Cresce il consumo di alcol, specie fuori pasto e tra le donne, ma preoccupa anche il fenomeno del binge drinking tra i più giovani. Due tendenze che spingono il Ministero della Salute a parlare di “criticità”. Proprio il Ministro Orazio Schillaci ha suggerisce “prudenza”, ricordando uno slogan noto: less is better. Pronta anche una campagna di sensibilizzazione. Ma perché proprio le donne (giovani) bevono di più?
L’alcol dopo la pandemia
Secondo i dati Istat, riportati nella Relazione del Ministero al Parlamento, nel corso del 2022 il 67,1% della popolazione italiana di 11 anni e più ha consumato almeno una bevanda alcolica (pari a 35 milioni e 918 mila persone), con una prevalenza maggiore tra i maschi (77,4%) rispetto alle femmine (57,5%). A bere, dunque, erano soprattutto uomini e abituati a un consumo quotidiano (28,4% tra i maschi e 10,7% tra le femmine). Già due anni fa, però, si osservata un incremento nei quantitativi e non solo.
Crescono le donne che bevono alcol
Come si legge nel documento, infatti, “si osserva (un incremento) esclusivamente tra le donne, passate dal 56,1% al 57,5%”. Se si prendono in considerazione i dati nell’arco di 10 anni, inoltre, la quota di donne consumatrici per il consumo occasionale passa dal 39,3% al 46,9%, mentre le donne che consumano alcol fuori pasto passano dal 15,6% al 23,2%. Rimane stabile, invece, il consumo giornaliero (19,4% nel 2021 e 19,3% nel 2022), mentre sale quello fuori pasto (30,7% nel 2021 e 31,7% nel 2022) e occasionale (46,9% nel 2021 e 47,9% nel 2022).
Dal bere a tavola ai calici fuori pasto
Cosa sta succedendo, quindi? «Come tutti i fenomeni di questo tipo è difficile dare una risposta univoca, perché influiscono aspetti culturali e sociali, ma anche storie personali ed elementi legati il periodo della pandemia. Ciò a cui stiamo assistendo oggi è comunque un cambio prevalentemente di tipo culturale. Il bere fa parte di qualunque momento di socialità e condivisione. L’alcol non è più limitato al vecchio bicchiere di vino ai pasti, ma alle uscite in compagnia come aperitivi o drink dopocena. Questo influenza sicuramente anche i parametri quantitativi, oltre alle modalità di consumo, perché non è abbinato alla cena tradizionale, ma per esempio agli stuzzichini dell’happy hour», spiega Cristina Galassi, psicoterapeuta, analista e responsabile clinica del Centro Europeo per le Dipendenze (IEUD).
Il bere al femminile: cosa è cambiato
«Quanto alle donne, oggi il bere è legato alla condivisione di uno stile sociale che non tiene conto delle differenze di genere. Di fatto non ci sono più molte differenze tra uomini e donne, da questo punto di vista. Ciò che è diverso, però, è il fatto che le donne mostrano una maggiore capacità di mettersi in discussione, che nel mondo maschile si rileva generalmente meno – chiarisce Galassi – Significa che nel mondo femminile percepiamo più capacità di capire se si sta perdendo il controllo». L’esperienza indica anche un’altra caratteristica: le donne bevono anche in modo solitario.
Le donne bevono alcol anche da sole
«Il bere femminile è più solitario. Sono diversi i casi che trattiamo che riguardano donne mature, non più giovanissime, che spesso hanno anche una vita professionale gratificante, che iniziano col bere un calice di vino alla sera, magari mentre cucinano. Poi, però, passano a due o più, e il rischio è che l’alcol prenda il sopravvento, magari diventando un desiderio anche a inizio giornata. Il loro approccio è appunto in solitudine e spesso è motivato da una problematica di tipo affettivo – spiega la psicoterapeuta – Capita che questo tipo di donne viva una relazione difficile e il bere diventa uno strumento autoconsolatorio, che però sappiamo essere fallimentare. In pratica ha lo scopo di spegnere la rabbia o la frustrazione dopo un litigio. Può affiancarsi, quindi, ad un altro tipo di dipendenza, soprattutto affettiva. Detto questo, va sottolineato che ogni storia è a sé e va trattata individualmente».
Preoccupa il binge drinking
Un altro fenomeno preoccupante è il binge drinking, cioè il consumo smodato di alcol in un arco temporale ristretto. Come spiega la Relazione, il fenomeno nel 2021 riguardava il 14,8% dei giovani tra i 18 ed i 24 anni di età, salito al 15% l’anno successivo. «A tutt’oggi il consumo dannoso di alcol resta una criticità, tanto da indurre molti Paesi ad adottare raccomandazioni sul consumo di bevande alcoliche, suggerendo la prudenza», ha commentato il Ministro Schillaci.
Perché i giovani bevono di più
«Il binge drinking rientra in una modalità, sempre più diffusa, del bere nella serata o nel fine settimana, quando l’alcol diventa il protagonista degli incontri. Chiaramente ha l’effetto di indurre euforia, eccitazione, ottundimento che sganciano dalle inibizioni, con tutte le conseguenze del caso – spiega l’esperta dell’IEUD – L’alcol quindi non è più un “accessorio” della convivialità, ma è diventato quasi l’elemento aggregante, il motivo per cui ci si trova». Tutto ciò non è privo di rischi, però: «È chiaro che i giovani hanno una minor capacità di tener conto dei rischi, anzi: tendono a voler dimostrare di essere in grado di reggere l’alcol, aumentandone le dosi», sottolinea Galassi.
Il confine tra piacere e bisogno
«È come se l’alcol fosse diventato l’unico strumento per trovare una modalità relazionale. Ma questo non riguarda soltanto i più giovani, perché ci sono anche 50enni che hanno cambiato l’approccio al bere. In questo giocano un ruolo anche il marketing e le pubblicità di acolici. Invitano a bere responsabilmente, ma il problema è che sempre più spesso il bere passa dall’essere un piacere da condividere in compagnia a un bisogno. All’inizio si desidera la serata, non il bere. L’invito alla moderazione non tiene conto della capacità o incapacità di controllo, che può essere inficiata da quello che diventa un bisogno», prosegue l’esperta. Anche in questa direzione va la campagna di comunicazione di Rai e Dipartimento per le Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per sensibilizzare i più giovani sui rischi e pericoli connessi all’uso di droghe.