modo più analitico la sostanza allergene ha valenza sia da un punto di vista diagnostico, nell’immediato, sia per le possibilità future – spiega Marseglia – La prima riguarda la possibilità di mettere a punto un vaccino specifico verso una determinata sostanza, cioè la più rilevante nello scatenare la reazione allergica; la seconda, che può sembrare ipotetica ma non è così impossibile, riguarda il fatto di poter modificare geneticamente l’alimento e in questo caso le nocciole, creandone di transgeniche che non contengano l’allergene primario».

Nel frattempo, cosa si può fare in caso di esito positivo a un test allergologico? «Ad oggi la prima terapia allergologica è l’evitamento dell’ingrediente responsabile della reazione: vale per qualsiasi alimento, come le nocciole o le fragole».

Perché la nocciola dà tanta allergia?

Secondo il Registro Europeo dell’anafilassi, che raccoglie i dati di bambini e adolescenti di 10 Paesi europei compresa l’Italia, la nocciola è il secondo alimento causa di reazioni allergiche severe nei bambini in età scolare, alle spalle solo delle arachidi. Rimane in terzo ingrediente più “temuto” in età prescolare. Le reazioni allergiche possono andare dal semplice prurito o bruciore orale nel momento in cui viene ingerita, fino a quelle più severe, potenzialmente letali. Perché la frutta secca è così allergizzante? «Per il semplice fatto che se ne fa un largo uso: le nocciole, nel caso specifico, sono considerate un allergene nascosto, perché oltre a mangiarle al naturale si trovano nella preparazione di numerosi altri cibi, specie dolciumi, dalla cioccolata alle creme spalmabili, ecc. Lo stesso vale per le arachidi in particolare negli Usa, dove si consumano anche olio o burro a base di questo frutto. L’utilizzo massivo aumenta il rischio che il sistema immunitario possa deviare dal normale comportamento» spiega il Presidente di SIAIP. Secondo uno studio EuroPrevall, la nocciola è l’ingrediente che più causa reazioni allergiche nella popolazione studiata, pari a circa 890mila persone sul totale di 446 milioni di abitanti dell’Europa. Di questi, 20mila sono bambini e adolescenti solo in Italia, che è il secondo produttore mondiale dopo la Turchia. Intanto, l’oleisina è già stata depositata nell’apposita banca degli allergeni dell’Organizzazione mondiale della sanità.