Il prossimo mese di settembre gli istituti superiori di tutta Italia potranno presentare al Miur progetti per il cosiddetto liceo quadriennale. Cento scuole equamente scelte tra licei, istituti tecnici e professionali potranno aggiudicarsi la possibilità di sperimentare, in una sola sezione, il corso di studi abbreviato.

Il progetto

Non basterà operare un taglia e cuci dei vecchi programmi: ad essere premiate saranno le scuole che presenteranno una didattica innovativa che permetta di raggiungere in quattro anni i medesimi obiettivi fissati per i cinque, una didattica possibilmente “integrata” (capace cioè di superare gli steccati tra materie di ambito scientifico, umanistico, tecnico), con ore di compresenza, con attività laboratoriali e con una spiccata vocazione internazionale.

La progettazione sarà soggetta ad alcuni vincoli. Intanto una materia sarà trattata e studiata in una lingua straniera: non basterà però studiare Inglese in inglese; l’inglese dovrà essere la lingua con cui si affronteranno matematica, o scienze, o storia dell’arte.

Nessuna “classe pollaio” per gli impegnativi curricoli quadriennali: verrà fissato un tetto massimo di 25 alunni per classe.

L’alternanza scuola lavoro, vista l’esigenza di ripensare il tempo-scuola, si svolgerà durante le vacanze natalizie, quelle pasquali o d’estate.

Possibile anche mettere mano al calendario scolastico con qualche ritocco che preveda un inizio anticipato di qualche giorno a settembre o un prolungamento a giugno.

Il liceo breve funziona?

Ma cosa funziona e cosa no nelle scuole che già sperimentano il liceo breve (12 a oggi in Italia, tra pubbliche e private)?

Celeste Maurogiovanni, docente di Lettere dell’Orazio Flacco di Bari, è stata una pioniera della sperimentazione che il prossimo anno diplomerà nel suo istituto i primi studenti di liceo classico. Per lei che l’ha sostenuta e ha contribuito ad avviarla, è un’esperienza più che positiva: una scuola dinamica, che si allinea a quelle di altri paesi dell’Unione, con la sola pecca di proporre a volte argomenti complessi a studenti motivati ma troppo giovani: «Non tornerei indietro sul quadriennale, mi capita però di sentire che Foscolo a 16 anni non si comprende con la sensibilità dei 18, perché a questa età ogni anno rappresenta una svolta epocale nella formazione». Nella sua scuola il percorso quadriennale rimane in ogni caso richiestissimo, anzi il più gettonato.

Più o meno le stesse considerazioni al prestigioso Collegio san Carlo di Milano, dove la Lii (Liceo internzionale per l’intercultura con indirizzo classico, scientifico, linguistico e scienze umane) ha già visto tre maturità: ragazzi seri, voti alti all’esame, proiettati con un anno di anticipo negli atenei di tutta Italia e di tutta Europa (l’inglese qui fa la differenza), più bravi nelle materie scientifiche, qualche pecca veniale in italiano e in latino.

Il problema è semmai il gap di una scuola nata all’insegna dell’innovazione didattica che dopo quattro anni si trova a far sostenere ai propri studenti un Esame di Stato del tutto identico a chi frequenta il tradizionalissimo liceo quinquennale. Se il ministro manderà avanti cento scuole ad aprire la strada a tutte le altre, si imporrà prima o poi anche una riforma strutturale dell’esame di maturità. L’ennesima, obietteranno in molti.

Perché fare il liceo di quattro anni

Cosa si prefiggono le famiglie che guardano con interesse al liceo di quattro anni? Raramente è una scorciatoia secondo chi ne ha già fatta esperienza, perché i tempi si intensificano con mattinate spesso di sei ore e con rientri pomeridiani per le attività di verifica e di recupero; di sicuro un percorso allineato a quello di quasi tutti gli stati del mondo. Chi ha uno sguardo lungo sui propri figli, sa che con una scuola di questo genere si pianifica un curriculum di studi che porta alla laurea e al mondo del lavoro in tempo utile per essere competitivi con i ragazzi stranieri.

Le critiche vengono più spesso dall’interno delle scuole e si affiancano allo scetticismo un po’ ideologico di alcune famiglie: il valore aggiunto della scuola italiana rimane il suo solido impianto culturale che quattro anni invece di cinque rischiano di appiattire con semplificazioni eccessive.

Progettare una scuola diversa, lavorando più sulle competenze che sui programmi tradizionali, spinge tra l’altro a rinunciare all’impianto storicista di molti dei nostri insegnamenti: i più strenui oppositori del quadriennale sono, non a caso, i docenti di Storia e Filosofia. Non piace neanche l’idea di una scuola troppo competitiva e immaginata quasi esclusivamente in funzione del mondo lavorativo.

E, da ultimo, gli insegnanti paventano inevitabilmente anche una progressiva riduzione dei posti di lavoro, spostando il dibattito sul piano sindacale.

Chi sono gli studenti del liceo breve

«Non dei geni» sostiene in un suo lungo intervento su Facebook Max Bruschi, ispettore presso l’Ufficio scolastico della Regione Lombardia, ma senza dubbio studenti che abbiano «un possesso saldo e senza lacune dei traguardi in uscita dal primo ciclo». Oltre a una solida motivazione, che però a tredici o quattordici anni non è facile né scontato si manifesti con chiarezza.