Il 10 ottobre ricorre la Giornata mondiale della salute mentale, sostenuta dalla Nazioni Unite. Tra le malattie più comuni, la demenza, di cui l’Alzheimer rappresenta il 65 per cento dei casi e che vede le donne più a rischio di ammalarsi degli uomini, e con un aggravamento più veloce.
In questa giornata Onda, l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna, offre servizi gratuiti clinico-diagnostici e informativi a tutte le donne: visite psichiatriche, counselling psicologico, test di valutazione del rischio di depressione, info point.
La demenza è legata all’invecchiamento della popolazione a livello mondiale. E l’Italia è coinvolta in prima linea perché entro il 2050 sarà il terzo Paese più anziano del mondo, dopo Giappone e Spagna: oggi gli ultra 65enni sono 38 ogni 100 persone, nel 2050 saranno 74, quasi il doppio.
La demenza nel mondo
Oggi nel mondo le persone affette da demenza sono 47.5 milioni. Di questi, hanno l’Alzheimer circa il 65 per cento. Ogni anno sono 9.9 milioni i nuovi casi di demenza in tutto il mondo. Un numero esorbitante, una sfida globale che tutti i governi sono chiamati ad affrontare con strategie politiche, sociali e sanitarie. Basti pensare che questo numero è destinato a raddoppiare ogni 20 anni. Nel 2050 le persone colpite da demenza saranno ben 131.5 milioni.
L’Alzheimer e le donne
In tutto il mondo le donne con demenza sono in quantità maggiore rispetto agli uomini: rappresentano il 65-70 per cento dei casi. Nel mondo, quindi, la demenza e l’Alzheimer sono “roba di donne”, e non solo per i numeri. «Le donne con diagnosi di Alzheimer presentano un declino cognitivo e funzionale più veloce degli uomini» spiega la dottoressa Maria Antonietta Volonté, responsabile dell’Unità Disturbi del Movimento al Dipartimento Neurologico dell’Ospedale San Raffaele di Milano. «Ma le donne sono in netta maggioranza anche tra le persone che si prendono cura del malato di demenza: il 75-80 per cento dei caregiver di tutto il mondo sono donne, che svolgono attività di cura sia in famiglia sia come assistenza domiciliare, assistenza in casa di riposo, ospedale e residenze per anziani».
Alzheimer: menopausa e terapia ormonale
In Italia sono un milione i casi di demenza, di cui circa 600 mila le persone con Alzheimer, in prevalenza donne. «L’età è uno dei fattori di rischio dell’Alzheimer. Nel caso delle donne, poi, fino alla menopausa gli estrogeni hanno un ruolo protettivo sui neuroni, che in seguito però cessa» spiega l’esperta. «I dati sulla terapia ormonale sostitutiva sono al momento contrastanti. Alcune ricerche indicherebbero che intraprendere una terapia ormonale poco dopo l’inizio della menopausa (entro 5 anni) riduce il rischio di ammalarsi di Alzheimer. Rischio che comunque resta in generale più alto nelle donne rispetto agli uomini fino agli 85 anni. Gli ultimi studi, poi, hanno individuato alcuni geni che provocherebbero nel sesso femminile maggior deficit di memoria e maggior atrofia cerebrale».
La terapia ormonale sembra avere un ruolo protettivo anche nel caso di intervento di asportazione delle ovaie prima della menopausa. «Queste donne hanno un rischio raddoppiato di sviluppare l’Alzheimer, che si azzera invece in quelle che hanno iniziato una terapia ormonale sostitutiva dopo l’intervento e la proseguono almeno fino all’età della menopausa naturale (circa 51 anni)» prosegue la dottoressa.
Alzheimer: istruzione e lavoro
Nuovi studi lasciano emergere altri fattori di rischio, che non hanno nulla in comune con gli ormoni o la genetica: anche l’educazione scolastica e l’accesso al lavoro sono legati alla malattia di Alzheimer. «Un basso livello di istruzione e l’assenza di un lavoro continuativo sono associati a un’aumentata incidenza e prevalenza dell’Alzheimer» spiega l’esperta. «Quindi permettere alle donne di mantenere un elevato grado di istruzione e studiare soluzioni che aiutino le donne a entrare nel mondo del lavoro, oltre ad avere ricadute positive su tutta l’economia di un Paese, ha anche effetti importanti e protettiivi sulla salute delle persone».
Alzheimer e solitudine
Le donne vivono più a lungo degli uomini. In genere, nella coppia chi sopravvive all’altro è la donna. Le vedove, insomma, sono più dei vedovi. In Italia (dati Istat del 2017) le vedove tra i 55 e i 75 anni sono 1.203.242, i vedovi 251.977. Sommando anche le nubili e le divorziate, le donne che vivono da sole sono 2.302.803, gli uomini poco più della metà: 1.258.277. «Una ricerca svolta in Gran Bretagna, per esempio, rivela che il 22 per cento delle donne tra i 65-74 anni sono vedove, contro il 9 per cento degli uomini, quindi meno della metà. Questo le espone alla solitudine, ovvero a un rischio maggiore di depressione e disturbi del tono dell’umore, che si traduce nel ritardo nella diagnosi di demenza o altre malattie a causa di un minor accesso alle cure».
Le donne rischiano quindi di ammalarsi di Alzheimer tre volte in più degli uomini: perché sono donne (geneticamente predisposte), perché vivono più a lungo e perché più di frequente restano sole.