L’amore è cieco e non ha regole, dice il vecchio detto. La verità è che, ai tempi di Tinder, l’amore ha un algoritmo e ci vede benissimo. È quello che ha scoperto la giornalista Judith Duportail, autrice del libro “L’amore ai tempi di Tinder” (Fabbri editore), dedicato alla app di incontri più famosa del mondo. «Quando mi sono iscritta, dopo una rottura dolorosa, sognavo una vita alla Sex & the City» racconta. «Poi sono venuta a sapere che a far scattare la scintilla, anzi, il “match” (quando due utenti si scambiano reciprocamente il “like”, ndr), è una complessa formula matematica basata sull’aspetto fisico, il genere, lo stipendio e anche il QI. Altro che app per donne emancipate e indipendenti! Mi sono sentita come quando a 14 anni un mio compagno di classe aveva dato un voto a tutte le ragazze e mi aveva messo un 5 perché ero simpatica ma un po’ troppo grassa».
È allora che ha deciso di iniziare la sua inchiesta?
«Sì. Il primo passo è stata la scoperta dell’esistenza del cosiddetto “Elo Score”, un punteggio segreto dato agli iscritti in base al numero di apprezzamenti ricevuti dalla community, per cui i profili più di successo, vengono mostrati a più persone e per primi». Come funziona? «In pratica, se qualcuno ritenuto molto bello e desiderabile ti dà un like, il tuo voto sale. Allo stesso modo, se un utente considerato poco desiderabile ti “scarta”, il tuo voto scende e il tuo profilo diventa meno visibile. Ti rendi conto? Il tuo telefono ti sta dando un voto e un valore sul mercato della seduzione, senza che tu lo sappia e abbia dato il tuo consenso. Così ho deciso di scoprire quale era il mio Elo Score».
E c’è riuscita?
«No, Tinder mi ha detto che non poteva rivelarlo. Però, con la collaborazione di Jessica Pidoux, una ricercatrice svizzera in informatica umanistica, ho trovato il loro brevetto. Si tratta di un documento pubblico che certifica la proprietà intellettuale e descrive ciò che un’azienda può fare o che si riserva il diritto di fare, anche se questo non significa necessariamente che lo stia realizzando. Beh, non solo si riservano la possibilità di calcolare il tuo punteggio in base al livello di istruzione, reddito e intelligenza, per esempio attraverso l’analisi delle parole che usi, ma uomini e donne possono essere anche valutati in modo diverso».
Cioè?
«È scritto nero su bianco: un uomo istruito e che guadagna molti soldi ha punti bonus, mentre una donna con lo stesso profilo ha punti penalità! Il sistema di matching favorisce gli stereotipi di genere, presentando agli uomini profili di donne meno istruite, con meno soldi e più giovani di loro».
Però, appena prima dell’uscita del suo libro, Tinder ha dichiarato di non usare più l’Elo Score.
«È vero. Peccato che non abbia specificato con che cosa lo ha rimpiazzato. Perché non essere più trasparenti?».
Tutto questo come ha cambiato i suoi comportamenti su Tinder?
«Semplice: ho smesso di usarlo. All’inizio lo adoravo: ricevere tutti quei match, quei like, quegli swipe… Era come se mi avessero fatto una dose di narcisismo in vena. Ma poi gli effetti sull’umore sono diventati sempre più negativi. Credo che le app di dating alimentino un modo di relazionarsi duro e aggressivo. Nel libro racconto di un ragazzo, che avevo soprannominato Mirage: mi ha detto che era sempre tentato di tornare su Tinder per vedere se lì fuori c’era qualcosa di meglio. E intendeva meglio di me!».
Ma è possibile usare queste app senza farsi usare?
«È come in uno spettacolo di magia: se conosci i trucchi, ti senti meno ingannata. Un’antropologa americana ha spiegato come Tinder si basi sul “principio della ricompensa casuale”, lo stesso delle slot machine. Ogni volta non sappiamo cosa troveremo: un match, un messaggio… E ci chiediamo: “Ma chi è questo tipo? Forse è meglio degli altri, forse lo conosco…” Questo spinge a non smettere mai di “giocare”».
Come immagina il futuro del dating online?
«I sociologi dicono che le coppie si incontreranno sempre più sul web. E le app, quindi, diventeranno sempre più targettizzate: in base agli interessi, alle preferenze sessuali, all’età, e, addirittura, ai segni zodiacali. In un mondo in cui gli algoritmi la fanno da padroni, la mia speranza è che ce ne sia qualcuno che, se non il femminismo, promuova almeno l’uguaglianza».