Cosa succede nel cervello di un piccolino davanti a un device elettronico?

«Tra 0 e 3 anni il cervello è molto plastico: tutte le stimolazioni, o l’assenza di stimolazioni, hanno un effetto sul suo sviluppo» spiega Viola Macchi Cassia, professore di psicologia dello sviluppo e dell’educazione dell’Università di Milano Bicocca. «Tra le più importanti capacità che si potenziano a questa età c’è l’attenzione, una funzione cognitiva di base su cui si costruiscono abilità complesse come il linguaggio, le emozioni, le relazioni. Fino a poco tempo fa si credeva che le capacità attentive si sviluppassero più tardi, in età prescolare, studi recenti confermano invece che si formano nei primi mesi di vita. Gli stimoli forniti da un tablet agiscono proprio sulle capacità attentive».
In che modo? «Pare che i bambini che usano con continuità i tablet siano più veloci nel rispondere agli stimoli visivi: è la cosiddetta “attenzione esogena”, che ti fa spostare lo sguardo su un oggetto che compare nel tuo campo visivo. Ma sembrano svantaggiati nell’attenzione “endogena” che rende capaci di modulare e inibire questa risposta, cioè la concentrazione e l’autocontrollo».
Perché è utile saperlo? «Le evidenze scientifiche aiuteranno a produrre giochi e contenuti sempre più mirati per i piccoli. Per i genitori sono un supporto alla consapevolezza e al buon senso: non è necessario proibire i dispositivi ai piccolissimi, ma ridurre i tempi ed essere attenti a ciò che i bambini guardano e fanno con un dispositivo, sì».

Maneggiare un tablet dai 6 mesi: no, sì, come?

Le linee guida dell’Accademia Americana di Pediatria e dell’Oms consigliano di non lasciare i bambini davanti a tv, tablet o smartphone prima dei 18 mesi. E di non superare l’ora dai 3 ai 6 anni. Ma gli esperti sono dubbiosi: e se poi si scoprisse che i device sono un’opportunità? «La strada giusta è affidarsi al buon senso informato dalle conoscenze scientifiche» spiega Viola Macchi Cassia. «I bambini sotto i 2 anni imparano più velocemente se hanno accanto una persona che, con le parole, i gesti, le espressioni del viso cattura la sua attenzione e lo aiuta a focalizzarla sulle cose. Se il bambino tiene in mano il tablet o lo smartphone della mamma, o del papà, che commenta, incoraggia, interagisce con lui, l’esperienza sarà ricca. Tutt’altra cosa è lasciarlo un’ora o più, in un’altra stanza, da solo con il dispositivo».

Il bambino usa lo smartphone: è un genio?

«Il rapporto tattile con gli oggetti è il più naturale per un bambino. Se dai uno smartphone a un neonato, lo metterà in bocca. Se dai un tablet a un bambino di 1-2 anni, comincerà a toccare lo schermo: e il sistema touch intercetta un’esperienza tipica di quell’età» spiega Pier Cesare Rivoltella, professore di tecnologia dell’istruzione e direttore del Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media e all’Innovazione Tecnologica (Cremit) dell’Università Cattolica di Milano. «Non si tratta di precocità o intelligenza: i bambini sono portati a imparare con l’esperienza e, finché non vanno a scuola, non temono l’errore. E poiché i dispostivi digitali funzionano a tentativi, imparano più in fretta rispetto a un adulto che si blocca se non sa esattamente cosa fare».

Tablet o tv per i bambini più piccoli?

«Meglio il tablet se viene usato dal bambino per le sue caratteristiche multimediali: cioè per la possibilità di agire su suoni, colori, figure» spiega Viola Macchi Cassia. «Se le azioni sono adatte alla sua età (ma senza esagerare con gli stimoli), l’esperienza è positiva. In più, per fare click, scroll o trascinare, un bambino allena i movimenti fini della mano e delle dita, e questo lo rende un po’ più abile nell’afferrare gli oggetti. Ma ciò che conta è il coinvolgimento attivo. Se il bambino clicca, succede qualcosa, un po’ come quando lancia un oggetto dal seggiolone e ne sente il rumore: sperimenta la causa-effetto. Con la tv questo non succede».

Devo stare sempre a fianco di mio figlio mentre gioca?

«Fino ai 2 anni, sì. Dai 3 è giusto lasciare spazio per la scoperta: con le app e i videogiochi viene facile perché sono fatti per essere usati in modo intuitivo» spiega Pier Cesare Rivoltella. «Questo non significa che un bambino deve imparare a usare il computer da solo: un conto è la confidenza, un altro la competenza. E nemmeno deve isolarsi con il tablet in mano. Può però esplorare da solo il gioco o l’applicazione che il genitore ha scelto per lui».

Cartoni prima di dormire: si può?

«L’addormentamento è un momento delicato: è la fase in cui bisogna lasciare la presa razionale ed esorcizzare la paura istintiva dell’abbandono» dice Pier Cesare Rivoltella. «I bambini da sempre amano sentirsi raccontare storie prima di dormire, non tanto per il contenuto in sé, ma per il rito che li rassicura. In questa prospettiva guardare il cartone preferito in tv o sul tablet non è un male. Però, raccontare una favola a voce è meglio e resta il modo più efficace per aiutarlo a sviluppare il linguaggio».

Quali videogiochi scegliere?

«Per i piccoli, i videogiochi con la classificazione PEGI 3 (Pan European Games Instruction dai 3 anni in su) garantiscono contenuti adatti, senza violenza né linguaggio inappropriato» spiega Paolo Maria Ferri, professore di didattica e pedagogia dell’Università di Milano Bicocca. «Ma non è un indicatore del livello di difficoltà. Per verificare se è troppo complicato bisogna provarlo insieme al bambino: ci sono videogame PEGI 12 o persino 18, cioè per grandi, a cui un piccolo sarebbe in grado di giocare, ma che potrebbero impressionarlo con scene o personaggi non adatti».

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Quando guarda uno schermo, si calma. Quando glielo togli piange. Perché?

«Davanti a uno schermo un bambino di pochi mesi si incanta per i colori e le forme in movimento. Un’esperienza piacevole che attiva nel cervello il rilascio della dopamina, il neurotrasmettitore del piacere. Se glielo
togli, la gratificazione si interrompe, scatta la frustrazione e quindi il pianto disperato» spiega Pier Cesare Rivoltella. «È uno dei motivi per cui il tablet, a quell’età, andrebbe lasciato solo 10-15 minuti: per evitare la reazione violenta e aiutare a sostenere la frustrazione. Dopotutto, se si permette l’uso del dispositivo così presto, altrettanto presto bisogna insegnare che c’è un limite».

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Vuoi partecipare con il tuo bambino alla ricerca scientifica?

Il Laboratorio Prima Infanzia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca studia come si sviluppano le capacità percettive, cognitive e sociali dei bambini nel loro primo anno di vita. Per farlo utilizza procedure non invasive, ideate appositamente per essere usate con i bambini di pochi mesi di vita. Se vuoi sapere di più dell’attività e sei interessata a collaborare ai progetti di ricerca, chiama lo 0264483782 o manda una e-mail a [email protected]. Oppure vai su Facebook: facebook.com/MinDevLab.