La novità era attesa da tempo, adesso il Governo ha dato il via libera al bonus anziani che prevede un assegno di assistenza da 850 euro. La misura si aggiunge all’indennità di accompagnamento ed è finanziata grazie al Pnrr, per migliorare la presa in carico degli over 65, con particolare attenzione a disabili e non autosufficienti.
Il bonus anziani da 850 euro: i requisiti
L’assegno deciso dal consiglio dei Ministri ha un importo di 850 euro, ma non sarà per tutti. I requisiti sono anagrafici (occorre avere almeno 80 anni) e limitati a particolari condizioni del soggetto per cui se ne fa richiesta. Come anticipa Il Sole 24Ore, occorre disporre dell’indennità di accompagnamento, essere non autosufficienti e avere un bisogno di assistenza definito “gravissimo”. In più esiste un requisito di reddito, che non deve superare i 6 mila euro annui di Isee. L’assegno sarà comunque cumulabile con l’indennità di accompagnamento già esistente, pari a 531,76 euro. Il totale, dunque, arriverà a poco più di 1.380 euro.
Quando arriverà l’assegno e a cosa serve
Il bonus potrà essere utilizzato per le spese assistenziali, compresa la retribuzione del lavoro di cura e assistenza svolto da “badanti” o per acquistare l’assistenza da imprese di servizi, ma se non speso sarà revocato. Secondo le stime riguarda una platea di 25mila anziani, sarà erogato a partire da gennaio 2025, in via sperimentale e fino a dicembre del 2026, dunque per due anni.
Cosa cambia: anziani da 70 anni
In realtà il testo licenziato dal consiglio dei Ministri è stato accolto con qualche criticità, soprattutto per la definizione dei limiti di età, quindi per altri servizi previsti dalla riforma. In particolare la soglia minima per accedere a tutte le prestazioni sanitarie e sociosanitarie è stata alzata da 65 a 70 anni: riguarda, quindi, i servizi non legati al bonus anziani in sé e sarà quella tenuta in considerazione nella valutazione del paziente effettuata nei Punti unici di accesso (Pua), da istituire nelle case di comunità previste dal Pnrr per l’assistenza. Secondo le Regioni e diverse associazioni, c’è il rischio di creare una fascia di “esodati”, tra i 65 e i 69 anni, che non potrà rientrare nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e nei Leps (i livelli minimi delle prestazioni sociali che devono ancora essere definiti).
Le altre novità
A prevedere il bonus, intanto, era già una legge-quadro, la 33 del 23 marzo 2023, che ora ha ottenuto un via libera dopo la quantificazione della spesa: 500 milioni di spesa per i 24 mesi di “prova”, stanziati dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Si somma ad altre misure approvate in precedenza: il cosiddetto “co-housing intergenerazionale” e il “riconoscimento del diritto delle persone anziane alla somministrazione di cure palliative domiciliari e presso hospice”.
Anziani e prestazione universale “graduata”
L’obiettivo del bonus anziani è di promuovere il progressivo potenziamento delle prestazioni assistenziali in favore delle persone anziane non autosufficienti. Per questo è stata prevista una prestazione universale, sotto forma di assegno o pacchetto di servizi, che si affiancherà alle varie indennità oggi percepite. Sarà graduata secondo lo specifico bisogno assistenziale ed erogabile, a scelta del soggetto beneficiario, sotto forma di trasferimento monetario e di servizi alla persona di valore comunque non inferiore alle indennità e alle ulteriori prestazioni di cui gode. Per questo sarà istituito un fondo denominato “Fondo per la prestazione universale per gli anziani non autosufficienti”.
Condivisione di immobili tra anziani e “giovani svantaggiati”
Nel testo del precedente ddl, modificato rispetto a quello di ottobre, è previsto anche il cosiddetto “co-housing intergenerazionale“. Lo scopo è quello di una forma di coabitazione tra giovani, specie in condizioni svantaggiate, e anziani. L’ambizione? Stimolare “la solidarietà e la coesione tra generazioni, attraverso il sostegno alle esperienze di solidarietà, alla promozione culturale intergenerazionale e alla promozione della relazione fra diverse generazioni”. Il tutto da realizzarsi “secondo criteri di mobilità e accessibilità sostenibili, nell’ambito di case, case-famiglia, gruppi famiglia, gruppi appartamento e condomini solidali, aperti ai familiari, ai volontari e ai prestatori esterni di servizi sanitari, sociali e sociosanitari integrativi”.
Cure palliative, cosa cambia?
Il governo, già nel Ddl, si era prefisso di dar vita al “riconoscimento del diritto delle persone anziane alla somministrazione di cure palliative domiciliari e presso hospice“. E ancora, il “riconoscimento del diritto delle persone anziane alla continuità di vita e di cure presso il proprio domicilio entro i limiti e i termini definiti, ai sensi della presente legge, dalla programmazione integrata socioassistenziale e sociosanitaria statale e regionale”. È questa l’altra grande novità introdotta dall’esecutivo rispetto al testo elaborato dall’ex ministro Andrea Orlando in precedenza.
Confermata la costituzione del CIPA
Nel ddl era già stata confermata la costituzione del Comitato interministeriale per le politiche in favore della popolazione anziana (CIPA) presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Il compito è “promuovere il coordinamento e la programmazione integrata delle politiche nazionali in favore delle persone anziane, con particolare riguardo alle politiche per la presa in carico delle fragilità e della non autosufficienza, nonché il miglioramento qualitativo dei servizi residenziali e semiresidenziali per gli anziani che dovranno sempre più facilitare le normali relazioni di vita e le attività sociali nel rispetto della riservatezza della vita privata”.