«Il traffico di esseri umani avviene nella parte più bella e antica della città. Non è più accettabile»· Parola di Femke Halsema, sindaca di Amsterdam, la prima donna in 635 anni a ricoprire questa posizione. Ci voleva lei, ex leader del partito nazionale dei Verdi di Sinistra, per mettere in discussione uno dei capisaldi dell’identità della città olandese.
Le 330 vetrine che mettono in mostra le prostitute sono un tratto distintivo, un suggerimento che merita capitoli dedicati nelle guide turistiche della capitale. Ora la prima cittadina sta ragionando su una scelta che, a suo dire, dovrebbe tutelare le “sex workers” della metropoli più progressista e liberale d’Europa. Chi è questa politica determinata che ha dichiarato “guerra” alla prostituzione in vetrina in centro?
Giornalista, studi di sociologia alle spalle con specializzazione in criminologia, Halsema ha 53 anni e due figli, avuti da un compagno che fa il regista. Anche lei è stata regista (ha firmato un documentario sul rapporto tra donne islamiche e sesso), oltre che consulente, insegnante, scrittrice e co-fondatrice di The Correspondent, piattaforma di giornalismo investigativo molto nota negli ambienti culturali e dei media europei.
Il suo passato in primissimo piano nella politica nazionale si era concluso nel 2011 con l’intento di «contribuire a risolvere problemi sociali in modo più pratico» e una dichiarazione piuttosto netta, scritta nell’introduzione del suo libro dedicato a quella esperienza: «Non riapparirò nelle sale d’attesa delle amministrazioni politiche per ricomparire dopo alcuni anni in Senato o come sindaco. No, dico addio alla politica. La ragione è molto semplice: ne ho abbastanza».
Smentita dai fatti (in Italia non ci dovrebbe stupire una simile retromarcia): lo scorso anno, dopo il complesso iter che porta alla nomina del sindaco – in Olanda non si prevede il voto popolare, ma solo la designazione da parte del consiglio comunale e la successiva ratifica del ministero dell’Interno e del Re in persona – è salita sul “trono” di Amsterdam, città in cui vive dai tempi del college con marito e i due figli.
Cosa vuole fare esattamente Haselma?
La sua non è una battaglia di neo-puritanesimo contro l’industria del sesso. Sta vagliando, e lo farà nel corso di questa estate, la chiusura del distretto a luci rosse e il divieto, per le sex workers, di mostrarsi in vetrina, proprio per mettere un freno allo spettacolo. Donne trasformate in attrazione turistica, come si diceva. Magari persino oggetto di insulti o di qualche risata di troppo. Dunque, via dal centro. Senza, però, mandare in crisi il settore impedendo loro di esercitare: già in pista l’idea di trasferire il business in altre zone, più periferiche. In hotel “dedicati”.
La stampa locale olandese e il Guardian riportano voci non esattamente concordi. Sarebbe anche spuntato un gruppo di pressione – una lobby – nominata Red Light United e intenzionata a rappresentare le lavoratrici del settore, a sottolineare come il 90% delle 170 prostitute interpellate vogliano continuare a presidiare il centro. Altro che offese da insulti e risate, insomma. In realtà le vetrine sono già diminuite per effetto di politiche più restrittive avviate dalla precedente amministrazione.
Cor van Dijk, che rappresenta il business del quartiere a luci rosse, ha puntato il dito proprio contro la chiusura di un centinaio di vetrine già avvenuta negli ultimi anni. Secondo van Dijk, il problema di un maggior flusso turistico molesto nella zona è dovuto al fatto che l’attenzione verso le donne in bella mostra fuori dai locali si sarebbe concentrata intorno alle 330 vetrine rimaste.
Quel che è certo è che la città discute apertamente sulla miglior soluzione possibile, proprio in queste settimane. E che la sindaca Halsema è consapevole delle proteste che potrebbero accompagnare qualunque decisione definitiva. Ma lo è anche di un’altra cosa: non ha dubbi sul diritto delle sex workers a dire la loro ed essere coinvolte.