Dolori alle articolazioni e difficoltà a mettersi in moto la mattina, al risveglio. Sono i sintomi tipici dell’artrosi. Ma se fino a oggi li associavamo solo alla popolazione più anziana, oggi dobbiamo ricrederci, perché questa patologia colpisce anche gli under 50. «Al momento non abbiamo ancora numeri, ma tocchiamo con mano quotidianamente questa nuova realtà nei nostri ambulatori» spiega uno dei ricercatori di spicco sulla malattia: Franco Capsoni, responsabile dell’Unità operativa di medicina generale a indirizzo immunologico e reumatologico dell’Istituto Auxologico italiano di Milano. «Quello che sappiamo» continua «è che tra i fattori scatenanti dell’artrosi precoce due sono preponderanti: il sovrappeso esagerato e l’attività fisica incongrua per quantità e qualità. Entrambi sottopongono le articolazioni, soprattutto ginocchia, femore e anche, a carichi e a movimenti innaturali. È uno stress esagerato per la cartilagine che inevitabilmente si danneggia».

Fare sport può predisporci all’artrosi?

«L’attività agonistica e, in generale, alcuni sport come la corsa o lo sci, causano sollecitazioni meccaniche che possono mettere a dura prova la resistenza della cartilagine. Per evitare rischi bisogna innanzitutto prepararsi con esercizi di stretching e poi non concentrare l’attività fisica in tempi troppo ristretti come succede a chi va a sciare in giornata».

Perché rispetto ad altre malattie l’artrosi è ancora orfana di cure?

«Le cure ci sono anche se non sono risolutive. Per citarne solo alcune, farmaci antinfiammatori e analgesici, terapie fisiche, terapie infiltrative a base di acido ialuronico ad alto peso molecolare oppure, in casi selezionati, di cortisone. Fino ad arrivare alla soluzione chirurgica con l’inserimento di protesi nelle fasi più avanzate della malattia. A differenza di quanto sta accadendo per altre malattie reumatiche ci sono invece poche terapie innovative. Il problema per l’artrosi è la difficoltà di studio delle cellule che governano l’equilibrio della cartilagine: i condrociti. Non è semplice riprodurre in laboratorio il loro habitat naturale: quando vengono isolate, in pochi giorni si trasformano in fibroblasti cioè cellule inadeguate per gli studi in vitro. Le ricerche comunque ci hanno permesso di capire molte cose. Ad esempio che si rivitalizzano con uno stimolo meccanico, cioè col movimento. E questo, tradotto in concreto, significa che un’attività fisica regolare e non esagerata, come il camminare 20-40 minuti tutti i giorni, saiuta a mantenere elastica la cartilagine»

Quali sono le terapie più promettenti?

«Oggi la ricostruzione della cartilagine rovinata si può già effettuare utilizzando le cellule staminali che vengono iniettate direttamente nella zona malata e che hanno il compito di stimolare la produzione di nuovo tessuto sano. Certo, siamo agli inizi: al momento questa terapia innovativa viene utilizzata in centri specializzati solo per risolvere microlesioni e sui pazienti più giovani perché sono quelli che hanno le cellule più vitali e attive e quindi rispondono meglio alla cura. Ora la speranza è che questa possa diventare la terapia del futuro. Intanto si lavora anche per una chirurgia sempre più efficace ma anche sempre più soft. È una realtà per esempio la microchirurgia per la spondiloartrosi, la patologia che colpisce la schiena. Nelle forme avanzate, il dolore può essere provocato da osteofiti che comprimono le radici nervose. Si tratta di formazioni particolari, simili a becchi, che si formano sull’articolazione degenerata: la microchirurgia è in grado di modificare gli osteofiti per evitare il contatto col nervo. Così si eliminano o, almeno, si attenuano le crisi dolorose».

Chi ha familiari che soffrono di artrosi rischia più di altri di soffrirne?

«Sì e la familiarità è spiccata per la forma di artrosi che colpisce le mani. Se una mamma oppure una nonna ne soffrono le probabilità che si ammalino anche la figlia o la nipote sono elevate. Ma dobbiamo sempre tenere presente che l’artrosi è una patologia complessa con più meccanismi di azione. A giocare un ruolo importante è un mix di fattori: sappiamo, per esempio, che alcune persone hanno una fragilità della cartilagine fin dalla nascita. E che esistono abitudini che aumentano il rischio: oltre al sovrappeso e allo sport inadeguato bisognerebbe essere più attenti alle posizioni che assumiamo ogni giorno. Ci sono cattive posture che, se protratte negli anni, danneggiano la colonna vertebrale