Lo studio legale di Alessia Sorgato è al Piano C. Che non è una semplice indicazione condominiale, ma il primo coworking milanese tutto al femminile. L’avvocato che difende le donne lavora circondata da donne: «E pensare che quando ho cominciato intorno a me c’erano solo uomini». Le sue clienti sono mogli maltrattate, ragazze abusate o perseguitate.
Ha iniziato a frequentare aule di tribunali oltre 20 anni fa: le penaliste rappresentavano ancora una minoranza. «Eravamo poche e trattate con diffidenza da colleghi, giudici e clienti. Eppure sono convinta che l’approccio femminile paghi. Siamo più sensibili, più creative. Per questo motivo scelgo solo collaboratrici». Specializzata in Criminologia e in Vittimologia (lo studio delle dinamiche perverse che incatenano le vittime ai carnefici), l’avvocato 47enne collabora con la Casa dei diritti del Comune di Milano, è referente e consulente di istituzioni e onlus.
Per Mondadori ha scritto un libro, “Giù le mani dalle donne“, un manuale di consigli pratici per le vittime di violenza. «La maggior parte di loro ignora i propri diritti. Per esempio poche sanno che si possono chiedere gli assegni familiari anche ai mariti allontanati su ordine del giudice» spiega la penalista. «E che tali somme possono essere detratte dalla busta paga. Tante temono di restare sole e senza soldi ma la legge è dalla loro parte». Per Alessia Sorgato essere donna e occuparsi di violenza sulle donne vuol dire entrare in empatia con le vittime, diventare per loro un punto di riferimento. E così capita che la giornata di lavoro, già di per sé molto lunga, prosegua oltre il previsto. Una telefonata può arrivare anche alle 2 del mattino, come è successo qualche settimana fa: «Dall’altra parte della cornetta c’era una mia cliente, terrorizzata perché l’ex marito era ricomparso nel cuore della notte, urlando e battendo i pugni sulla porta». La stanza da letto dell’avvocato quella notte è diventata una centrale operativa. «Ho chiamato i vigili urbani e li ho guidati passo passo» racconta. «Le pattuglie sono arrivate un attimo prima che quell’uomo sfondasse l’ingresso. Messa in salvo la donna, ho passato il resto della nottata a tranquillizzarla».
Ballerina professionista fino alla laurea, dalla disciplina della danza la penalista milanese ha imparato molto: «Una cosa di cui discuto spesso con le persone che frequentano il mio studio è la necessità di rialzarsi dopo una caduta». Avrebbe potuto farsi strada nel balletto, era ancora alle medie quando le proposero la Scala: «Io però ho preferito lo studio e realizzarmi con una mia professione. Ma aver cominciato a ballare a 5 anni mi ha formato. Oggi so stringere i denti quando le cose vanno male e so esibirmi in pubblico. Nel mio lavoro parli, parli, parli e devi sempre dimostrare qualcosa ».
In Italia quasi 7 milioni di donne hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. E nel 62,7% dei casi lo stupro è stato commesso dal partner o dall’ex di turno. Molto spesso, dietro ciascuno di questi reati c’è il medesimo percorso. Un’escalation di minacce e provocazioni che culminano nell’aggressione. «Quello della violenza è un ciclo che si presenta quasi sempre nella stessa sequenza di avvenimenti» racconta Sorgato. «Si comincia dalla denigrazione, le parole che tagliano e che fanno male. Poi arrivano le prime violenze. Mi sono capitate clienti prese a forchettate, addirittura a colpi di piccone. Aggressioni calate in un contesto di sudditanza psicologica. Cominciano piano, durano a lungo e diventano sempre più pericolose. Le vittime a volte neppure avvertono la polizia. Ho seguito donne quasi affogate in una vaschetta di gelato o strozzate da una collana di perle. Altre addirittura ustionate con un ferro da stiro».
Ed è a questo punto che bisogna prestare maggiore attenzione e dimostrare coraggio. «Dopo i primi episodi, di solito il marito-aggressore cambia registro, annusa la possibilità di una denuncia e allora diventa un cagnolino scodinzolante. Chiede perdono, si mette in riga. Insomma fa di tutto per intenerire la propria compagna e scansare il processo. Noi la chiamiamo fase “luna di miele”». Purtroppo, non c’è da fidarsi: «È matematico. Il violento recidivo tornerà a fare del male. Per questo bisogna denunciare. Sempre». Di notte, quando il telefono squilla con un’emergenza in corso, anche un’altra persona si sveglia a casa Sorgato: «È il mio compagno, stiamo insieme da 4 anni, lui fa l’architetto e ha dovuto imparare a convivere con i miei orari impossibili. Non penso sia contento di vedermi così poco, ma è orgoglioso del lavoro che faccio e del sostegno che offro a così tante persone nei momenti difficili. Quando una cliente ci sveglia di soprassalto per supplicare il mio aiuto, lui si offre di accompagnarmi da lei».