La Food and Drug Administration ha approvato, per la prima volta negli ultimi 20 anni, un nuovo farmaco per l’Alzheimer, una delle malattie neurodegenerative più diffuse, associata soprattutto all’età avanzata. Il via libera alimenta le speranze per milioni di pazienti anche in Italia, perché ora si punta ad arrivare a un’autorizzazione anche da parte dell’Ema, l’agenzia europea del farmaco, e dell’Aifa, l’ente regolatore italiano.
Solo nel nostro Paese sono 600mila le diagnosi di Alzheimer e complessivamente oltre 1 milione 200mila le persone affette da demenza. «È una notizia destinata a cambiare la storia delle cure di questa malattia» commenta entusiasta Gian Luigi Mancardi, direttore della Clinica Neurologica e del Dipartimento di Neuroscienze, riabilitazione, oftalmologia, genetica e scienze materno-infantili (DINOGMI) dell’Università di Genova e presidente della Società Italiana di Neurologia (SIN).
Il nuovo farmaco agisce sulle cause
La FDA ha dunque dato l’autorizzazione all’Aduhelm: non accadeva dal 2003 per un farmaco contro la sindrome di Alzheimer in grado, per la prima volta, di intervenire in modo diretto sui meccanismi fisiologici che sono alla base della malattia, cioè la formazione di placche betamiloidi sul cervello. Gli studi condotti finora sui pazienti con i primi sintomi, come perdita di memoria e difficoltà nel ragionamento, hanno mostrato una riduzione delle placche stesse. «È un passo importantissimo, si è segnata la storia, perché per la prima volta si va verso una terapia patogenetica, cioè che contrasta le cause della patologia» osserva Mancardi.
Come funziona
«È un anticorpo monoclonale: si lega all’amiloide, la proteina che si deposita nel cervello ed è responsabile delle placche, e la “aggancia” portandola via o diminuendone fortemente la presenza» spiega il neurologo. Proprio la possibilità di rallentare il decorso della malattia ha spinto l’FDA all’approvazione con procedura di emergenza, chiedendo però anche ulteriori test clinici all’azienda produttrice, Biogen. Questo ha sollevato qualche dubbio sulla reale efficacia. «I dubbi possono riguardare proprio il fatto che l’Alzheimer è una malattia complessa, a cui sono associate diverse altre proteine, ma sicuramente il ruolo determinante è giocato dall’amiloide. Per questo il nuovo farmaco potrà essere fondamentale».
Nessun timore, invece, sulla sicurezza: «Prima sono stati condotti studi sugli animali, che hanno dimostrato che il farmaco era in grado di eliminare l’amiloide, poi sono stato eseguiti anche sull’uomo, indicando un sensibile miglioramento delle condizioni cliniche» aggiunge il presidente della Società Italiana di Neurologia.
La terapia: in cosa consiste
La cura con l’Aduhelm consiste in una iniezione al mese per via endovenosa. Come dimostrato dalle ricerche, contribuirebbe a rallentare il declino cognitivo dei pazienti, soprattutto nelle fasi iniziali: «Da quanto emerso e dimostrato, il farmaco è molto efficace nelle fasi iniziali della malattia, per evitarne la progressione. La differenza rispetto alle terapie in uso finora è che in questo caso non ci si limita a “curare” i sintomi, ma si agisce sulla causa» spiega Mancardi.
Quando arriverà in Italia
Se nel mondo si stima ci siano 50 milioni di persone colpite da Alzheimer, in Italia sono circa 1 milione i pazienti che soffrono di varie forme di demenza, compreso proprio l’Alzheimer. «Questa approvazione ci fa ben sperare, anche se adesso aspettiamo anche l’autorizzazione da parte dell’Ema e dell’Aifa, gli enti regolatori europeo e italiano – osserva l’esperto – Questo comunque ci deve mettere nell’ottica di organizzarci per diagnosi sempre più precise. Per fare un esempio, oggi arrivano da noi neurologi pazienti con decadimento mentale e neurodegenerativo, ma su 10 solo 5 o 6 hanno l’Alzheimer. Il nuovo farmaco è un anticorpo monoclonale, significa che agisce in modo mirato e dunque solo nei soggetti che hanno questa malattia».
Le conseguenze è che, se somministrato ad altri che presentano sintomi analoghi, ma non sono affetti da Alzheimer, non sarebbe efficace: «Occorreranno, per esempio, diagnosi accurate per le quali serve la medicina nucleare, il che significa un aumento dei costi legati per i test e poi per dotare il Servizio sanitario nazionale del farmaco stesso» dice il neurologo.
Ci sono controindicazioni?
Altri esperti concordano sul fatto che la nuova terapia non sarà adatta a tutti, ma solo ai pazienti che, sottoposti a risonanza magnetica, mostrano la presenza della proteina beta-amiloide, che sono stimati in circa 100mila in Italia. Quanto al possibile rischio di effetti collaterali, come micro-emorragie cerebrali, Mancardi spiega: «Non sono esclusi del tutto, ma stiamo parlando di percentuali ridotte e, soprattutto, davanti a una malattia come l’Azlzheimer i benefici che possono derivare da una nuova terapia sono di grand lunga superiori e il rischio è ampiamente accettabile»
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