L’obesità può aggravare gli effetti dell’Alzheimer, che nel mondo interessa circa 50 milioni di persone, 600mila in Italia, dove complessivamente 1.241.000 individui sono affetti da demenza. A indagare il legame tra queste malattie e il peso in eccesso sono stati i ricercatori dell’Università di Sheffield (Regno Unito) e della Finlandia orientale, dopo aver analizzato le conseguenze del sovrappeso sul cervello e in particolare sul tessuto neurale. «Il forte sovrappeso rappresenta un fardello per la salute dell’organismo e del cervello. Mantenere un peso sano potrebbe aiutare a preservare la struttura del cervello» come spiegato da Annalena Venneri del Neuroscience Institute di Sheffield, sul Journal of Alzheimer’s Disease Reports.
L’obesità non è la causa ma un fattore di rischio
La ricerca condotta dagli esperti inglesi e finlandesi è stata realizzata analizzando le scansioni cerebrali tramite risonanza magnetica su diversi pazienti ed esattamente: 47 ai quali era stata diagnosticata una demenza lieve associata al morbo di Alzheimer, 68 con decadimento cognitivo lieve e 57 “sani” da un punto di vista cognitivo. A tutti sono stati esaminati l’anatomia del cervello, il flusso sanguigno e le fibre cerebrali.
«L’obesità non è in sé la causa dell’Alzheimer, ma rappresenta a tutti gli effetti un fattore di rischio cerebrovascolare, che a sua volta aumenta la possibilità di decadimento cognitivo, tipico della malattia» spiega Gian Mancardi, direttore della Clinica Neurologica e del Dipartimento di Neuroscienze, riabilitazione, oftalmologia, genetica e scienze materno-infantili (DINOGMI) dell’Università di Genova e presidente della Società Italiana di Neurologia (SIN).
Chi ha disturbi circolatori ha più depositi di proteina
«L’Alzheimer è dovuto ai depositi di una proteina nomade nel sistema nervoso centrale. Diversi studi hanno mostrato che le persone che hanno anche disturbi circolatori hanno più depositi di questa proteina e altre alterazioni del sistema nervoso che fanno peggiorare i disturbi cognitivi. Quindi, tra le azioni consigliate nella prevenzione del decadimento cognitivo, c’è la cura di malattie cerebrovascolari, a cui contribuisce l’obesità» aggiunge l’esperto.
L’obesità influisce sulla salute cognitiva dei sani e di chi ha demenza lieve
Secondo lo studio il peso non incide solo nei soggetti con le forme più gravi di Alzheimer: «È nei casi di demenza lieve che abbiamo riscontrato un’associazione positiva tra obesità e volume di materia grigia attorno alla giunzione temporo-parietale destra. Quindi abbiamo concluso che la presenza di grasso corporeo in eccesso potrebbe contribuire alla vulnerabilità neurale negli individui cognitivamente sani e in quelli con lieve deterioramento cognitivo» ha spiegato Venneri, del team di ricercatori.
«Chiaramente gli obesi hanno fattore di rischio vascolare importante, per cui se una persona ha già un tessuto cerebrale in parte compromesso, dunque che “funziona male”, il peso in eccesso peggiora la situazione, aggravandola anche in persone con disturbi lievi» spiega Mancardi.
Prevenire è meglio che curare, specie l’Alzheimer
La deduzione è che mantenere un peso normale potrebbe aiutare a mantenere il cervello più “sano” anche in età avanzata, quando potrebbero comparire sintomi di demenza. Ad oggi, infatti, non esiste una cura efficace contro l’Alzheimer e, in genere, le malattie che comportano degenerazione cognitiva, per questo è importante la prevenzione: «Il controllo del peso è a tutti gli effetti una forma di prevenzione, insieme all’attività fisica – che favorisce la vascolarizzazione – e a una vita ricca di interessi anche culturali. Anche la maggiore scolarizzazione riduce l’indice di rischio: diciamo che, partendo da un livello cognitivo alto, la comparsa dei disturbi sarà più ritardata e diluita nel tempo. Naturalmente, insieme all’obesità e collegate direttamente all’obesità ci sono altre patologie che rappresentano fattori di rischio, come l’ipertensione e il colesterolo alto. Insomma – conclude l’esperto – curando l’obesità non curiamo direttamente l’Alzheimer, ma sicuramente avremo meno persone con l’Alzheimer».