Complice la pandemia e le restrizioni, i casi di disturbi alimentari tra adolescenti sono cresciuti di almeno il 30%, solo limitandosi alle richieste di intervento. Ma moltissimi giovani, soprattutto ragazze, non chiedono aiuto e non sempre i genitori riescono a intercettare i campanelli d’allarme o a trovare la forza di rivolgersi agli esperti. Oggi, però, anoressia e bulimia rappresentano la seconda causa di morte tra le teenager, dopo gli incidenti stradali. A chi chiedere aiuto e come? È una delle domande più frequenti tra chi vive questi disturbi e tra le famiglie. Per dare risposte concrete la Regione Lombardia ha appena approvato una legge innovativa, che si propone di diventare esempio a livello nazionale.

Un problema in aumento, complice la pandemia

I dati del ministero della Salute confermano la crescita di un terzo dei disturbi alimentari tra il 2019 e il 2020, in particolare nella fascia under 14, cioè quella che ha sofferto maggiormente del primo lockdown per la mancanza di socializzazione e il divieto di uscire. A ciò si aggiunga la chiusura o parziale funzionamento di molti centri specializzati per queste patologie, proprio a causa Covid, che ha aggravato molti casi. Da qui l’idea di un intervento concreto e soprattutto sul territorio.

Cosa prevede la legge?

Il provvedimento si articola in una serie di interventi a partire dalla creazione di una rete sul territorio a cui rivolgersi sia per la cura che per la prevenzione, dunque ai primi campanelli d’allarme. Un altro aspetto importante riguarda la «creazione di spazi ambulatoriali in ogni Asst regionale, indipendentemente dalle sue dimensioni, per poter effettuare i primi accessi ovunque: ci siamo resi conto che molti pazienti si rivolgevano a strutture fuori Regione per mancanza di centri in Lombardia» spiega Simona Tironi, relatrice della legge e vicepresidente della Commissione Sanità.

«Una volta intercettate eventuali problematiche, è quindi possibile inviare i ragazzi e le ragazze ai centri specializzati in Regione, che sono già numerosi e che vogliamo aumentare, integrando le strutture pubbliche con quelle private, in modo da ridurre le liste d’attesa – spiega Tironi – Purtroppo gli interventi per questo tipo di problematiche non sono brevi, i posti letto non si liberano in 10/15 giorni perché i percorsi di cura, specie in caso di degenza ospedaliera, possono durare mesi o anni. In più abbiamo previsto la creazione di équipe specializzate, perché non si può intervenire se non si ha personale debitamente formato per affrontare queste patologie, fin dai medici di base».

Team di esperti per sostenere pazienti e famiglie

I team saranno composti almeno da uno psichiatra, un neuro-psichiatra infantile, un medico internista, un dietologo, uno psicologo psicoterapeuta, un tecnico della riabilitazione psichiatrica, un dietista, un infermiere ed eventuali altri professionisti con una formazione ad hoc sui disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. «Dopo aver visitato personalmente i centri che già operano in Lombardia, ora inizia una mappatura che individuare i territori oggi scoperti. Contemporaneamente diamo il via alla formazione per tutti gli operatori socio-sanitari, compresi i medici di base, perché se una madre intercetta dei campanelli d’allarme per prima cosa si rivolge al proprio medico, che magari dà consigli generici sulla nutrizione senza cogliere il bisogno sommerso della ragazza o del ragazzo. I corsi di formazione saranno rivolti anche agli insegnanti, che trascorrono molte ore con i giovani a scuola e possono accorgersi delle problematiche» spiega Tironi.

Quanti e quali centri sono coinvolti?

«Questa legge è nata dopo aver visitato alcune strutture come il Centro Pilota regionale per il Trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare degli Spedali Civili di Brescia e Villa Miralago a Cuasso al Monte in provincia di Varese» racconta Tironi. Proprio il centro di eccellenza di Villa Miralago è anche la più grande struttura europea di questo tipo, alla quale però si aggiungono gli ospedali di Niguarda, San Raffaele e Fatebenefratelli, dove da tempo lavora un’équipe specializzata. Ci sono poi il centro Beato Palazzolo di Bergamo, l’IRCCS Mondino, gli Istituti clinici Zucchi, l’Auxologico italiano, la Asst Lariana, quella di Monza e dell’Ovest milanese. In totale, secondo il censimento appena concluso, sono 27 le strutture presenti oggi sul territorio lombardo: 14 sono adibite al trattamento dei soli pazienti adulti; 6 sono dedicate agli under 18 e 7 si occupano sia di minori che di adulti.

Gli altri centri e iniziative in Italia

Un elenco completo dei centri, anche fuori dalla Regione Lombardia, è poi consultabile sul sito Disturbi del comportamento Alimentare (disturbialimentarionline.it) dove è pubblicata una mappa dell’Italia e dove, selezionando la propria regione, si ha a disposizione un elenco completo dei centri, con i recapiti telefonici e gli indirizzi email. Sono anche presenti un Numero Verde SOS Disturbi Alimentari (800.180.969) e un link al portale www.chiediloqui.it, che mette a disposizione operatori ed esperti per quanto riguarda l’area Corpo e Alimentazione, nell’ambito di un progetto promosso e finanziato dal Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, il Dipartimento di Ricerca Sociale e Comunicazione dell’Università La Sapienza di Roma e dalla USL 1 dell’Umbria. È infine possibile consultare un elenco di associazioni attive alle quali rivolgersi per informazioni e bisogni.

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Ambra Angiolini: da bulimica a testimonial

Se finora uno dei limiti è stata la copertura finanziaria, la Regione Lombardia ha stanziato 1 milione e mezzo di euro all’anno, che si aggiunge ai circa 4 milioni all’anno già previsti. «Dopo questo anno sperimentale potremo anche pensare di alzare il budget» aggiunge Tironi. «È una legge innovativa ma che deve essere accompagnata dalla capacità di ascoltare i ragazzi perché non si sentano mai soli – ha spiegato il Presidente del Consiglio regionale lombardo, Alessandro Fermi – Ragazzi che oggi, complice la pandemia e l’impossibilità di vivere in pienezza l’aspetto relazionale, sono spesso sempre più isolati, con le loro paure e le loro incertezze». Da qui la necessità di dedicare maggior ascolto, ma anche di dare risposte concrete, come confermato dall’attrice Ambra Angioini, testimonial dell’iniziativa, che nel suo libro InFame racconta gli 11 anni durante i quali ha vissuto il disturbo della bulimia. Lei, per esempio, ha attivato a Gussago (BS) un laboratorio teatrale sul tema IO VOGLIO anorESSERE buliMIA: «La mia ambizione – ha spiegato Angiolini – è quella di portare questo progetto a livello nazionale perché diventi un punto esclamativo per tutta l’Italia».