Il buddismo è il terzo credo italiano dopo cristianesimo cattolico e islam, e c’è un boom di conversioni. Lo dice il Centro studi sulle nuove religioni: i fedeli superano quota 200.000 e rimangono gli unici, nel nostro Paese, a crescere. La dimostrazione è arrivata durante l’ultima visita del Dalai Lama in provincia di Milano, con una folla di 30.000 persone che lo ha applaudito dal vivo e quasi 2 milioni che si sono collegati in streaming.
Ma quali sono i principi che ispirano questa religione? Cosa spinge gli italiani a recitare sutra, i testi sacri buddisti, e a meditare?
Come sono organizzati i buddisti italiani
Da noi i buddisti sono divisi in 2 famiglie: l’Unione buddhista italiana (www.buddhismo.it), che riunisce tutte le correnti di questo credo, e l’Istituto Soka Gakkai (www.sgi-italia.org), che si rifà alla tradizione giapponese. «L’Unione è un ente religioso come la Chiesa cattolica ed è riconosciuto dallo Stato: infatti concorre all’incasso dell’8 per mille delle nostre dichiarazioni dei redditi» spiega Stefano Bettera, membro del direttivo dell’Ubi. «Contiamo più di 50 tra monasteri e altri centri di culto, mentre dal 2010 i fedeli sono raddoppiati. Manuali e film hanno diffuso la nostra filosofia insieme alla mindfulness, una pratica di derivazione buddista utile per gestire ansia e stress: la gente la usa come un trampolino e poi inizia un percorso spirituale completo. Non solo: aumentano i giovani intenzionati a diventare monaci».
Stesse dinamiche alla Soka Gakkai, che conferma una crescita record del culto di Buddha. «Nel 2016 abbiamo firmato l’intesa con lo Stato italiano, che ci riconosce come ente religioso, e i praticanti hanno toccato quota 80.000» dice Anna Conti, responsabile nazionale delle donne. «Tra i fondamenti del credo c’è la sutra del Loto: spiega che ognuno può manifestare la felicità assoluta, libera da paure e illusioni. Recitandola risvegliamo le nostre potenzialità generando un cambiamento nell’ambiente e la pace nel mondo. È un messaggio di speranza che attrae parecchi giovani, uomini e donne: queste ultime sono la maggioranza». Certo, vista da fuori può sembrare una religione anacronistica. «Non siamo il classico credo di fede» puntualizza Bettera. «Non c’è un dio che punisce o una struttura che rinnega chi se ne va. Critiche e polemiche? Quasi nulle. E forse è proprio questa la nostra forza». Il buddismo è inclusivo e, basandosi su scelte di miglioramento interiori e autonome, non dà neppure indicazioni sui grandi temi etici, dall’aborto all’eutanasia. Probabilmente piace anche per questo.
Perché gli italiani si convertono al buddismo
Quando ascolti le storie dei convertiti italiani trovi un filo comune: l’insoddisfazione verso il cattolicesimo. «Già da ragazzo non mi convinceva il Dio cristiano, giustizialista e inarrivabile: un libro su Buddha è stato la svolta» ricorda Paolo Coluzzi di Arese (Mi), che oggi insegna all’università di Kuala Lumpur, in Malesia. «Le sue verità mi hanno reso un uomo migliore: ho capito che l’insoddisfazione è legata all’attaccamento eccessivo a cose e persone e che la vita non è fatta di opposti ma di equilibrio, ascolto e dialogo. Medito due volte al giorno: mi allontano dalle preoccupazioni e imparo a essere compassionevole. Per esempio, se uno mi ha mi ha fatto un torto lo immagino da bimbo, puro e innocente, e allontano la rabbia».
Anche la scrittrice Rossana Campo racconta con orgoglio il suo percorso di crescita personale, a cui ha dedicato il libro “Felice per quello che sei – Confessioni di una buddista emotiva” (Perrone). «Pratico la Soka Gakkai. Meditando e studiandola ho imparato che siamo profondamente responsabili della nostre azioni e, quindi, sofferenza e autocritiche continue non sono costruttive: meglio seguire la strada della gentilezza. L’altra dottrina per me fondamentale è quella dell’interdipendenza: tutti gli esseri viventi sono connessi, non ne esistono alcuni superiori agli altri. Un pensiero democratico e ambientalista». Che sta facendo breccia fra gli italiani.
In cosa credono i buddisti
Il buddismo si fonda su 3 pilasti.
Il primo: non esiste un dio creatore, ma tante divinità, e il buddismo si occupa della dukkha, la dolorosa condizione esistenziale umana.
Il secondo: la meditazione è la pratica principale e aiuta ad arrivare alla consapevolezza, ovvero a una dimensione interiore priva di stimoli e sofferenze.
Il terzo: tutti gli esseri umani sono connessi dalla stessa condizione esistenziale.
Nel buddismo non esiste una struttura organizzata e gerarchica come la nostra Chiesa. Le figure di riferimento sono i monaci, chiamati lama nella tradizione tibetana.
Non esiste l’anima, ma la coscienza che è legata al corpo e si dissolve con lui. Ogni uomo ha più vite, rinasce, e le azioni dell’esistenza presente indirizzano quelle future.
La festa più importante è il Vesak: l’ultimo weekend di maggio si celebrano nascita, illuminazione e morte di Buddha con preghiere, processioni, benedizioni e offerte di cibo.
Il buddismo si divide in 3 tradizioni. La theravada è la più antica e la più fedele all’insegnamento originario di Buddha. La mahayana, diffusa in Cina, Giappone, Corea e Vietnam è incentrata su mantra e divinità. La vajrayana ha radici in Nepal e Tibet e di cui fa parte il Dalai Lama.