Ricordate la domanda de I giardini di marzo: «Che anno è? Che ora è?».
Con la nonna di Mario, un ragazzino di 10 anni, va un po’ così. Solo che lei non domanda l’anno (troppo grande), né l’ora (troppo piccola), ma il giorno della settimana.
Al principio succedeva solo ogni tanto: «Che giorno è?», gridava dalla sua camera.
E di solito a rispondere era proprio Mario: «Giovedì!».
La domanda scaturiva dal fatto che la nonna diceva tutti i giorni il rosario, e per poter recitare i misteri le era indispensabile sapere che giorno fosse. Ma la cosa straordinaria era che il rosario se lo ricordava perfettamente, però si scordava di averlo detto. Così ricominciava ogni volta daccapo e la richiesta si moltiplicava all’infinito.
Stressato da quella domanda ossessiva, Mario decise di intervenire.
«Nonna» le annunciò, «guarda, ti metto un bel calendario sul tavolino, così tu puoi sapere sempre che giorno è, ok?».
«Sì!» esclamò lei. Ma una mezz’ora dopo, gridò: «Che giorno è?».
Mario lasciò i compiti e accorse: «Nonna, hai il calendario!».
«Quale calendario?» rispose lei.
«Quello!», sbuffò Mario.
«Lo vedo… Ma che ne so se è aggiornato? Devo essere sicura…».
Mario sospirò: «E va bene, te lo scrivo io su un biglietto e te lo metto in mano. Così non puoi dimenticartene, e sei sicura che è aggiornato…».
Ma neanche quel sistema funzionò, perché la nonna – pensando fossero cartacce – gettava via i bigliettini di Mario.
«Potremmo appenderle davanti un cartellone, firmato da tutti noi!» propose Mario, parlandone con sua madre.
«Sì, e autenticato dal notaio…» scherzò lei.
«Oppure potremmo darle un calendario elettronico, parlante… Anzi no, ho trovato!» saltò su Mario all’improvviso: «Diamole un interfono tipo quello per i neonati, così almeno la smetterà di urlare!».
L’interfono venne sistemato con la cura con cui si piazzano le trappole, e poi si attese con trepidazione che la nonna… ci finisse dentro.
A un certo punto, una voce tremula contornata di sibili e fischi, che sembrava quella delle comunicazioni fra la Terra e l’Apollo, domandò: «C’è qualcuno?».
«Sì nonna, sono Mario. Per caso vuoi sapere… che giorno è?».
«Ah, Mario… Scusa, puoi venire qui un momento?».
Appena Mario varcò la soglia, la nonna s’illuminò come dinanzi ad un miracolo: «Uh, sei venuto! Non pensavo che fossi davvero tu a rispondermi…».
«E chi pensavi che fosse?».
«Che ne so io…» obiettò la nonna, «comunque è per questo che ti ho chiesto di venire, per essere sicura! Anzi, visto che stai qua, mi dici che giorno è? Sai, mi serve per dire il rosario. Del resto lo dico per voi, mica per me. Tutti i giorni chiedo al Signore di proteggere la mia famiglia: voi siete così buoni, fate tanto per me, e io posso fare solo questo!» esclamò tutto d’un fiato, e le scappò una lacrima.
Anche Mario si commosse. E pensò che in fondo quella domanda della nonna non gli dava poi così fastidio.
Lo scrittore Flavio Pagano ha cominciato a occuparsi di Alzheimer quando la malattia ha toccato la sua vita, colpendo la madre, esperienza da cui è nato il romanzo-verità Perdutamente (Giunti). Questa è la quinta storia di una serie, “Mai soli”, che vuol raccontare e ascoltare l’universo parallelo che è l’Alzheimer. L’universo di coloro che ne sono colpiti e di chi li assiste, perché curare vuol dire prima di tutto prendersi cura dell’altro.
Le altre storie:
1. Il giorno che mia madre non mi ha riconosciuto
2. L’istituto dove i pazienti si sentono a casa
3. Accanto a chi è malato fino all’ultimo respiro
4. La mia mamma malata mi ha accompagnato all’altare
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