La riforma dell’affido condiviso presentata dal senatore leghista Simone Pillon inzierà il prossimo ottobre il suo iter parlamentare dalla Commissione Giustizia del Senato per poi arrivare in aula, almeno nelle speranze dei suoi promotori, prima di Natale. Pillon è un estremista cattolico (si definisce “papista”) ed è perciò contrario all’aborto e al matrimonio tra le persone dello stesso sesso (è stato infatti tra i promotori più convinti del Family Day), tutte posizioni che condivide con il compagno di partito, il Ministro della Famiglia e della Disabilità Lorenzo Fontana. Ha fatto molto discutere una sua recente intervista al quotidiano La Stampa nella quale ha dichiarato che, in un’Italia governata da lui, alle donne andrebbe impedito di abortire in tutti i modi, al punto da offrire loro «somme ingenti» per convincerle a portare a termine la gravidanza.
Il nuovo decreto legge è ispirato al principio della «bigenitorialità perfetta», in base al quale si vuole riscrivere la legge del 2006 sull’affido e la condivisione dei figli dopo separazioni e divorzi. Ecco quali sono le novità principali e quali le critiche mosse dalle più importanti associazioni che si occupano di violenza contro le donne.
L’abolizione dell’assegno di mantenimento
Uno dei punti più discussi è l’abolizione dell’assegno di mantenimento per il figlio, mentre rimane quello per il coniuge. Ha spiegato Pillon sempre a La Stampa che «il piano genitoriale tiene conto del tenore di vita cui è abituato il figlio. Chi ha più mezzi contribuisce di più», aggiungendo poi che la legge riconosce il lavoro domestico: nella ripartizione delle spese, quindi, sarà considerato il valore economico del lavoro casalingo. Ogni genitore manterrà il figlio nel periodo che gli spetta: ciò comporterà, nella pratica, che il minore debba dividersi tra la casa del padre e quella della madre per un numero di giorni stabilito dal Tribunale.
Di fatto, è la direzione contraria rispetto a quella intrapresa negli ultimi decenni, che preferiva mantenere un’unica casa per non sottoporre il minore a ulteriore stress emotivo. «Non possiamo sacrificare un genitore sull’altare dell’habitat del figlio», ha detto Pillon, che dimostra così di raccogliere le istanze delle più agguerrite associazioni di padri divorziati e/o separati.
L’obbligatorietà della mediazione familiare
Un altro punto che ha sollevato molti dubbi, anche nella maggioranza, è l’introduzione dell’obbligatorietà della mediazione familiare: il primo incontro è gratuito, mentre i restanti sono a carico dei due coniugi. Secondo Pillon, se i genitori riescono a raggiungere un accordo «stipulano un “piano genitoriale” che prevede cosa il figliodebba fare o non fare, che scuole frequentare, che sport praticare, dove vivere. Fermo restando che alternerà le case dei genitori».
Qualora la coppia non sia in grado di raggiungere autonomamente un accordo, interviene il mediatore familiare, motivo che, secondo il senatore Pillon, avrebbe attirato le critiche degli avvocati divorzisti. Come segnalato da L’Espresso, Pillon è lui stesso un mediatore e il suo ddl «prevede la creazione presso il ministero della Giustizia di un apposito albo dei mediatori e punta a rendere obbligatorio il ricorso alla mediazione in caso di separazione e di divorzio». Un obbligo che può trasformarsi in un peso economico non indifferente per chi decide di separarsi.
Le critiche
Tra le maggiori critche ci sono quelle sollevate dalle maggiori associazioni che si occupano di diritti delle donne e violenza: Di.Re (Donne in rete contro la violenza) ha lanciato una petizione per fermare il nuovo ddl: mentre scriviamo, mancano poche migliaia di firme all’obiettivo di 75.000. Ha spiegato Lella Palladino, presidente di Di.Re, a La Stampa: «Ogni giorno vediamo quanto sia difficile denunciare per le donne vittime di violenza se ci sono dei figli. Con le norme del ddl Pillon la situazione non può che peggiorare: perché sono pensate per un Paese che non esiste, dove le donne sono uguali agli uomini per potere e retribuzione. L’elevato tasso di disoccupazione femminile è invece un dato di realtà».
Per questo Di.Re, assieme ad altre cinque associazioni che tutelano i diritti dei genitori che si separano – Cam – Centro di ascolto uomini maltrattanti, Fondazione Pangea, Maschile Plurale, Telefono Rosa e Unione donne italiane – ha richiesto una audizione in Commissione Giustizia e annunciato una manifestazione per il prossimo 10 novembre. Ha spiegato nello stesso articolo Stefano Ciccone di Maschile Plurale: «Credo che si debba ascoltare il disagio dei padri separati, e dargli una risposta diversa, mentre qui si utilizza una sofferenza reale, il desiderio maschile di paternità, per strumentalizzarlo politicamente». Il ddl, sostengono dunque le associazioni, si fonda su una “illusione di parità” che l’Italia è ben lontana dal raggiungere e porterà, nella realtà, a un aumento dei separati in casa, contribuendo inoltre a rendere ancora più difficile le denunce di violenza all’interno del nucleo familiare.