L’avete letto tutte? Barbie diventa chiatta e tappa.
Ops. “Minuta” e “curvy”, per la precisione politically correct. E giù fiumi di inchiostro per plaudire alla Mattel che, brava, è un azienda al passo coi tempi. Sa “evolversi” (altra brutta parola di moda) ed è – brrrrrrrividi – “femminista”.
Allora, io da piccola avevo un’amica che si chiamava Arianna. Lei aveva 100 Barbie e la casa dei sogni, quella con l’ascensore che faceva su e giù con la cordicella. Erano gli anni Ottanta ruggenti. Sognavo pure il camper, io, di Barbie. E il maledetto barboncino. E Ken (non il guerriero) e quell’altro, il moro, il Big Jim.
Ecco, già ero inorridita quando la bambolona stupida e bionda si era “emancipata” (aiuto!) dai fidanzati. Ma come osi, pazza?!? Rinunciare a farti mantenere da uno più sciocco e leggero di te? Con i tempi che corrono?
Dopo l’orrida bambola con la cicatrice a cui avevo detto «No, grazie» qui, ci mancava anche questa finta democratizzazione del corpo di plastica.
In America dicono che alle bambine piacciono questi modelli più “normali”?
Ma che cos’è la normalità? Che cosa è il sogno? Che cosa sono le “aspirazioni”?
Siamo alle solite: davvero pensiamo che la risposta a queste domande possa arrivare da una Barbie?
A me lo ha insegnato la mamma, insegnante di Latino e greco, citando Socrate: Conosci te stessa.
Ma poi arrivava mio padre, medico: «Sì, ma se mangi troppe merendine e ingrassi, non ti si piglia nessuno e ti viene il diabete».
Sono cresciuta in questo dualismo educativo. Con l’ansia da prestazione per accettarmi “così come sono”. La Barbie, fino a oggi, l’aveva scampata: poteva essere figa senza ritegno.
Io continuo a preferirla così.