Siamo tutti ansiosi? Stando ai dati si direbbe di sì, ma le ricerche indicano soprattutto che l’ansia è in aumento e non risparmia nessuna fascia d’età. Secondo Psicoadvisor, che ha preso in considerazione le indicazioni di alcuni motori di ricerca, la parola “ansia” è una delle più ricercate sul web (27.200 volte al mese in Italia) e dal 2014 ha superato la “depressione”, che invece in passato risultava oggetto di maggiori indagini su internet. Ad oggi questo stato di malessere sembra essere il più diffuso, declinato in vari ambiti: secondo Google Trends le domande più frequenti sul web riguardano “ansia da lavoro”, “ansia sociale”, curare l’ansia”, “ansia sintomi, “ansia da prestazione” e “attacchi d’ansia”.
“Fino a qualche tempo fa si usavano espressioni come “sono esaurita” o “sono depressa”. Oggi si parla di ansia, e con questo termine si vuole indicare uno stato d’animo che non si riesce a classificare. In pratica c’è una generale difficoltà a decifrare le proprie emozioni e questo vale per ogni fase della vita” spiega Barbara Volpi, psicologa e psicoterapeuta, collaboratrice dell’Università La Sapienza di Roma.
Ansia indotta dalla competitività
Secondo l’Istat (dati 2018) l’ansia interessa il 7% della popolazione, anche associata a depressione, e riguarda 3,7 milioni di italiani. La regione più interessata è la Basilicata, seguita da Campania e Molise, Abruzzo, Calabria, Sicilia, Sardegna, Puglia, Piemonte, Marche e Lazio. I meno ansiosi si troverebbero invece in Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta. Ma è il sommerso a preoccupare: in molti si vergognano a confessare di provare questo malessere. Eppure secondo Eurodap, si tratta di un problema che riguarda il 79% degli europei, compresi giovanissimi e anziani.
“Credo che sia il risultato di una società altamente competitiva, in cui diventa a volte difficile integrare il mondo virtuale con quello reale: siamo tutti impegnati a produrre, a competere con l’altro, a essere influenti sui social e a cercare il consenso, ma senza una base di valori che ci supporti nei momenti difficili e che rappresentano gli elementi per orientarci. L’ansia, infatti, non è altro che il senso di panico che si crea quando si perde la bussola”.
Ogni età ha la sua ansia
L’ansia non risparmia alcuna età e si declina in modi differenti.
“Gli adolescenti sono i più a rischio, perché vivono lo stato ansiogeno per eccellenza, quello del volere tutto e subito. Spesso, però, lo nascondono. È tipico di questa età distaccarsi dai genitori e contrapporsi a loro” spiega l’esperta, autrice anche del libro Genitori digitali (Il Mulino). “È importante aver costruito le basi per una comunicazione con i ragazzi, perché spesso l’ansia non si manifesta solo come agitazione e iperattività, ma anche come chiusura: gli adolescenti cercano di celarla e vivono un tormento interiore che può sfociare nella frequentazione di amicizie “sbagliate”, nelle droghe o in disturbi psicosomatici come l’anoressia, il tentativo di cancellare l’ansia cancellando il proprio corpo, controllandolo in modo ossessivo” spiega Barbara Volpi.
Nel caso degli adulti i motivi di ansia possono essere legati agli snodi della vita: la formazione della coppia, quando ci si sposa o si va a vivere insieme, oppure la nascita del primo figlio: “Sono i momenti di grande trasformazione, nei quali occorre adeguarsi ai cambiamenti. Anche le separazioni o i problemi di lavoro possono essere fonte di malessere” dice la psicoterapeuta. Questo malessere si può manifestare, oltre che con attacchi di panico e agitazione, anche con l’ipocrondia, la paura di ammalarsi”.
E quando si è anziani? In questa fascia d’età in genere cresce la consapevolezza di sé, si diventa più stabili e meno ansiosi. “Ma quell’agitazione che si provava per i propri stati d’animo, può diventare preoccupazione per gli altri, per i propri cari, i figli o i nipoti. In alcuni casi, invece, può sorgere l’ansia per la paura della morte. E può anche presentarsi una forma di regressione infantile, come succede agli adolescenti, che si esprime nel voler negare ciò che è fonte di agitazione, per esempio le malattie” spiega Volpi.
Anche i bambini soffrono di ansia?
Neppure i bambini sono esenti da stati di ansia: “A volte i bambini a scuola dicono di essere agitati o stressati: è la prova dell’effetto della società in cui viviamo, in cui siamo sempre sottoposti a pressioni. I bambini possono provare emozioni a cui non sanno che nome dare: il primo giorno di scuola, una festa a cui sono stati invitati o la vigilia di una gara sportiva. E possono manifestare questo stato con sintomi fisici: mal di testa, mal di pancia o sensazione di tristezza. Sono tutte richieste di aiuto ai genitori, che possono rassicurarli semplicemente ascoltandoli, parlando con loro e aiutandoli a classificare il motivo per cui si sentono agitati. Anche la lettura delle fiabe alla sera, oltre che essere un momento di vicinanza, aiuta ad avere consapevolezza delle proprie paure, attribuendole a un personaggio esterno” consiglia l’esperta.
Come si “cura” l’ansia?
All’ansia si può porre rimedio: “Occorre avere più consapevolezza di noi stessi e dell’altro, fare una riflessione interna che fermi per qualche istante la frenesia quotidiana, creando momenti di stacco per capire dove stiamo andando e cosa stiamo vivendo. Non a caso ultimamente si assiste a un proliferare di corsi di mindfullness e meditazione, perché più si ha consapevolezza di sé, meno ansia si prova. Occorre, insomma, capire qual è il motivo per cui ci sentiamo in ansia, dargli un nome e in questo modo si impara a gestire lo stato di malessere che altrimenti si prova” spiega la psicoterapeuta. “Nel caso dei bambini il consiglio è quello di alimentare la stessa consapevolezza con il dialogo e il legame tra generazioni, nonni compresi: a loro dico sempre di parlare coi nipoti o di cucinare, perché è un modo per passare forme di cultura e creare dialogo, tramite un incontro di sguardi e una condivisione di esperienze reali”.