Lasciare a casa i pazienti di Alzheimer (ovviamente parliamo di quelli gestibili) oppure coinvolgerli? Entro certi limiti, e a seconda dei casi, è possibile non rinunciare a una certa vita sociale.
Antonio, ad esempio, benché lei fosse da tempo malata di Alzheimer, voleva assolutamente che sua madre non mancasse al suo matrimonio.
«Non è un animale raro da tenere nascosto… Lo so che a volte è un po’ bizzarra, ma non vedo di cosa dovrei vergognarmi», disse a Daniela, la futura sposa. «Lei mi ha cresciuto da sola, fra mille sacrifici, e non voglio lasciarla a casa il giorno in cui mi sposo!»
Daniela si rese conto che Antonio aveva le sue ragioni, e si preparò ad affrontare l’imprevedibile comportamento di sua suocera…
In realtà tutto andò bene, almeno fino a quando Antonio non dovette allontanarsi da sua madre, per raggiungere Daniela all’altare.
«Che fai? Perché vai da quella?» gli domandò lei, trattenendolo per un braccio.
«Perché mi devo sposare», rispose lui, «lo sai…»
«Certo che lo so! E appunto dico: perché è venuta anche lei?»
«Ma come anche lei? È lei che sta per diventare mia moglie!»
Sua madre cominciò ad agitarsi. Tremava, e improvvisamente tutto fu chiaro: pensava di essere la sposa.
«Mamma, sii ragionevole, ti prego…» la supplicò Antonio, e chiese aiuto a suo fratello. Lui intervenne prontamente ma, quando vide che Antonio baciava Daniela sull’altare, l’anziana signora non resse più la tensione.
Forse nella sua mente quella scena si fuse con mille altre. Ricordi, fantasie, delusioni e slanci di passione si affollarono nella sua mente mandandola in fuorigiri. Cominciò a verbigerare, ripetendo in rapida successione alcune parole del tutto prive di nesso.
Il sacerdote cercò di far finta di niente ma dalla prima fila continuava a provenire quell’ostinato borbottio che, nei momenti di silenzio dell’assemblea, si faceva decisamente notare. Era la mamma dello Antonio che, con lo sguardo fisso verso di lui, ripeteva senza sosta: «Bello… bollo… bollo… bello…».
Qualcuno cominciava a imbarazzarsi, se non addirittura a spaventarsi, e quando la signora aggiunse al ritornello una nuova parola, e cominciò a ripetere: «Fallo… bollo… bello… fallo…» al prete sembrò davvero troppo, e affrontò la situazione apertamente. Interruppe la funzione e si rivolse con fermezza all’irriducibile suocera: «Ha proprio ragione signora, suo figlio si sposa, e questo è molto bello-bollo-bollo-bello: ma basta fallo!»
Come per magia, la signora si calmò. Si chiuse, anzi, in un silenzio impenetrabile. E solo quando Antonio e Daniela si scambiarono gli anelli e si baciarono, si sentì di nuovo la sua voce.
«Bollo!», protestò. E poi più nulla.
Lo scrittore Flavio Pagano ha cominciato a occuparsi di Alzheimer quando la malattia ha toccato la sua vita, colpendo la madre, esperienza da cui è nato il romanzo-verità Perdutamente (Giunti). Questa è la quarta storia di una serie, “Mai soli”, che vuol raccontare e ascoltare l’universo parallelo che è l’Alzheimer. L’universo di coloro che ne sono colpiti e di chi li assiste, perché curare vuol dire prima di tutto prendersi cura dell’altro.
Le altre storie:
1. Il giorno che mia madre non mi ha riconosciuto
2. L’istituto dove i pazienti si sentono a casa
3. Accanto a chi è malato fino all’ultimo respiro
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