Prevenire la malattia, anticiparne la diagnosi. Sono alcuni degli obiettivi degli specialisti per fronteggiare l’Alzheimer, la più comune forma di demenza. Attualmente ne soffrono circa 25 milioni di persone nel mondo e oltre 600mila in Italia, ma sono numeri destinati a crescere nei prossimi anni se non si corre ai ripari, a causa dell’invecchiamento della popolazione.
Ma a che punto sono le ricerche? E che cosa si può fare per una diagnosi tempestiva? Ecco cosa ci hanno raccontato gli esperti.
Alzheimer: come prevenirlo
Oggi si sa che alcune abitudini quotidiane come il troppo stress, l’assenza di pause piacevoli, la sedentarietà, il fumo, possono aumentare il rischio di malattia. La ragione non è ancora del tutto chiara. È certo però che uno stile di vita sano agisce da fattore protettivo e potenzia lo scudo difensivo contro l’Alzheimer. E i lavori scientifici a dimostrazione sono già parecchi, anche in Italia. Da noi, addirittura, è in corso dal 2009 un vasto studio nella provincia milanese coordinato dalla Fondazione Golgi Cenci di Abbiategrasso (Milano) proprio per osservare gli effetti positivi dello stile di vita nel tempo. Le regole d’oro? Seguire la dieta mediterranea, praticare un regolare movimento almeno 30 minuti al giorno, ritagliare del tempo per un hobby, se possibile insieme ad altre persone. E stimolare la mente con giochi da tavolo e parole incrociate: mantengono vivace la memoria e la capacità di apprendimento. Si può per esempio scaricare anche sullo smartphone qualche app con giochi che richiedono abilità e prontezza di riflessi: oltre alla memoria, migliora la velocità del pensiero.
Alzheimer: gli esami per riconoscere i primi segnali
«Le ricerche hanno dimostrato che il processo inizia nel cervello molti anni prima rispetto a quando la malattia si manifesta», spiega Carlo Ferrarese, direttore scientifico del Centro di neuroscienza dell’Università di Milano-Bicocca. «Alla base c’è un accumulo progressivo di una proteina chiamata beta-amiloide, che distrugge le cellule nervose e i loro collegamenti». Questa situazione ora si può individuare precocemente grazie alla Pet, acronimo di tomografia a emissione di positroni, che permette di scovare la presenza della proteina rischiosa. Ma non solo. Con l’analisi del liquido cerebro-spinale, prelevato con una puntura lombare, è possibile conoscerne anche i livelli.
Questi due esami al momento non sono ancora nella pratica comune. Vengono eseguiti nei Centri specializzati e sono riservati ai volontari che rientrano negli studi clinici, e a chi ha in famiglia dei precedenti di malattia e ha dei segnali sospetti.
Alzheimer: quali sono i sintomi
Attenzione se da qualche tempo si stanno verificando dei cambiamenti rispetto alla normalità. Qualche esempio? Capita a tutti un vuoto di memoria, specialmente col trascorrere degli anni. È diverso però quando si tratta di una serie di dimenticanze che si ripetono pressoché tutti i giorni.
Ed è anche normale avere “sulla punta della lingua” una parola, ma con un po’ di sforzi la ritroviamo. C’è da insospettirsi invece se parole semplici sono come cancellate dal proprio vocabolario, oppure vengono sostituite con altre parole del tutto illogiche: ad esempio, zuccotto al posto di cappotto.
Infine, è fisiologico non avere più lo “sprint” di un tempo, ma si cerca di mantenere le proprie attività anche se con veloctà diversa. Può essere un segnale invece una perdita graduale di interesse, come iniziare a trascurare sempre più la pulizia della casa.
Alzheimer: i farmaci e le attività che curano
In attesa che inizi la sperimentazione del vaccino anche in Italia, i farmaci disponibili al momento non sono ancora in grado di guarire l’Alzheimer. Ma possono frenare la malattia se presi ai primi sintomi e permettere così ai malati di condurre una vita migliore. Inoltre oggi, a differenza di un tempo, ci sono anche altre terapie che si sono dimostrate utili se vengono iniziate tempestivamente. Come la musica e l’attività fisica. Vale per tutti uno studio giapponese: ha dimostrato che un programma di esercizi fisici eseguito con un sottofondo di musica e accompagnato, per chi lo desidera, anche dal canto, mantiene “viva” la memoria.
«Il primo anno dopo la diagnosi è importante anche per preparare la famiglia», interviene Gabriella Salvini Porro, presidente di Alzheimer Italia. «Questo significa aiutarla a stare al fianco di chi ha l’Alzheimer, insegnare come modificare le “chiavi di lettura” per mantenere un rapporto e un dialogo anche man mano che i disturbi avanzano».
L’Alzheimer coinvolge in Italia 700.000 pazienti
Questi i numeri dell’Alzheimer. Ma nel dramma della malattia sono coinvolti anche milioni di “caregivers”, i familiari che si prendono cura giorno e notte di chi soffre di questa patologia. Lo scrittore Flavio Pagano ci racconta le storie di un’umanità che non conosciamo, storie di quotidiana sofferenza ma anche leggerezza.