Stamattina mi è capitata una cosa non solo insolita (e già per questo dunque interessante), ma addirittura un po’ magica. O meglio, di quelle che siamo abituati, per pigrizia, per timore, a considerare «magiche» ma che in realtà non fanno altro che esprimere appieno il potere quasi illimitato del nostro sentire, dei nostri moti affettivi, della nostra capacità di desiderare e di comunicare.
Una giovane signora de L’Aquila, Selene P., mi ha scritto su un social, parlandomi con disinvoltura e garbo della pur dolorosa vicenda che vive da qualche tempo. Mi spiega che vuol leggere il mio libro, Infinito presente, dove racconto la storia vera, terribile eppure spericolatamente tragicomica della malattia di mia madre: l’Alzheimer. Vuol farlo perché anche la sua famiglia è toccata e spiazzata ora da questa emergenza, e vuole raccontarmi la sua di storia.
La sua delicatezza mi ha colpito subito mentre leggevo le sue parole, identiche a quelle udite mille volte da mille labbra, eppure diverse.
Nella dolcezza dell’amore infranto, segreto e pudico, ma anche luminoso e fiero che Selene nutre per il suo adorato papà, ho trovato un’umanità che, senza il dolore, senza queste prove estreme, non conosceremmo mai.
La malattia ha afferrato suo padre e con le sue diaboliche dita l’ha rimodellato in una creatura spaesata, rissosa e apparentemente addirittura malvagia.
«Non deve aver paura di nulla» le ho detto come prima cosa, «lei non è sola, anche se ancora non se ne rende conto».
Perché è questa la cosa più importante da capire. Mai vergogna, mai ritrosia a raccontarsi. L’esempio di Selene è perfetto.
I caregivers sono un silenzioso esercito di uomini e donne (due terzi lo sono) che dedicano anni della loro vita alla solidarietà verso un congiunto colpito dal male, e possono vincere la loro battaglia soltanto si pensano come una squadra, come una legione. Non siamo schegge impazzite: ma membri di una fratellanza spontanea. Incontrare un altro caregiver è incontrare un amico che conosce e condivide le nostre speranze e il nostro dolore.
«Mio padre era caduto nella rete dell’Alzheimer» scrive Selene, «la malattia che aveva corroso le nostre dinamiche familiari. Fin da subito, fin dai primi sintomi, era già tutto cambiato, deformato.
Io e mia madre, ormai, avevamo nella malattia di mio padre l’unico riferimento. Quando si parlava di qualcosa, usavamo i termini prima e dopo, riferendoci alla malattia di papà. Prima si parlava, si usciva si andava in vacanza, al teatro, al cinema, a cena fuori… Dopo, non si viveva più. Si stava attenti a ciò che poteva dargli fastidio, renderlo aggressivo, cattivo, ingiusto. Talvolta vedeva nemici persino in me e in mia madre. Leggeva complotti nel nostro tentativo di aiutarlo. (…) E quando la sua mente gli chiedeva di punirci per averlo ingannato, ci si scagliava contro: polsi rotti, ambulanze, ricovero…»
Eppure, nelle parole accorate di Selene traspare ancora l’incrollabile amore per suo padre.
La scienza ci ricorda che la presunta violenza dei malati di Alzheimer è dovuta prima di tutto all’ansia e alla paura che provano nel trovarsi in un mondo che non riescono più a decifrare. Ma l’amore resta il primo farmaco. È quella la risorsa decisiva: è là che, con incrollabile ottimismo, dobbiamo riporre tutta la nostra fiducia.
Perché solo l’amore dà un senso alla vita.
Le altre storie raccolte da Flavio Pagano:
1. Il giorno che mia madre non mi ha riconosciuto
2. L’istituto dove i pazienti si sentono a casa
3. Accanto a chi è malato fino all’ultimo respiro
4. La mia mamma malata mi ha accompagnato all’altare
5. La nonna che non ricorda mai che giorno è
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7. Com’è vivere accanto a chi c’è ma non c’è più
8. Perché la casa di riposo fa paura
9. Alzheimer, prevenirlo (un po’) forse si può
10. L’Alzheimer è un ladro bastardo (ma misericordioso)
11. Anche un sogno aiuta a stare meglio
12. La casa dove i nonni tornano bambini
13.Il ruolo eroico delle famiglie dei malati
14. Innamorarsi a 90 anni si può
15. Quel Natale lontano della mia mamma
16. Cosa pensa una madre (con l’Alzheimer) dei propri figli…
17. Quando l’Alzheimer strappa un sorriso
18. Alzheimer, la mia mamma e la sua bambola Eva
19. Cosa prova un malato di Alzheimer
20. La mia mamma ha suonato il piano
21. Alzheimer, il punto sulle cure
22. Il cuore di una vecchia mamma con l’Alzheimer
23. Alzheimer, la cura più grande che ci sia
24. Anche con l’Alzheimer una mamma si preoccupa per suo figlio