Il bullismo è un fenomeno preoccupante, che riguarda soprattutto i più giovani, bambini e adolescenti, e spesso nasce dalla derisione per l’aspetto fisico della vittima. Ma tra le cause ce n’è una spesso sottovalutata, se non persino ignorata: la balbuzie. La difficoltà a parlare in modo fluente e naturale, la ripetizione di alcuni suoni o parole, o il loro prolungamento, o ancora lunghi silenzi sono alcune delle manifestazioni di un disagio, che può diventare spesso motivo di scherno da parte dei coetanei. La balbuzie in Italia interessa circa 1 milione di persone (pari all’1,5% della popolazione), delle quali 150.000 sono ragazzi under 18 (8%).
Distinguerla dalla timidezza o dalla riservatezza non è sempre facile, ma importante: diversi studi mostrano come la fragilità del balbuziente diventa frequentemente causa di bullismo: “I bambini con disturbi specifici del linguaggio sono tre volte più a rischio di bullismo rispetto agli altri” spiega Ivano Zoppi, Presidente di Pepita Onlus, associazione in prima linea contro il bullismo e il cyberbullismo.
“Si tratta però di difficoltà che possono essere superate con specifici percorsi riabilitativi” spiega a Donna Moderna Valentina Letorio, neuropsicologa esperta in rieducazione della balbuzie del Vivavoce Institute, specializzato nella riabilitazione delal balbuzie.
La balbuzie: cos’è e come si manifesta
“E’ difficile censire la popolazione balbuziente, per almeno tre motivi: il primo è che pochi sono disposti a parlare di questa loro difficoltà; il secondo riguarda la resistenza a seguire percorsi rieducativi; il terzo ha a che fare con le manifestazioni meno palesi della balbuzie, che può presentarsi sia sotto la classica forma di ripetizioni o prolungamenti di suoni, o pause, sia con comportamenti come evitamento o silenzi, che possono essere facilmente confusi con timidezza, ansia eccessiva o semplice riservatezza” spiega Letorio.
Il problema è riuscire a intervenire in tempo, per evitare che la balbuzie si cronicizzi e possa trasformarsi in una tendenza sempre maggiore all’isolamento o che possa portare alla paura di affrontare situazioni che vengono ritenute stressanti: “Anche solo prendere un caffè in compagnia, fare una telefonata per prenotare un ristorante o una vacanza, o chiedere informazioni possono ‘bloccare’ e portare il balbuziente a delegare qualcun altro o rinunciare” aggiunge l’esperta.
Come riconoscere la balbuzie
L’età in cui è possibile distinguere la balbuzie vera e propria da altre peculiarità caratteriali è intorno ai 6/7 anni: “Entro i 6 anni anche tra i bambini balbuzienti c’è un alto tasso di remissione spontanea. Si può presentare una balbuzie transitoria, che nell’88% dei casi si risolve in modo spontaneo” aggiunge l’esperta, che però spiega: “In realtà il balbuziente sa perfettamente se soffre di questo disturbo o se è solo timido. Spesso escogita delle strategie per nascondere la sua difficoltà: ad esempio, se deve leggere, finge di perdere la riga, in modo da prendere tempo. Oppure fa delle pause nel suo discorso, per ‘prepararsi’ a pronunciare suoni difficili, o ancora li evita del tutto”.
Come si interviene
“Esistono due scuole di pensiero principali: una che ritiene la balbuzie un disturbo del linguaggio e dunque segue un approccio logopedico standard, che punta a ricostruire il naturale modo di parlare della persona. E’ quello che usa, ad esempio, il canto per modificare l’articolazione dei suoni o prolungarli. Un secondo approccio è invece più di tipo psicologico: presuppone che dietro le difficoltà nel parlare ci sia una condizione di ansia, quindi l’intervento mira a cercare l’evento traumatico che causa quello stato emotivo” spiega la neuropsicologa, che aggiunge: “In ogni caso, dopo una prima fase, si lavora per migliorare l’autostima e promuovere l’accettazione di sé”.
“Noi a Vivavoce Institute seguiamo una terza strada: partiamo dal presupposto che la balbuzie è una difficoltà multidisciplinare, alla quale concorrono diversi fattori. In primissima battuta lavoriamo a livello motorio, perché le ripetizioni, ad esempio, sono dovute alla perdita del controllo dei propri movimenti, non solo delle labbra e della mandibola, ma in senso più ampio. Poi, però puntiamo anche a un intervento psicologico. Nel nostro team – conclude Letorio – ci sono infatti fisioterapisti, ma anche psicologi, professionisti sanitari ed ex balbuzienti”.
Balbuzie e bullismo a scuola
Diversi studi hanno mostrato come i balbuzienti siano tre volte più a rischio di bullismo rispetto ai coetanei che non hanno difficoltà di linguaggio (Hughes, 2004, Hartley 2015, Hymel, 2015). Sentendosi più fragile, il balbuziente non reagisce perché sa che una sua eventuale risposta non farebbe altro che aumentare derisione o vessazioni.
A scuola le difficoltà di un bambino o di un ragazzo balbuziente possono essere amplificate, anche solo dal fatto che per pronunciare il proprio nome o rispondere a un’interrogazione orale ha bisogno di più tempo. Questo porta il giovane a sentirsi costantemente inadeguato sia rispetto ai compiti che gli possono essere assegnati dall’insegnante, sia rispetto ai compagni di classe. “Il bullismo può manifestarsi fisicamente quando sfocia in un atto di violenza fisica oppure può nutrirsi di una violenza psicologica più sottile che isola, con il compiacimento dei compagni da cui riesce a farsi seguire, la sua vittima. In questo secondo caso si tratta di una forma di bullismo verbale che mina fortemente l’autostima della vittima con insulti e derisioni costanti e ripetute per metterlo in ridicolo” spiega Zoppi.
I consigli
“L’autostima va coltivata e nei minori dipende da noi adulti” conclude Zoppi, che con Pepita Onlus e Vivavoce Institute ha promosso un’apposita campagna di sensibilizzazione che ha come slogan #Liberalavoce. Ne fanno parte anche un video, con protagonisti bambini balbuzienti, e un manifesto con appositi consigli per genitori ed educatori:
1) Ascolta. Dedica più attenzione all’ascolto, crea momenti per condividere racconti un un clima disteso e piacevole, lasciagli tempo per esprimersi.
2) Mostra interesse. Non mettergli fretta e non mostrare nervosismo se fatica a completare le parole. concentrati su ciò che dice, non su come lo dice.
3) Mantieni il contatto visivo. Trasmetti l’idea che tutte le sue parole hanno un valore e meritano l’attenzione dell’interlocutore per il loro significato.
4) Non correggere o anticipare. Interrompere e completare le parole al suo posto aumenta la tensione e la convinzione di non farcela.
5) Evita frasi rassicuranti. “Stai calmo”, “Respira”, “Non agitarti” aumentano la pressione comunicativa e quindi la tensione a livello fisico e muscolare che aggrava le manifestazioni della balbuzie.
6) Promuovi l’autostima. Valorizza i risultati raggiunti più che i difetti o le mancanze. Lui non è la sua balbuzie.
7) Non esonerare dalla prova. Abitualo ad affrontare il mondo e mettersi in gioco con l’altro nonostante la sua fatica.
8) Non riservare un trattamento diverso. Siibalbu il primo a non considerarlo “problematico” a causa della sua balbuzie.
9) Stimola la partecipazione attiva. A casa, fuori, in classe, offri occasioni per parlare e superare l’imbarazzo.
L’importanza di famiglia e scuola
“Per questo è estremamente importante che la comunità sia preparata, che sia attenta ai bisogni dei balbuzienti e non solo. Per fare prevenzione occorre intervenire in tenera età, soprattutto con una alfabetizzazione emotiva: bisogna insegnare ai bambini e ai ragazzi a riconoscere le emozioni, a essere empatici e responsabili. E’ importante, ad esempio, che i giovani si chiedano: Se fossi io nei panni del compagno balbuziente?” conclude il presidente di Pepita Onlus.