Il caso di Martina Scialdone, l’avvocata di 34 anni uccisa a Roma fuori dal ristorante dall’ex compagno Costantino Bonaiuti, riaccende i riflettori sul disegno in legge già approvato in Consiglio dei Ministri, ma fermo in Parlamento. Le ex ministre firmatarie (ministre del governo Draghi) lanciano un appello affinché il provvedimento venga messo all’ordine del giorno.
Il pacchetto di misure contro la violenza fermo in Senato
Il provvedimento «per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica» era nato dalla collaborazione tra le ex Ministre Elena Bonetti (Pari Opportunità), Mariastella Gelmini (Affari regionali), Luciana Lamorgese (Interno), Marta Cartabia (Giustizia), Mara Carfagna (per il Sud), Fabiana Dadone (Politiche giovanili) ed Erika Stefani (Disabilità). Contiene 11 articoli oggi fermi all’esame del Parlamento, tra cui l’applicazione del braccialetto elettronico per stalker e violenti.
Tra le misure si prevede l’arresto non più solo in flagranza di reato, ma anche in caso di violazione degli obblighi di allontanamento della casa familiare e di divieto di avvicinamento. È anche prevista la possibilità di procedere d’ufficio, quindi non solo dietro denuncia della vittima, per i reati di violenza in ambito familiare. E poi il reddito di libertà a sostegno delle donne che denunciano, per superare la difficoltà legata proprio al fatto di essere spesso dipendenti economicamente dall’uomo violento. Era già stato istituito e ora diventa strutturale, e consiste in 400 euro alla vittima, per 12 mesi, grazie a uno stanziamento di 30 milioni di euro da parte del Governo.
Nel disegno di legge anche misure sul braccialetto elettronico
Infine, ma non da ultimo, c’è il braccialetto elettronico, come spiegava la senatrice Valeria Valente, presidente della commissione sul Femminicidio e la Violenza di genere: «Crediamo che il braccialetto elettronico vada usato di più e meglio. Il pacchetto va in questa direzione, ad esempio con un sistema di premi e penalizzazioni: chi aderisce potrà evitare misure cautelari più restrittive, come i domiciliari o il carcere. Pur rimanendo garantisti, crediamo siamo giusto riequilibrare il diritto alla libertà personale del soggetto sospettato di stalking o violenza, con quello alla incolumità della presunta vittima, della quale va tutelata l’incolumità e la sicurezza. Non possiamo permettere che un soggetto potenzialmente pericoloso sia a piede libero. In questo è fondamentale il ruolo dei giudici, perché le norme camminano sulle gambe delle persone che sono chiamate ad applicarle».
Cos’è il braccialetto elettronico
Il braccialetto elettronico è un dispositivo che serve per garantire che il molestatore si tenga a distanza, come e quando previsto dal giudice. Ma di cosa si tratta? Quando può essere usato e quanto nella realtà se ne fa ricorso?
Da tempo si cerca di incentivare l’uso dei braccialetti elettronici, ma pochi finora sono stati assegnati. Sono associati a una app che avverte le donne in pericolo. A Genova, per esempio, la prima donna a poter usufruire del braccialetto elettronico anti-violenza è stata una 45enne, che così potrà essere protetta da eventuali azioni dell’ex marito. A Roma, invece, una 33enne è stata salvata appena in tempo, proprio grazie al dispositivo che ha permesso alle forze dell’ordine di fermare l’ex compagno, appostato fuori dal suo posto di lavoro e pronto ad aggredirla. L’uomo è stato denunciato per violenze domestiche e atti di persecuzione, dopo aver violato il divieto di avvicinamento. La donna aveva ricevuto un alert da una app collegata al braccialetto elettronico dell’uomo, che l’ha avvisata della vicinanza. Così ha avvertito i carabinieri che sono intervenuti arrestando l’ex.
Com’è nato il braccialetto elettronico
«Il braccialetto anti-violenza è nato come una cavigliera elettronica negli anni 2000, non per i reati di violenza di genere, ma per far fronte all’affollamento delle carceri, come misura alternativa alla detenzione in cella, per chi era a fine pena, e prevedeva un’adesione su base volontaria» spiega l’avvocata Claudia Rabellino Becce, esperta in reati e questioni di genere. «Poi, però, col tempo ne è stato esteso l’uso e in particolare ai casi di stalking, con la legge del 2019 sul Codice Rosso. Tra i destinatari, quindi, sono stati inclusi coloro che hanno un divieto di avvicinamento alla vittima. In questo caso, quindi, è una vera e propria misura cautelare, restrittiva della libertà personale per chi è indagato o imputato: il presupposto, quindi, è che ci sia stata una denuncia da parte di una donna e che ci sia un procedimento in corso».
Braccialetto elettronico: come funziona e quando si può usare
Il ricorso al braccialetto elettronico, dunque, presuppone che ci siano stati uno o più episodi che hanno spinto una donna a sporgere denuncia: «A questo punto e a titolo cautelare, il giudice può disporre un divieto di avvicinamento alla vittima e, contemporaneamente, il ricorso al braccialetto elettronico, con o senza il coinvolgimento della vittima stessa. Può essere usato, infatti, in due modalità: come dispositivo collegato solo alle forze dell’ordine, che ricevono un segnale se il soggetto viola il divieto di avvicinamento; oppure in abbinamento a una app, in possesso della vittima, che così può ricevere un alert in caso di avvicinamento da parte dello stalker o dell’ex compagno/marito violento» spiega Rabellino Becce. «Purtroppo i casi di impiego sono ancora limitati, mentre si tratta di una misura che andrebbe assolutamente incentivata, come peraltro previsto nel pacchetto di misure anti-violenza in discussione in Parlamento».
Perché il braccialetto elettronico si usa ancora poco
I casi di impiego del braccialetto e della app collegata, infatti, sono ancora isolati. I motivi sono diversi, a partire da un fattore culturale: «Di fatto è uno strumento che non è ancora entrato nella nostra cultura giuridica, i giudici faticano a disporne l’uso e questo è un peccato perché i dati della sperimentazione in Spagna, ad esempio, ne dimostrano l’efficacia sia nella riduzione dei casi di stalking e violenza, sia nelle recidive: basti pensare che laddove è stato usato, nessuno dei soggetti che aveva il braccialetto ha tentato di avvicinarsi nuovamente alla sua vittima. Non usare questi device, quindi, è un’occasione persa» sottolinea l’avvocata. Non mancano, però, anche difficoltà legate ai costi dei dispositivi e alla loro reale disponibilità.
Quanti braccialetti elettronici sono in uso e quanto costano
Il fattore economico sicuramente ha il suo peso: si tratta di dispositivi che hanno un certo costo, ma è difficile capire quanti ce ne siano realmente in uso. Poco più di un anno fa c’era stata un’interrogazione parlamentare riguardo al contratto di fornitura stipulato dal ministero dell’Interno con Fastweb che avrebbe dovuto mettere a disposizione 1.000-1.200 dispositivi al mese a partire dal 2018, con la possibilità di installarne circa 43.200 in tre anni, fino a fine 2021, ad un costo complessivo di circa 23 milioni. A questi si è aggiunto uno stanziamento da parte dello stesso Viminale per la messa in pratica dei dispositivi elettronici, pari a 11.212.767 euro per il 2020, 21.212.767 euro per il 2021 e di 21.212.767 euro per il 2022. Eppure, secondo l’interrogazione parlamentare, ancora a marzo 2020 ne risultavano in dotazione solo 2.600.
«In effetti i braccialetti attivati risultano limitati» commenta Rabellino Becce «e di questi sono pochi quelli utilizzati per i reati di genere come stalking o violenza, che rappresentano ancora delle eccezioni». Spiega la senatrice Valeria Valente, Presidente della Commissione d’inchiesta sul femminicidio e sulla violenza di genere: «All’inizio abbiamo avuto problemi di approvvigionamento, specie nel periodo 2018/2019, ma ormai li abbiamo superati. È chiaro, però, che vanno anche richiesti da parte dell’autorità giudiziaria».
Il problema della privacy nell’uso del braccialetto elettronico
C’è chi ha sollevato anche problemi di privacy nell’impiego, che richiede il consenso dell’interessato. «Nella versione originaria, cioè come sostitutivo della pena in carcere, serve il consenso del condannato. La legge sullo stalking richiama quel principio estendendolo anche alla vittima, con la app di prossimità» ammette l’avvocata. «Ma non va sottovalutato l’aspetto “premiale”: chi acconsente di fatto evita misure più gravi. Il problema, quindi, non è tanto la riservatezza quanto una questione culturale nel ricorso a questo nuovo strumento anche da parte dei giudici, che sono coloro che ne possono disporre l’uso, sia in fase di indagini, sia in quelle del procedimento».
«Sicuramente va anche considerato che, purtroppo, non sempre chi dovrebbe richiedere l’uso del braccialetto conosce le norme fino in fondo, com’era accaduto ad Aci Trezza (dove una 26enne, Vanessa Zappalà, era stata uccisa in strada dall’ex, NdR). Il giudice aveva sostenuto che non si poteva richiederne il ricorso, mentre non è così. Con il pacchetto anti-violenza, però, stiamo andando nella giusta direzione, anche semplificando le norme» conclude la senatrice Valente.