Dove finisce il dovere di vigilanza di un genitore e dove comincia il diritto alla privacy di un figlio adolescente? È lecito e opportuno, in nome della sicurezza e della tranquillità, “spiare” clandestinamente cellulari e computer dei propri ragazzi, utilizzando una delle tante app offerte dal mercato?
App “spia” in libera vendita online
In rete si trovano app con cui è possibile “spiare” il cellulare dei propri figli. Cataloghi di prodotti a pagamento e gratuiti reperibili online da madri e padri apprensivi o diffidenti.
Controlli legittimi o reati?
Ma si rischia di cadere nell’illegalità. È reato, recita il codice penale, “installare apparati, strumenti, parti di apparati o di strumenti al fine di intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone”. Lo è anche accedere di nascosto ai sistemi informatici e violare qualsiasi forma di corrispondenza, tradizionale e no. Il domicilio informatico è sacro. Non solo. Sono abusive, e quindi perseguibili penalmente, le acquisizioni di “metadati”, cioè elenchi di numeri telefonici chiamati, coordinate che localizzano la posizione e gli spostamenti di un cellulare e di chi lo tiene in mano…
Non ci sono giustificazioni che tengano, nemmeno l’età e l’agire a fin di bene, come ha evidenziato la Cassazione in una sentenza-faro del 2014. Un adolescente messo sotto sorveglianza potrebbe arrivare a querelare mamma e papà detective. Oppure la questione, come è già successo, potrebbe emergere nell’ambito di una causa di separazione o divorzio.
Occorre il consenso
Spiega l’avvocato torinese Carlo Blengino, specializzato in Diritto delle nuove tecnologie: “Se il figlio acconsente all’installazione di una app di questo tipo, l’uso è legale. Però se l’utilizzatore del cellulare monitorato non ha dato il consenso, maggiorenne o minorenne che sia, la sorveglianza tecnologica è illegale, anche se resta all’interno della famiglia”.
Perché? “Prevale la tutela della dignità della persona, che prescinde dall’età e dal rapporto tra chi controlla e chi è controllato. C’è il diritto alla privacy, che passa anche dalla protezione della libertà e della riservatezza di tutte le forme di corrispondenza. Certo – concede – poi un conto è spiare il telefonino di un figlio sedicenne, un conto è monitorare lo smartphone di un bambino di nove o dieci anni”. Blengino evidenzia anche un paradosso: “Proprio chi dovrebbe tutelare i diritti di un figlio, cioè un genitore, finisce per essere colui che li viola”.
Opportunità e efficacia delle app di monitoraggio
Il professor Giovanni Ziccardi, docente di Informatica giuridica all’Università degli studi di Milano, aggiunge: “Sono due gli aspetti di cui tenere conto. Oltre che sul diritto al rispetto della privacy e della segretezza della corrispondenza e delle attività del minore, bisogna ragionare sull’opportunità e sull’efficacia di queste app. Se il genitore contesta immediatamente una cosa che ha appreso, spiando il cellulare, il gioco è scoperto. Il figlio capisce di essere sorvegliato. Salta tutto il sistema di controllo. Oppure il ragazzino si compra un’altra scheda e un altro smartphone. O ancora, se è abbastanza sveglio, immediatamente cerca in rete gli strumenti per aggirare questi sistemi di sorveglianza o per ingannare i genitori, ad esempio trasmettendo falsi tracciati Gps per nascondere i reali spostamenti”.
Meglio il dialogo con i figli
Da un punto di vista educativo – continua Ziccardi – è infinitamente meglio attivare un dialogo con i minori sulle tecnologie, spiegare loro i rischi, le frodi più comuni, i possibili furti di identità, i falsi contatti, domandare le password o i pin di accesso senza però controllarli sistematicamente, perché l’attività di controllo può diventare un’ossessione per il controllore. Insomma – conclude il professore -, conviene lasciare una certa libertà di utilizzo di cellulari e computer, ma facendo percepire una possibilità di controllo”. Poi, in teoria, un ragazzino spiato può arrivare a querelare i genitori.