I primi profughi ucraini sono arrivati in Italia, nelle scorse ore, a Trieste e Piacenza in autobus. Si tratta soprattutto di donne e bambini, mentre i mariti sono rimasti a combattere. Altri hanno raggiunto in auto Brescia, Padova, qualcuno anche Roma, dove ad aspettarli ci sono parenti o amici. Ma moltissimi non possono lasciare l’Ucraina, sia per mancanza di mezzi, sia perché malati. L’Oms stima che in tutto ci potrebbero essere 4 milioni di profughi, per l’Onu si potrebbe arrivare a 7, come effetto della guerra. Ma preoccupano anche le condizioni negli ospedali a Kiev e non solo. Lì operano da tempo anche organizzazioni italiane, che lanciano un allarme: «Siamo molto preoccupati: le notizie che arrivano sono pessime: molti bambini sono stati portati nei rifugi degli ospedali, ma l’assistenza medica è diminuita perché dottori e infermieri hanno a loro volta famiglie da mettere in salvo. C’è un’enorme carenza assistenza ospedaliera, che ha effetti sui malati, soprattutto i più piccoli» ammette Claudia Segre, presidente di Global Thinking Foundation, che da alcuni anni segue e supporta progetti di assistenza per bambini malati oncologici in Ucraina, in collaborazione con l’Associazione Soleterre.

Bambini oncologici a rischio

La situazione è drammatica: l’Oms stima un aumento di fabbisogno di forniture mediche tra il 20% e il 25% rispetto a prima dell’escalation e del conflitto militare. Ma proprio l’approvvigionamento sanitario, sia di farmaci sia di apparecchiature mediche, è diventato critico. Manca, in particolare, l’ossigeno. Secondo il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, e secondo il direttore regionale per l’Europa, Hans Henri P. Kluge, anche la fornitura di apparecchiature per gli ospedali è molto difficile. Si sta lavorando per ristabilire un transito sicuro tramite la Polonia.

«La situazione dei “nostri” bambini oncologici e le loro famiglie in Kiev è critica: i più gravi sono rimasti nell’Ospedale in Kiev, che ha un piccolo rifugio. Alcune famiglie sono nel sottoscala della Dacia, di cui alcune tv hanno trasmesso filmati che mostrano le condizioni» spiegano dalla Fondazione. Per qualcuno, poi, si è cercato di effettuare trasferimenti, come per 5 famiglie che hanno lasciato Zaporuka per Ternopil dove l’ospedale dovrebbe riuscire a garantire il proseguimento del protocollo chemioterapico.

«La situazione a Lviv è meno critica, l’ospedale WUSPMC (Western Ukraine Specialized Pediatric Medical Centre) ha completato le prove per l’evacuazione» informano dalla Global Thinking Foundation, spiegando: «Attraverso Damiano Rizzi e Stefano Oltolini di Soleterre, siamo in costante contatto con Natalia Onipko di Zaporuka e il dr. Roman Kizyma di WUSPMC. Abbiamo inoltre un flusso diretto con medici delle regioni di Lviv e Ivano-Frankivs’k».

Le cure per i bambini oncologici

Oltre ai feriti negli attacchi, infatti, c’è il problema di garantire cure a chi era già ammalato prima, in un paese che ha già vissuto l’incubo di Chernobyl: «Alcuni oncologici provengono da zone di contaminazione dell’incidente nucleare del 1986. A tutti loro ci sentiamo particolarmente vicini: da due anni raccogliamo fondi e indirizziamo le donazioni dei nostri sostenitori in occasione del Natale» spiega ancora Claudia Segre, della Global Thinking Foundation. Intanto in Italia si raccolgono aiuti da inviare in Ucraina proprio ai più piccoli, come sta facendo l’AiBi, l’Associazione Amici dei Bambini. La raccolta è accompagnata dall’hashtag #bambiniperlapace: in questo caso il denaro è destinato ai piccoli ospiti dell’orfanotrofio Volodarka e a tutti i bambini in difficoltà: «La guerra è sempre e comunque una tragedia, ma per chi non ha nemmeno la mano di mamma e papà da stringere per sentirsi un po’ più sicuro, il dramma è anche peggiore». I proventi della raccolta servono «per il supporto psicologico specifico per i bambini e i ragazzi, per organizzare attività ludiche che possano regalare ai minori un momento di spensieratezza e di speranza, anche con la realizzazione di “spazi sicuri”, per la fornitura di aiuti concreti ai bambini, sotto forma di alimenti, vestiti, materiale scolastico e tutto quello di cui i nostri referenti sul territorio rileveranno il bisogno. Siamo inoltre a disposizione per contribuire alle spese di trasporto per permettere ai minori di lasciare le zone più critiche del conflitto, coordinandoci con la rete di organizzazioni locali a tutela dei minori» spiega l’Associazione. In Moldova, invece, è stato allestito un punto di accoglienza dei profughi, da implementare in coordinamento con il Ministero della Protezione Sociale e le autorità locali, dove sono offerti acqua potabile, alimenti, kit per l’igiene personale. Si trova presso la dogana, dove i profughi possono rimanere fino a un massimo di 72 ore. A Chisinau, la capitale del Paese, è invece aperto un campo con una capacità massima di 450 posti.

L’accoglienza in Italia

Non mancano iniziative anche in Italia. A Padova, ad esempio, il vescovo Claudio Cipolla ha accolto una sessantina di orfani ucraini aprendo le porte del Seminario minore di Rubano, rispondendo all’appello lanciato dall’associazione L’Isola che non c’è. Grazie al passaparola in poche ore sono arrivate già numerose offerte di aiuto, sia da cittadini che aziende e organizzazioni come Assoindustria Veneto Centro che ha fatto sapere di voler mettere a disposizione cinque appartamenti.

Altre iniziative analoghe sono partire anche in Alto Adige e in Abruzzo. In quest’ultimo caso la Croce Rossa regionale ha raccolto aiuti (cibo, tende, brande, sacchi a pelo, ecc.) per offrire sostegno a chi ha perso la casa. La Caritas abruzzese ha organizzato anche in questo caso una raccolta fondi, che si unisce a quella nazionale su tutto il territorio. È invece l’Associazione degli ucraini di Bolzano che ha organizzato nelle scorse ore una manifestazione della pace in occasione della quale sono state accettate donazioni, in collaborazione con la Croce Rossa, per i rifugiati ucraini che sono stati accolti da diverse famiglie in Moldavia.

In Sardegna, invece, sono già 300 le famiglie che hanno aderito all’appello lanciato dall’Associazione Cittadini del Mondo OdV di Cagliari, per accogliere i bambini ucraini in fuga dalle zone di guerra. «Tante le nostre famiglie che in questi anni hanno ospitato i bambini bielorussi attraverso il Progetto Chernobyl e che oggi danno la disponibilità ad accogliere i bambini ucraini dalle zone di guerra, dimostrando che la solidarietà non conosce confini e nazionalità ma vuole essere un gesto concreto di aiuto – fa sapere l’associazione – La guerra è una tragedia immensa le cui conseguenze le pagano i più deboli, in particolare i bambini».