Troppo piccoli, con la pelle trasparente e una fragilità che prima di intenerirti ti spaventa: ogni mamma di un neonato prematuro vive il conflitto tra il desiderio di proteggere il bambino uscito dal grembo troppo presto, e la paura di fargli male. Invece toccarlo è indispensabile perché il contatto è una cura, sempre più validata scientificamente.
In quali ospedali pediatrici lavorano gli osteopati
I professionisti del contatto che cura sono gli osteopati, da alcuni anni al fianco di medici neonatologi e infermieri specializzati in alcune strutture ospedaliere pubbliche italiane. In Italia si tratta di esperienze pionieristiche (negli Usa e altri paesi europei la pratica è diffusa da anni) ma l’attività maturata nel reparto di terapia intensiva dell’Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi di Milano, nell’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma, nel reparto di terapia intensiva del Presidio ospedaliero Santo Spirito di Pescara e nel reparto di Neonatologia dell’Ospedale Garibaldi di Catania, ha prodotto risultati postivi e una quantità di evidenze e studi di rilevanza internazionale che aiutano a capire sempre meglio quanto questa terapia dolce può aiutare a superare alcune problematiche legate alla precocità della nascita.
Come l’osteopata tratta il prematuro
La manipolazione del prematuro tiene conto della sua estrema delicatezza e quindi è molto diversa per intensità, punti di appoggio e tempistica di trattamento rispetto a quella praticata sull’adulto. «Le mani devono essere leggere, avvolgenti come carezze» spiega Marco Petracca, osteopata specializzato nel trattamento di bambini e neonati all’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma e membro del ROI – Registro Osteopati d’Italia, l’associazione di categoria di riferimento per l’osteopatia. «A volte si sta anche solo con la mano ferma sull’osso sacro o sulla base craniale». L’osteopata interviene quando il bambino non è in una fase critica e solo in momenti che non lo disturbano, per esempio, se viene svegliato per una visita o per mangiare, si ricavano quei 10 o 20 minuti – tanto può durare al massimo la manipolazione – per trattarlo.
Come reagisce il neonato
«Se è stabile, anche il prematuro estremo di 24 settimane può essere toccato, persino se ha il sondino naso-gastrico» spiega Marco Petracca. «È sempre l’equipe medica a decidere. Per parte nostra ci rendiamo subito conto se è in grado di accogliere il trattamento e reagire positivamente».
Grande da stare tutto tra i palmi delle mani, il bimbo si accomoda, si annida e si lascia andare. «Durante il trattamento il piccolo non piange, la frequenza respiratoria e cardiaca si regolarizza, migliora l’ossigenazione, la pelle non è marezzata ma rosea. L’espressione senza tensioni del viso esprime uno stato di benessere e rilassamento» racconta l’esperto.
L’inizio della vita nel mondo esterno per un prematuro è in salita, e per quanto l’attenzione e la cura nelle terapie intensive neonatali siano ai massimi livelli, un ago per un prelievo, un sondino, un’intubazione anche praticate con destrezza, provocano dolore. Ben venga quindi il momento delle carezze. Ma da un punto di vista della terapia, cosa può dare in più l’osteopata?
Un video per capire come gli osteopati operano negli ospedali pediatrici
Quali vantaggi per il prematuro
«Il primo dato positivo è che i prematuri trattati vengono dimessi prima. Segno che i trattamenti promuovono uno sano sviluppo. Lavoriamo in particolare sulla “care posturale”, cioè quel tipo di attenzioni che favoriscono lo sviluppo neuro-sensoriale, motorio e morfologico e migliorano la funzionalità respiratoria, il sonno e fanno diminuire le coliche e il reflusso gastro-esofageo, lo stress, l’instabilità motoria» spiega l’esperto.
Gli infermieri hanno cura di cambiare posizione al bambino che però, costretto nell’incubatrice, tende a mantenere posture obbligate. Per esempio, si può fare caso anche nei neonati a termine la tendenza a stare sempre con la testa girata solo da un parte: quando l’adulto prova a fargli cambiare lato, il piccolo protesta. «Nel prematuro che è ancora più “morbido” questa situazione si può correggere con un delicato trattamento cranio cervicale per abituarlo a muovere il capo in modo più comodo ed evitare la plagiocefalia, l’appiattimento del cranio che nella crescita potrebbe avere un impatto sulla vista o sulle malocclusioni dentali».
Se l’osteopatia abbia anche un effetto positivo nello sviluppo degli organi non ben formati del prematuro non si può affermare con certezza perché mancano studi sull’argomento.
Cosa possono imparare i genitori
Toccare un prematuro non è facile nemmeno per una madre. Nel periodo della pandemia, tra l’altro, i genitori vengono purtroppo tenuti fuori dai reparti dove già d’abitudine si può entrare con mille cautele, e non sempre si riesce a trattare il neonato in loro presenza. «Ma quando è possibile lo facciamo» spiega l’osteopata Marco Petracca. «Se i genitori sono intimoriti dalla fragilità del piccolo, vedere l’osteopata che lo tocca, lo solleva, lo gira e ottiene una reazione di benessere, li rassicura. Ci sono bambini pre-termine molto reattivi che al contatto mostrano stizza e fastidio. Con l’osteopatia diventano più “toccabili”. A vantaggio dei genitori che possono a loro volta iniziare a tenerli nel modo giusto». Una lezione importantissima visto che hanno un ruolo essenziale nella terapia delle carezze.
Alla nascita il prematuro deve adattarsi alla mancanza del contenimento dell’utero e affrontare una forza di gravità che è circa tre volte maggiore rispetto a quella a cui era sottoposto nel liquido amniotico. Per questo a volte si agita, trema, come se soffrisse di un equilibrio precario. Alcune tecniche di “care posturale” più semplici, come il contenimento tra le mani o la marsupioterapia, aiutano il piccolo ad abitare meglio il suo corpo e a far superare ai genitori la paura di “romperlo”.
Una cura che può proseguire
Una volta usciti dall’ospedale, i prematuri seguono un follow up che in genere dura due anni, si tratta di visite mediche che controllano la crescita e il regolare sviluppo nel corso del tempo. Anche in questo caso l’osteopata può continuare il suo lavoro di affiancamento ai medici. «Il nostro intervento è molto efficace sui quei bambini che soffrono di coliche e reflusso gastroesofageo» spiega Marco Petracca. Oppure se la plagiocefalia, l’appiattimento del cranio e le asimmetrie posturali non si sono risolte e richiedono trattamenti specifici. Anche quando la motricità è nei limiti nella norma, per esempio il piccolo rotola con fatica, si può intervenire con dei trattamenti osteopatici».