Impegnata a scrollare Instagram, come spesso accade la sera prima di prendere sonno, intercetto un video che cattura la mia attenzione, Errori con le posate: la ragazza che mi parla dallo schermo spiega come maneggiare correttamente coltello e forchetta durante un pranzo conviviale. A colpirmi, non solo il contenuto del video – niente di più lontano dal mio solito interesse – ma le sue visualizzazioni: più di 54.000. Mi sposto sul profilo della creator, Elisa Motterle (@elisa_motterle), 117.000 follower, autrice di libri sul bon ton, a capo dell’Italian Etiquette Society (dedicata alla formazione, consulenza e divulgazione delle buone maniere). Mi sembra così anacronistico parlare oggi di etichetta, galateo e bon ton. Eppure l’attività su questo profilo è davvero intensa, con scambi di commenti, tantissimi like e views.
Il bon ton è amato dalla Gen Z
Inizia qui la mia ricerca sul web. Sono curiosa di sapere quanto il bon ton sia virale sui social (ma soprattutto perché). E scopro un mondo complesso che non conoscevo affatto. Credevo che il galateo fosse una questione Ottocentesca, alla mignolino alzato mentre si sorseggia una tazza di tè. Insomma, qualcosa di molto âgé e un po’ snob, rilegato alla contemporaneità di Bridgerton. Pensavo che Csaba della Zorza e i suoi modi di porsi, così eleganti e controllati, esistessero solo in tv. Invece ho scoperto che l’universo delle buone maniere è immenso e seguitissimo, soprattutto da noi della Gen Z, molto più di quanto potessi immaginare.
Bon ton social: i profili più seguiti
Dopo ore passate a ispezionare profili e contenuti, ho trovato pagine con centinaia di follower, community attive e una moltitudine di consigli su come apparecchiare senza errori tavole imbandite, come presentarsi al meglio a perfetti sconosciuti e i comportamenti da evitare nei luoghi pubblici. Non posso negarlo: mi sono divertita. Nella serietà di queste regole d’etiquette, colgo della piacevole ironia, e qualche reel l’ho anche salvato (potrebbe tornarmi utile sapere come disporre piatti e commensali al prossimo pranzo di famiglia).
Di profili virali ce ne sono molti. Monica Iotti (@monicaiotti_) allerta sulle parole sconvenienti vietate dal galateo, errori da evitare, consigli da seguire. Elena Tarantola (@elenatee) condivide tips per la sistemazione ordinata ed elegante della casa, ma anche di se stessi. E Camilla da Rocha (@laposhhhhhh), una giovane ragazza (siamo coetanee) a cui piacciono le cose belle. Nei suoi video parla di tavola e regali chic per fare sempre bella figura. È ironica e autoironica, commenta gli eventi mondani e condivide i suoi posti preferiti dove fare colazioni di classe e tornare un po’ indietro nel tempo.
Il bon ton è divertente
Cerco di capire il perché di tanto successo. Parto dalle prime impressioni: come dicevo, questi contenuti sono divertenti, le creators stesse lo sono, comunicano con leggerezza consigli utili e simpatiche curiosità di facile interesse per inguaribili romantiche ed estete professioniste. E poi ammettiamolo, queste pillole di eleganza ci piacciono: conviene conoscerle durante le occasioni mondane più raffinate dove talvolta ci sentiamo fuori posto. A me capita, soprattutto in contesti formali ed esclusivi, come importanti cene di lavoro o durante il primo incontro con i genitori di lui (l’agitazione è la stessa). Affronto queste situazioni ringraziando ancora Julia Roberts per avermi insegnato il corretto linguaggio delle posate. Perché se alla prima portata mi dirigo con sicurezza verso la forchettina più esterna a sinistra è solo merito di Pretty Woman.
Bon ton: perché è amato dalla Gen Z
Vorrei addentrarmi più in profondità, perché credo che la popolarità del galateo oggi rispecchi i bisogni di chi lo sta rendendo virale. Ho sempre considerato il bon ton un tema antiquato, lontanissimo dal mondo in cui viviamo oggi. Ma non è proprio questo lontanissimo mondo ad attirarci di più? Instagram e TikTok ne sono la prova tangibile: quanti trend che gridano a un ritorno al passato sono diventati virali negli ultimi anni? Il nostro (quello della Gen Z) è un continuo appello al vintage, all’analogico, a una vita più semplice e meno disordinata. Ed è probabile che il bon ton si collochi proprio lì, tra le pieghe di un passato che vorremmo aver vissuto, di cui sentiamo esaltarne le bellezze con una malinconica nostalgia che abbiamo fatto nostra. Forse a pochi interessa realmente imparare con rigore regole di portamento e in pochissimi indosseranno i guanti bianchi per lucidare le proprie posate d’argento. Ma in molti desiderano recuperare un po’ di accuratezza. Abbiamo bisogno di regole, anche le più semplici, a cui affidarci per saperci orientare in un mondo tanto dispersivo.
L’arte di mettere in ordine (anche dentro di sé)
Le regole definiscono le società. E lo fanno da sempre. Oggi la loro presenza è più che mai fondamentale. Io e i miei coetanei avvertiamo sulle spalle pressioni pesanti come macigni. Abbiamo interiorizzato fretta e velocità esasperate. Pretendiamo vite performanti, il più vicino possibile alla perfezione. Ma, al contempo, è tutto così approssimativo, labile ed effimero. E non ci sono certezze. Così ci sentiamo spaesati, spaventati da tutto questo disordine, all’interno del quale non sappiamo orientarci. «L’etichetta è proprio l’arte di mettere in ordine» mi racconta Elisa Motterle «il bon ton si regge sul concetto del ranking, sulle precedenze. Si tratta di un tecnicismo che possiamo trasportare dal come disponiamo la tavola, che nella quotidianità ci interessa poco, a come mettere in ordine e dare priorità alle cose che per noi sono davvero importanti: la chiave per non vivere di fretta. È l’arte del non accontentarsi e dell’impegnarsi a fare quello che si fa, bene, fino in fondo. Ovviamente fare le cose bene richiede del tempo ed è per questo che “la fretta non è chic”, perché le cose se fatte di fretta non sono fatte bene».
Il bon ton, la Gen Z e le relazioni
Difficile pensare di potersi fermare. Ma è proprio questo ciò di cui abbiamo bisogno. Il bon ton educa alla vita lenta, al prestare attenzione anche alle piccole cose, al saper fare ciò che facciamo con cura. Educa all’ordine ma anche (soprattutto) alla relazione con l’altro. Trovo indicativo il fatto che la maggior parte dei contenuti pubblicati sui profili di cui ho parlato, quelli che ho guardato e salvato tra i preferiti, riguardino la tavola. È questo il principale luogo di convivialità ed è normale volerlo organizzare al meglio. Oggi, ad essere sacrificate, sono soprattutto le relazioni, e intendo quelle vere e profonde, quelle per cui condividiamo esperienze, non foto. Abbiamo bisogno di capire come tornare a stare insieme agli altri, come vivere le persone fuori dai nostri piccoli schermi.
In una società sempre più individualista, sembra complesso considerare l’altro da noi. Condivido con Elisa questa riflessione: «È proprio per questo che ne abbiamo bisogno» mi dice «e l’etichetta funge da antidoto. Tutto questo individualismo ci sta facendo male. Perché oggi siamo così infelici? Secondo me perché abbiamo perso delle connessioni importanti, quelle con l’altro. Non va male essere un po’ individualisti però è una questione di equilibrio. È come se, con l’inizio dell’epoca contemporanea, ci fossimo un po’ ubriacati di questa visione dell’io mi posso realizzare, io posso fare tutto da solo».
Bon ton, gentilezza e Gen Z
Queste pillole d’etiquette, compendi moderni di buone maniere, non sono altro che i nuovi capitoli degli antichi manuali cinquecenteschi di educazione e savoir-vivre, scritti da chi (e per chi) crede che delle regole siano necessarie. Il galateo, ieri come oggi, educa alla gentilezza. Con la gentilezza si combatte il malumore e si coltiva l’altruismo (che di questi tempi pare scarseggiare). E per essere gentili basta poco, non servono plateali dimostrazioni di cortesia filantropica, sono sufficienti parole cordiali e gesti di considerazione reciproca. Perché è proprio questa reciprocità che stiamo perdendo. E dunque, alla base del bon ton contemporaneo, virale sui social, non potrebbe celarsi il tentativo di recuperare un po’ di vicinanza con le persone? Non sarà che oggi la gentilezza rappresenta per noi il vero atto di ribellione? Una lenta rivoluzione contro un mondo che ci sta insegnando ad esserlo sempre meno.
Laddove spesso si creano distanze, gesti di considerazione reciproca riescono ad accorciarle. Ciò che serve, per stare meglio, è ricordarsi che non siamo soli e che le relazioni vanno coltivate con educazione. Forse non è più così rilevante sapere se il bicchiere va a destra o a sinistra del piatto, né con quale ordine accogliere gli ospiti a cena, ma abbiamo ancora tutti bisogno della gentilezza. E allora, oggi, quando a vincere sono individualismo ed egocentrica ambizione, saranno proprio le buone maniere a salvare il mondo?