Allattare il proprio bambino è il desiderio della maggior parte delle neomamme. Ed è stato anche il mio. Lo sogni per nove mesi, immagini le sensazioni della prima volta in cui piccolo si attaccherà al seno. E non hai dubbi: sarà facile e naturale. Ecco perché la delusione di non riuscirci (se capita) ti colpisce ancora più forte. Le cause sono tante, dalle ragadi alla mastite, da un evento che ti ha fatto perdere il latte alla constatazione di non averne abbastanza per nutrire il tuo piccolo. E quasi sempre, insieme al latte artificiale, si insinua il senso di colpa. Spesso alimentato, anziché placato, da conoscenti, parenti e persino dai medici.

Ne abbiamo parlato in un articolo sull’ultimo numero de Il bambino di Donna Moderna (n.19) e abbiamo ricevuto tante email di mamme che ci sono passate. Come Laura che scrive: «Ho sofferto per non avere allattato mio figlio sette anni fa e la stessa cosa è successa con la mia bimba. Ho pianto tanto, ma di latte non ne avevo». Il sostegno per superare la sua delusione lo ha ricevuto da un’infermiera, che dolcemente le ha fatto capire che era meglio una bimba allattata artificialmente di una mamma malata. O come Federica che fa la fiorista e non poteva abbandonare il suo negozio alla nascita di suo figlio. Dice: «Ho pensato di fare la cosa giusta per lui e invece già in ospedale mi sono sentita una criminale, una pessima mamma… mille sensi di colpa, ma ho tenuto duro. Oggi so che è stata la scelta giusta, ma all’epoca l’ho vissuta male e avrei voluto leggere un articolo così».

Ecco perché ho voluto parlarne ancora. Per Valentina, Camilla, Giulia, Federica che ci hanno ringraziato per avere avuto il  coraggio di affrontare un argomento “scomodo” e ci hanno raccontato le loro storie. E anche per la mia amica Silvia che, per non avere potuto allattare la sua prima bambina, ha avuto un esaurimento nervoso. Le sarebbe servito un appoggio costruttivo, invece ha ricevuto tanti consigli sull’ultimo integratore che promette risultati tipo balia, pillole miracolose, yoga per rilassarsi e diete pro-latte,  (perché “basta insistere e arriva”).

Il nocciolo della questione è questo: il rapporto intimo, unico e totalizzante con il proprio bambino si costruisce anche con il biberon e, se da una parte è vero che l’allattamento al seno potenzia il sistema immunitario del bebè, non è detto che i bambini nutriti con il latte in polvere siano per forza più deboli, allergici o intolleranti. Io ne sono un caso lampante. Il problema, infatti, non appartiene solo all’era dei nativi digitali. Esiste da sempre. Mia madre, quando sono nata io, dopo avere ascoltato un mese di strilli disperati, è passata, grazie a un intelligente pediatra, al latte in polvere. Lei ha scansato un esaurimento (per lo stress aveva perso 5 chili). E io finalmente ho iniziato a dormire e ingrassare.

Credo che una mamma che non possa o non riesca ad allattare sia più fragile, stanca, insicura e vada sostenuta e rassicurata di essere una brava mamma anche con il biberon in mano. «La mamma attenta è quella che sa valutare cosa è meglio per lei e per il suo bambino. Perché la loro relazione, unica e irripetibile ha bisogno del benessere fisico e psicologico di entrambi» sostiene Alessandra Marcazzan, psicoterapeuta dell’Istituto Minotauro di Milano.

Se ci sei passata anche tu, e hai voglia di raccontare la tua esperienza, scrivici. Potresti dare una mano ad altre neomamme nella stessa situazione.

di Stefania Carlevaro