Ha superato in pochi giorni le 200mila firme (diventando così una delle petizioni record) la petizione lanciata da Change.org per chiedere al Governo di intervenire in merito al bonus psicologo, prima inserito in manovra e poi tolto. Si trattava – come abbiamo spiegato anche noi – di un emendamento alla legge di Bilancio per istituire un fondo da 50 milioni per aiutare economicamente le persone che decidono di rivolgersi a uno psicologo, uno psicanalista, uno psichiatra, uno psicoterapeuta. Maggioranza e opposizione si erano trovate d’accordo, eppure il Governo non l’ha inserito nella Legge di Bilancio. Più attenzione insomma per rubinetti e zanzariere – si fa notare sui social – che sul benessere psicologico.

La salute mentale non conta come quella fisica

La salute mentale continua quindi a non essere trattata come quella fisica e soprattutto a non essere considerata e gestita come salute pubblica. Come riporta nella petizione il giornalista del Tg1 Francesco Maesano (che ne è promotore) ,«Nel 2021 – dati dell’Istituto Piepoli – il 27,5 per cento dei pazienti che avevano intenzione di iniziare un percorso di salute mentale non ha potuto farlo per ragioni economiche. Mentre il 21 per cento è stato costretto a interromperlo». Il fondo quindi «Non è un investimento sostitutivo rispetto al servizio pubblico, che pure andrebbe potenziato, ma una risposta di civiltà rispetto ai tantissimi che si rivolgono ai professionisti nel silenzio e nell’assenza di qualsiasi tipo di sostegno».

La psicoterapia è inclusa nei Lea ma di fatto nel pubblico non funziona

Come infatti già ci raccontava il dottor David Lazzari, presidente dell’Ordine nazionale degli psicologi, il servizio pubblico prevede la psicoterapia. Nel 2017 la terapia psicologica è stata inclusa nei nuovi Lea, i Livelli essenziali di assistenza. Significa che lo Stato, almeno sulla carta, ha riconosciuto la necessità di affrontare il malessere prima che diventi malattia psichica. «In teoria oggi ci si può rivolgere alla propria Asl e chiedere il consulto di un professionista senza il filtro di una prescrizione del proprio medico curante e al costo di un ticket. Ma i dati ci dicono che nella pratica solo una persona su 4 riceve nel pubblico prestazioni di questo tipo. Del restante 75%, circa il 40% entra in uno studio privato, gli altri si rassegnano».

Il Covid ha peggiorato la depressione

Si tratta di adulti ma anche di giovanissimi, che soffrono di depressione, ansia, disturbi del sonno e del comportamento alimentare, tutti in aumento con la pandemia. Di depressione per esempio soffrono in Italia due persone su dieci, ma il fenomeno si è esasperato con la pandemia. Da un lato infatti assistiamo a una vera e propria depressione sociale, che nasce dall’isolamento e dalle difficoltà economiche e familiari, dall’altro il Covid può essere responsabile di danni al cervello che producono sintomi molto simili alla depressione, a causa di una vera sofferenza cerebrale.

Allarme ragazzi dai pronto soccorso

E poi ci sono i ragazzi: dai pronto soccorso di tutta Italia – dove le famiglie portano i giovanissimi – arriva l’allarme: gli esperti riferiscono un aumento degli accessi per atti di autolesionismo e disturbi del comportamento alimentare.

Uno studio sui pronto soccorso pediatrici di Torino, Cagliari e di altri 21 ospedali in dieci Paesi diversi durante la prima ondata di Covid, pubblicato su European Child and Adolescent Psychiatry, mostra ciò che è successo in tutto il mondo: gli accessi per atti di autolesionismo in marzo e aprile 2020 sono aumentati dal 50% al 57%, con un’incidenza in crescita degli «intenti suicidi» che avrebbero l’isolamento come fattore scatenante.

Benedetto Vitiello dell’Ospedale Regina Margherita di Torino, docente di psichiatria infantile anche alla Johns Hopkins di Baltimora, nota l’aumento di accessi da parte dei ragazzi e bambini nel pronto soccorso del capoluogo piemontese. Ma sono diffuse anche nel resto del Paese. Vitiello ha pubblicato su Frontiers in Psychiatry uno studio basato su un sondaggio in Italia fra circa ottocento minorenni – età media, 12 anni – durante la pandemia. Conclusione: «Il 30,9% dei bambini sono ad alto rischio di disordine da stress post-traumatico».

Irritabilità, ansia, insonnia: in aumento negli adolescenti

Stanno poi aumentando l’irritabilità, l’ansia, le difficoltà del sonno e la depressione tra i ragazzi. Lo riporta il professor Stefano Vicari, responsabile dell’Unità di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, nel libro Bambini, adolescenti e Covid-19 – L’impatto della pandemia dal punto di vista emotivo, psicologico e scolastico (Erickson). Al Pronto Soccorso al Bambino Gesù – riporta – «si è verificato negli ultimi mesi, soprattutto con la seconda ondata, un netto aumento di accessi per disturbi mentali acuti, in bambini ed adolescenti, in particolare per i tentativi di suicidio e di attività di autolesionismo». I giovani tendono a reagire al disagio di questi mesi in modi diversi. Francesca Maisano, psicoterapeuta dell’età evolutiva del Fatebenefratelli di Milano, sulla base di un sondaggio fra centinaia di minori, nota che «I maschi reagiscono in maggioranza con un aumento di aggressività verso il resto della famiglia. Le femmine con un attacco al corpo spesso correlato a scarsa autostima».

Nei bambini aumentano le regressioni

È allarme anche per i più piccoli. Lino Nobili, professore di neuropsichiatra infantile, responsabile dell’UOC (Unità Operativa Complessa) dell’Ospedale Pediatrico Gaslini di Genova, racconta a Save the children che «In quest’ultimo anno di pandemia, e specialmente negli ultimi mesi, abbiamo rilevato un aumento degli accessi al nostro pronto soccorso e anche agli ambulatori urgenti per problematiche di natura psichiatrica, specialmente negli adolescenti e anche nei più piccolini, cioè quelli tra i 12 e 14 anni».

Come racconta il Professor Lino Nobili la pandemia, con le diverse chiusure, ha portato a vere modificazioni del comportamento; i più piccoli hanno iniziato a soffrire di ansia, irritabilità o fenomeni di regressione, gli adolescenti hanno iniziato a soffrire di disturbi del sonno, una sorta di desincronizzazione di quei ritmi usuali come quello della scuola e degli impegni personali.