Si sono uniti per innescare un cambiamento, manifestando in piazza in difesa dell’ambiente, ma soprattutto mettendosi in gioco in prima persona ed escogitando antidoti a situazioni che avvelenano la quotidianità e minacciano il nostro futuro. Sono le migliaia di ragazzi che in tutta Italia creano consapevolezza sulla necessità di salvaguardare il Pianeta e restituiscono bellezza ai luoghi in cui vivono.

«Prima, se parlavi di ambiente, eri uno sfigato, ora ti prendono sul serio» dice Federica Gasbarro, la “Greta italiana”. Laureanda in Biologia, 26 anni, attivista nei Fridays for Future, ha appena partecipato a Youth4Climate, l’assemblea che ha portato a Milano 400 giovani da tutto il mondo per confrontarsi tra loro e poi con alcuni ministri che, a novembre, saranno a Glasgow per Cop-26, la conferenza Onu sul cambiamento climatico. «I governi devono darsi una mossa ad attuare l’accordo di Parigi sul clima, vecchio di 6 anni» dice. «Ma anche noi cittadini possiamo, e dobbiamo, agire: facendo scelte di consumo responsabili e prendendoci cura dei luoghi che abitiamo». Come fanno i gruppi di giovani che vi raccontiamo qui.


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IL GIARDINO NATO DA UN PARCHEGGIO

Nel 2011, a Napoli, un gruppo di 20enni lanciò una call su Facebook per pulire piazza Bellini, in zona universitaria. «Ci siamo ritrovati in un centinaio con scope, palette, guanti. Volevamo rispondere a chi scaricava sui cittadini la responsabilità dell’emergenza rifiuti» ricorda Emiliana Mellone, tra le fondatrici di CleaNap (www.cleanap.org).
Da allora, l’associazione coinvolge i cittadini via social in azioni di «guerriglia urbana socialmente utile» come i Parking Days, la trasformazione temporanea di parcheggi in giardini per restituire gli spazi cittadini al verde e alle persone.
Tra il 2013 e il 2015 il progetto di ricerca sul bike sharing, finanziato dal Miur, è diventato una sperimentazione con 100 biciclette in 10 stazioni di scambio.
Poi c’è AcquaMat, una mappatura delle fontane pubbliche per sostenere l’uso delle borracce, che diventerà un’app. E sta per partire un delivery etico in bici, che coinvolgerà esercenti attenti alla sostenibilità e ai diritti dei lavoratori.

Ivan Bottelli
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LA BLACK BAG IN SPIAGGIA

Da un paio d’anni, ogni domenica, 5 amici si ritrovano per raccogliere i rifiuti sulle spiagge di Genova. Hanno iniziato a Sturla, che frequentavano fin da piccoli, poi hanno continuato a Nervi, alla Foce, a Portofino. Con il progetto Underwater hanno ripulito i fondali da corde, plastica, ferro e altri materiali che poi l’artista e biologo Mark Dion ha utilizzato per la mostra By the sea. «La nostra azione non è la soluzione al problema dei rifiuti, ma uno strumento per sensibilizzare sempre più persone» dice Andrea Canepa, 26 anni, che insieme a Mattia Filippone, Marco Pitto, Federico Santi e Ludovica Squadrilli, ha creato The Black Bag (www.theblackbag.org). Quando ha dovuto scegliere un nome, il gruppo ha pensato ai sacchi neri per la spazzatura. Oggi The Black Bag è un’associazione di promozione sociale che riunisce 30 persone e affianca agli eventi di raccolta rifiuti l’informazione sui social e su un blog: «Perché il vero cambiamento parte dalla conoscenza».

Recuperare gli spazi pubblici
Nella foto, i ragazzi di The black bag, che ogni domenica raccolgono i rifiuti sulle spiagge di Genova. In alto, uno dei Parking Days di Cleanap: per un giorno una piazza di Napoli adibita a parcheggio viene “trasformata” in un giardinetto.


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LA SPESA SFUSA

Come si fa a ridurre l’impatto ambientale di un paesino di 1.700 abitanti? Coinvolgendo tutta la comunità. Ne sono convinti Pietro Rosso, Serena Folco, Sara Dini, Rachele Bianco e Luca Scanavino, i giovani di Calice Ligure (Savona) che hanno dato vita a Sfuso Diffuso, il progetto di conversione ecologica della vallata in cui si trova il paese, finanziato dalla Fondazione Compagnia di San Paolo (per saperne di più, visita la loro pagina su Facebook).
«Il focus è l’eliminazione degli imballaggi usa-e-getta e la vendita di prodotti sfusi nelle botteghe locali. Così sia i cittadini sia i turisti possono fare una spesa più sostenibile» spiega Pietro Rosso. A questa prima azione hanno aggiunto un percorso di formazione sulla salvaguardia dei fiumi e del mare, sui cambiamenti climatici e sulla prevenzione ecologica con incontri nelle scuole, raccolta dei rifiuti dispersi nell’ambiente, laboratori, eventi gastronomici ed escursioni naturalistiche: «Un po’ come abbiamo fatto durante il lockdown, con le piccole passeggiate vicino a casa alla riscoperta di sentieri e laghetti e gli acquisti dai produttori locali».

Salvaguardare le realtà locali
Nella foto, il gruppo di giovani che a Calice Ligure, in provincia di Savona, ha dato vita al progetto Sfuso Diffuso, con il doppio obiettivo di aiutare l’ambiente e rilanciare i consumi locali.

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IL REPAIR CAFÈ

La riparazione come alternativa al rifiuto, reazione allo spreco. «L’idea è quella di entrare nel meccanismo delle cose per rendersi conto che un oggetto che non si usa più può diventare una risorsa» dice Deanna De Pietri di Rusko (rusko-bo.it). «Siamo artigiani e ci mettiamo a disposizione di chi vuole aggiustare o rigenerare oggetti o indumenti. Io, ad esempio, sono una sarta e insegno come recuperare abiti e accessori di stoffa».
Il gruppo, il cui nome richiama il termine dialettale bolognese che indica la spazzatura, organizza i propri Repair Café, “eventi di riparazione” nati in Olanda e poi diffusi in tutto il mondo, dove si impara a dare una seconda vita ad apparecchiature elettroniche, abiti, biciclette, mobili e oggetti di arredamento. «Per noi sono feste di socializzazione in cui si mette in pratica la cultura del riciclo, anche attraverso lo scambio di conoscenze fra generazioni. Dopo lo stop dovuto al lockdown, finalmente siamo tornati a riparare insieme».


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LE CAMMINATE ANTIRIFIUTI

Setacciano le campagne ragusane alla ricerca dei rifiuti lasciati fra i campi e le serre. Sono partiti in 20, ora sono centinaia a ogni uscita e trovano «una quantità industriale di immondizia» sintetizza Giulio Cascone, tra i fondatori di RagusAttiva, associazione di giovani che raccoglie e differenzia i materiali abbandonati (è su Facebook). «La gente ci dice “Bravissimi!” e noi rispondiamo “Grazie, ci aiuti di più se vieni con noi”».
Sui social condividono le foto con i ritrovamenti più strani, di persona invitano i cittadini a tenere pulito il chilometro di strada sotto casa. Il lockdown non li ha fermati: ispirandosi al plogging – crasi dello svedese plocka upp, raccogliere, e jogging – hanno continuato a tirar su rifiuti nelle camminate solitarie, idealmente collegati tra loro: «Non vogliamo sostituirci alla raccolta rifiuti del Comune ma aiutarla».